caffè

19 Marzo 2021

Un caffè più buono e sostenibile


Un caffè più buono e sostenibile

Il 2020, un anno difficile per il caffè al bar, è emerso il crescente interesse per il caffè specialty e di qualità: molti tra i consumatori finali hanno cercato, anche online, un prodotto premium da consumare a casa, e si aspetteranno di trovate la stessa qualità al bar, stimolando il settore professionale a migliorare la propria offerta. A loro volta, molti professionisti hanno lavorato per innalzare il livello, per stimolare un ritorno ai consumi fuori casa da parte del consumatore, al rientro. “Il caffè premium in quanto bene di lusso accessibile, ha il potenziale per alimentare una crescita nel lungo periodo – dice Andreea Postolache, Head of Marketing Italy di Julius Meinl Italia –. Proprio per compensare le poche occasioni di svago e di socialità, i consumatori scelgono di premiarsi con caffè di qualità. Bar ed esercizi del canale HoReCa che offrono un’esperienza di livello attireranno nuovi clienti e favoriranno il ritorno di quelli abituali, con un impatto positivo a lungo termine”. Le aziende hanno comunque continuato ad innovare, come spiega Iacopo Bargoni, Ad di Le Piantagioni del Caffè. “Nel 2020 abbiamo portato a termine il restyling di immagine e prodotto. Ci siamo resi conto, però, che il mondo del caffè stava diventando autoreferenziale. Abbiamo voluto rendere il caffè di qualità comprensibile, migliorare la cultura del buon caffè in Italia e avvicinare quanti più coffee lovers al mondo dell’eccellenza. Abbiamo quindi creato una linea di miscele di caffè di piantagione, indicata per un consumo quotidiano da parte di tutti coloro che cercano un caffè comprensibile ma che abbia qualcosa in più; una linea di caffè di singola piantagione, creata per immergersi nel territorio in cui nasce la pianta di caffè; e una terza che è il nostro modo di abbattere lo status quo e portare sul mercato caffè specialty con punteggi molto elevati, in una veste che non sia noiosa e autoreferenziale ma divertente, cool, pop e conviviale. Lo scopo di quest’operazione è soprattutto portare chi consuma caffè industriale a entrare nei bar che offrono un prodotto superiore”. Julius Meinl si è focalizzata sul preparare i partner alla riapertura dei locali, sviluppando prodotti Coffee To Go, come le tazze da asporto biodegradabili, investendo nella formazione, con corsi online gratuiti con il Brand Ambassador Jacopo Indelicato e in comunicazione attraverso i canali social, fornendo suggerimenti utili su temi quali la cura delle macchine da caffè o le misure per garantire la salute e la sicurezza del personale. La sfida per il futuro resta però la sostenibilità. “Un tema che acquisirà sempre più importanza, sia che la si intenda come impatto ambientale, sia che lo si riferisca alla sostenibilità economica lungo la filiera – dice Bargoni –. Nel tempo ci siamo dotati di tecnologie per ridurre l’impatto del nostro lavoro sull’ambiente e abbiamo iniziato a usare materiali riciclabili per il confezionamento del caffè, studiando e testando nuovi materiali che ci diano garanzie qualitative sulla conservazione del prodotto. Abbiamo scelto di ridurre al massimo la produzione di mono-porzionato, che riteniamo di per sé insostenibile, anche nel caso di capsule riciclabili o compostabili, per l’impatto della quantità di materiali che vengono usati per la sua produzione. Oggi produciamo solo piccole quantità di cialde in carta e abbiamo abbandonato il settore delle capsule, in controtendenza con il mercato. Inoltre, siamo da sempre attenti alla sostenibilità economica della filiera e alla giusta remunerazione dei produttori di caffè verde. Crediamo che la qualità sia uno strumento risolutivo: perseguendola, i produttori sono spinti a fare formazione, ad affinare il proprio lavoro, a dotarsi di tecnologia e risorse umane qualificate; così innalzano il livello qualitativo del loro prodotto e accedono a mercati in grado di remunerare la crescente qualità in modo più che proporzionale”. “Vogliamo rendere il mondo un posto migliore per noi e per le generazioni future, facendo piccoli ma significativi passi – spiega Christina Meinl, Managing Director di Julius Meinl –. Il nostro obiettivo è agire dove possiamo avere l’impatto più diretto, a partire dai nostri impianti di produzione di torrefazione del caffè, e dove possiamo influenzare maggiormente la filiera. Ad esempio, riutilizziamo le bucce dei semi di chicchi di caffè verde provenienti dal processo di tostatura, che vengono pressate in pellet e utilizzate per produrre energia termica. O usiamo il calore di scarto derivante delle macchine per la tostatura per riscaldare o raffreddare gli uffici, risparmiando 1.050 tonnellate di CO2 all’anno. Stiamo anche studiando alcune pratiche da applicare nelle regioni della ‘cintura del caffè’, dove acquistiamo i nostri chicchi, sulla scia di quanto fatto per il Colombian Heritage Project”.

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