pubblici esercizi
01 Gennaio 2021Cerco di non mancare mai agli incontri annuali organizzati da TradeLab per fare il punto sul mercato Away from home (AFH, quello che molti si ostinano a chiamare fuoricasa, ma non ditelo a loro). Si tratta probabilmente dell’occasione più importante per avere un quadro approfondito della situazione economica e delle prospettive del nostro settore e raccogliere stimoli sulle tendenze in atto. Soprattutto perché i ricercatori della Società cercano sempre di “lanciare” lo sguardo in avanti, alla ricerca dei segnali che indichino in quali direzione si stia muovendo il variegato universo dei punti di consumo. Avendo partecipato a quasi tutte le edizioni, posso dire con cognizione di causa che le loro previsioni si sono spesso rivelate molto azzeccate in termini di evoluzione e di segmentazione dei pubblici esercizi (la specializzazione per fascia oraria e momento di consumo), così come sono state previste la crescita del delivery, la razionalizzazione e il rafforzamento della distribuzione in catena e la riduzione dei grossisti tradizionali. E questi sono solo alcuni esempi.
Per provare a condividere con voi quello che gli analisti hanno visto nelle loro sfere di cristallo per il 2021 devo però partire dal presente. Anzi, dal passato, ma è importante per inquadrare il tutto. In Italia la pandemia, come ben evidenziato dal professor Luca Zanderighi, ha trovato un sistema economico fragile: la crisi partita nel 2008 non era ancora stata assorbita e avevamo da poco raggiunto il 96% del Pil di 11 anni prima. Eravamo il fanalino di coda dell’Europa in termini di produttività e crescita. L’impatto non poteva non essere pesante: a breve faremo i conti con una diminuzione secca del Pil del 9 o del 10%.
Per fortuna il mercato Away from home “stava” certamente meglio. Il covid ha colpito un settore in evoluzione positiva che nel lungo periodo, dal 2000 al 2019, ha avuto una crescita stimata del 72% (più 8% solo nell’ultimo triennio) raggiungendo gli 85 mld di euro complessivi. Le conseguenze della pandemia si tradurranno a fine anno in una perdita di 34,8 mld di euro (un -37%).
[caption id="attachment_159213" align="alignright" width="150"] David Migliori[/caption]
La dottoressa Bruna Boroni ha spiegato come si sono mossi i consumi in questi ultimi mesi, caratterizzati da continui cambi di colore delle regioni con conseguenti chiusure e riaperture di attività. Non mancano elementi interessanti. I mesi estivi hanno fatto registrare un vero e proprio piccolo boom dei consumi fuori casa, con crescite inaspettate, probabile conseguenza della gran voglia di tornare ad uscire dopo i mesi passati forzatamente tra le pareti domestiche. A goderne soprattutto il Sud Italia, mentre prevedibilmente il Nord Ovest risulta l’area più colpita in termini di consumi. Un altro elemento di cambiamento è il ruolo e il peso delle grandi città. Le big city, quelle con più di 250mila abitanti, sono state maggiormente colpite rispetto alla provincia italiana, il cui tessuto di bar e ristoranti ha retto meglio alle conseguenze della pandemia. Senza i lavoratori in smart working, i turisti e, più generalmente, gli amanti delle “gite in città”, i consumi dei grandi centri sono calati moltissimo.
Ma la voglia di uscire di questa estate, al netto dei comportamenti imbarazzanti e “leggeri” di troppi concittadini, è un’ottima notizia per tutti. La voglia di socializzazione è forte, anzi, ancora più forte di prima. L’inimmaginabile esperienza che stiamo vivendo sembra aver dato una nuova spinta alla socialità: come ha spiegato il professor Luca Pellegrini, ognuno di noi ha sperimentato in maniera inedita l’importanza che rivestono i riti sociali di cui siamo stati improvvisamente privati.
Cosa aspettarci dal prossimo futuro? È ragionevole attendersi un primo semestre “lento”, con una ripresa che dipenderà dalla velocità di diffusione e dall’efficacia dei vaccini in arrivo. In ogni caso, lo stop ai ristori e lo sblocco del divieto dei licenziamenti avrà un impatto sul tessuto sociale ed economico del Paese. Il turismo, anche quello enogastronomico, che è pesava per il 22% di tutti i consumi food&beverage del 2019, non tornerà molto presto ai livelli precedenti. Lo smart working, da fenomeno praticamente inesistente (riguardava il 3% dei lavoratori), oggi è una realtà per quasi una persona attiva su quattro e ha effetti molto importanti sui consumi fuoricasa: meno colazioni al bar, meno aperitivi coi colleghi dopo l’ufficio, meno mense aziendali, più home delivery, anche all’ora di pranzo. Molte attività dovranno adeguare l’offerta.
La seconda parte dell’anno, secondo Zanderighi, e facciamo nostra la sua previsione, sarà invece condizionata dalla ripresa della fiducia, che è un motore importante nelle scelte di consumo e tanto più sarà forte, tanto più ci sarà ripresa e poi la voglia di riscatto. Una voglia di costruire il proprio futuro non a breve periodo, ma per cambiare davvero e in meglio un Paese che, dopo tanti anni di immobilismo, inefficienze e pigrizie, ha bisogno di risvegliarsi.
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