30 Novembre 2018

Adolescenti “Attraverso lo specchio”: i consumi e le scelte dei ragazzi


Adolescenti “Attraverso lo specchio”: i consumi e le scelte dei ragazzi

Presentati oggi (30 novembre) a Milano i risultati dell’indagine nazionale “Adolescenti e Stili di Vita”, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca IARD con la collaborazione della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza. L’indagine – realizzata con il sostegno incondizionato di ANCC-COOP (Associazione Nazionale Cooperative Consumatori) e Mediatyche – Compagnia di Comunicazione – è stata coordinata da Carlo Buzzi ordinario di Sociologia dell’Università di Trento, referente dell’area sociologica di Laboratorio Adolescenza e membro del Comitato Scientifico di Istituto IARD – e si è svolta tra i mesi di novembre 2017 e maggio 2018 su un campione nazionale rappresentativo di 2654 studenti frequentati le scuole medie superiori (età 14-19 anni; età media 16,5 anni).

Un dossier speciale con tutti gli approfondimenti sulla ricerca sarà pubblicato sul prossimo numero della rivista on-line Adò, organo ufficiale di Laboratorio Adolescenza, scaricabile attraverso il sito www.laboratorioadolescenza.org.

“Due le novità di quest’anno – riferisce Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – l’avvio di una importante collaborazione con l’Istituto di Ricerca IARD e la scelta di realizzare – per la prima volta - la nostra tradizionale indagine sugli stili di vita degli adolescenti su un target di studenti delle scuole superiori e non delle scuole medie. L’obiettivo strategico è proprio quello di alternare annualmente il campione (l’edizione 2018-2019 attualmente in corso ritorna nelle scuole medie) in modo da avere un quadro complessivo su uno spettro di età più ampio. In questo modo avremo anche la possibilità di rincontrare – a distanza di qualche anno – le medesime coorti di età e osservare eventuali modifiche comportamentali intervenute con l’aumentare dell’età”.

“Il 'nuovo IARD' – aggiunge Paolo Paroni, Presidente di Rete ITER-Istituto IARD – vuole unire la prerogativa storica dell’Istituto, ovvero la ricerca sociale in profondità, con il sostegno all’implementazione di politiche e progetti orientati alla piena inclusione sociale delle giovani generazioni. La collaborazione con Laboratorio Adolescenza è un’importante opportunità per mettere l’attenzione sugli adolescenti italiani, una generazione che si affaccia al presente della società e che porta elementi di innovazione sociale e culturale, soprattutto nell’ottica degli stili di vita orientati alla legalità, alla giustizia, all’interculturalità, alla mobilità internazionale, all’integrazione delle discipline. La capacità di ascoltare la loro voce, le loro idee sulla società, sui valori, è un criterio per il buon funzionamento della democrazia”.

Sintesi dei principali risultati suddivisi per argomento e commenti
N.B. Nelle tabelle relative a domande a risposta esclusiva, il complemento al 100% (non indicato) è la percentuale dei “non risponde”.

Scuola, studio, lavoro e impegno sociale - Solo il 4,2% degli intervistati ammette di andare male a scuola; la maggioranza (50,7% dei maschi e 58,3% delle femmine) ritiene di andare bene, mentre il rimanente 40% risponde con un prudente “così così”. La media di ore di studio al giorno si attesta tra le 2 e le 3 ore, ma c’è un 20% (32% dei maschi) che ammette di studiare meno di un’ora al giorno e un altro 20% (28% delle femmine) che passa sui libri più di 3 ore al giorno.

In maggioranza (59%) coloro i quali affermano di essere soddisfatti della scuola superiore che hanno scelto, mentre il rimanente si suddivide tra chi forse non rifarebbe la stessa scelta (31,8%) e chi certamente non la rifarebbe (9%). E, circa la scelta della scuola superiore, il campione si divide sostanzialmente a metà tra chi afferma che la scelta è stata solo sua e chi di dice di averla discussa con i genitori (tra cui un 5% che dice esplicitamente di essere stato condizionato dai genitori).

Riguardo l’università, le risposte cambiano molto a seconda la scuola che si sta frequentando, con il 60% dei liceali che la dà per scontata, contro il 20% di chi frequenta istituti tecnici o professionali. Mentre sono decisamente pessimisti circa la facilità di trovare un lavoro dopo la scuola o l’università. Tra le garanzie considerate di massima importanza che il lavoro dovrebbe assicurare la più indicata dai maschi è la stabilità (sicurezza di non perdere il lavoro) e dalle femmine il soddisfacimento dei propri interessi.

Riguardo l’impegno sociale attivo, più del 20% fa una qualche attività di volontariato, ma solo il 15% delle ragazze e il 6% dei maschi si dice convinto che da adulto farà attività di volontariato.

Sulla carta il 64% sarebbe disponibile – quale attività socialmente utile – ad effettuare commissioni fuori casa per persone anziane o malate ed il 62% ad aiutare nello studio compagni con qualche difficoltà. Netto il divario tra le risposte delle ragazze e dei ragazzi, con le prime che offrono disponibilità con percentuali mediamente superiori del 20% rispetto ai loro coetanei maschi.

“Se per molti aspetti maschi e femmine, sull’onda delle trasformazioni culturali delle società contemporanee, hanno raggiunto una sostanziale omologazione manifestando una identità di atteggiamenti e di comportamenti – riferisce Carlo Buzzi, ordinario di Sociologia dell’Università di Trento e curatore scientifico della ricerca – l’indagine mostra come in altri ambiti prevalgono delle divergenze anche cospicue, tanto da far pensare che tra le nuove generazioni, superate le tradizionali caratterizzazioni di genere, si stiano presentando nuove differenze sul piano comportamentale e motivazionale tra il mondo giovanile maschile e quello femminile. In particolare, il coinvolgimento delle giovani donne nel percorso scolastico risulta essere assai più evidente rispetto a quello dei coetanei (si dimostrano più impegnate, più studiose, più orientate a valorizzare i processi di apprendimento, tanto da manifestare una tendenza superiore verso la continuazione degli studi all’università). E se per quanto riguarda lo studio questi dati sono in parte già conosciuti, la novità sembra coinvolgere anche il mondo del lavoro. Se in molti maschi il lavoro futuro viene valorizzato da un punto di vista soprattutto strumentale (guadagno, sicurezza) con il sospetto che si cerchino al di fuori di esso le condizioni della propria autorealizzazione (deve lasciare molto tempo libero), tra le ragazze, pur non sottovalutando gli aspetti più concreti, l’accento viene soprattutto posto sulle potenzialità realizzative del lavoro in sé (soddisfacimento delle proprie passioni, relazionalità e possibilità di viaggi). È come dire che per gli uni la dimensione professionale abbia perso un po’ della sua centralità esistenziale mentre per le altre sia ancora un territorio su cui giocare la propria identità e il proprio coinvolgimento anche emozionale. E un altro aspetto che differenzia i generi – aggiunge Buzzi – riguarda il volontariato, ambito in cui è assai più evidente l’orientamento delle ragazze a farsi carico di responsabilità in campo solidaristico e nel lavoro di cura (aiutare gli altri bisognosi, siano essi anziani, bambini, malati, stranieri, compagni di scuola in difficoltà). Il tratto maschile rivela invece un maggiore orientamento individualista, meno portato all’azione solidale”.

Social e dintorni - Continua la parabola discendente di Facebook e la crescita di Instagram, mentre Whatsapp (le cui funzioni lo stanno sempre più avvicinando ad un vero e proprio social) è utilizzato pressoché dalla totalità del campione. Meno della metà degli intervistati afferma, però, di utilizzare abitualmente gli strumenti per la tutela della privacy che i social mettono a disposizione.

Si affaccia in modo significativo il gioco d’azzardo online a cui dichiara di aver giocato (una o più volte) l’11% del sottocampione di chi ha meno di 16 anni (età in cui l’accesso ai casinò on line è vietato dalla legge).

“Dobbiamo renderci conto che lo scarso utilizzo, da parte degli adolescenti, degli strumenti messi a disposizione dai social per la sicurezza e la difesa della privacy – afferma Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza – non deriva da pigrizia o disinformazione, ma da un utilizzo dei social che è “filosoficamente” diverso da quello che può immaginare un adulto. Per gli adolescenti i social sono essenzialmente “vetrina”, dove l’obiettivo è proprio esporsi. Non è un caso il successo di Instagram basato essenzialmente sulle immagini. Desiderio di esporsi (ben oltre la propria stretta cerchia amicale) e proteggere la propria immagine (e più complessivamente la propria “social reputation”) diventa, quindi, una sorta di contraddizione in termini. L’impegno di noi adulti dovrebbe perciò essere rivolto non tanto a continuare a ripetere loro, come un triste mantra, raccomandazioni di tipo “tecnico”, ma a cercare di frenare questa deriva valoriale in cui tutto è lecito per qualche “like” o qualche “follower” in più”.

Parità e rispetto tra i generi - Per il 73% delle ragazze e per il 49% dei maschi in Italia non c’è ancora una assoluta parità di diritti, doveri e opportunità tra uomini e donne. Ad essere penalizzata è la donna, per l’88% delle femmine e il 79% dei maschi. E la penalizzazione maggiore è proprio sul lavoro.

Circa il fenomeno della violenza sulle donne, secondo il 54% è aumentato rispetto al passato, mentre il 19% sostiene che sia diminuito. Circa le possibili cause, quella maggiormente indicata è stata “la presunzione dell’uomo che la donna sia di sua proprietà”.

“Il dato che emerge da questa indagine – commenta Cinzia Marroccoli, psicologa e presidente di Telefono Donna Potenza – è l’amara dimostrazione che anche ragazze e ragazzi sono ancora impregnati di una cultura dominante per cui quando si parla della violenza degli uomini contro le donne si cerca sempre di minimizzare l'accaduto e di deresponsabilizzare l'autore della violenza. La “provocazione” vale sempre, sia per i maltrattamenti in famiglia, che per le violenze sessuali esterne alla famiglia. La “narrazione” della violenza – anche in casi estremi e incontrovertibili come il femminicidio – è piena di “lui l'ha uccisa, ma lei...”. Il “se l'è andata a cercare” è purtroppo valido per tutti: per le donne, per un meccanismo difensivo che le porta a pensare che a loro non può accadere; per gli uomini, perché spostano la colpa sulle donne che “se la sono cercata””.

Alimentazione

I consumi - Continua ad esserci una ampia fascia di popolazione adolescenziale (34% dei maschi e 43% delle femmine) che non consuma la prima colazione. Così come sono meno di un terzo gli adolescenti che consumano regolarmente una merenda pomeridiana, ma più dell’80% consuma snack dolci e salati, caramelle, cioccolata, gelati ecc… durante la giornata e fuori dai pasti principali.

Il pranzo è di gran lunga il pasto principale della giornata solo al sud e nelle isole. Nel resto d’Italia pranzo e cena sono percentualmente molto vicini (leggera prevalenza del pranzo), mentre nelle aree metropolitane lo scenario cambia ed è la cena ad essere maggiormente indicata come pasto principale. Il “record” a Milano, dove la cena è il pasto principale per il 62% degli adolescenti intervistati.

La pasta è di gran lunga l’alimento più consumato (lo mangia pressoché quotidianamente il 74,4%). Seguono il pane (65,2%), la frutta (58%), la verdura (52,9%) e la carne (50,3%). Legumi, uova e pesce sono gli alimenti meno consumati e indicati come presenti nella dieta quotidiana occasionalmente o raramente.

Beve quotidianamente vino ai pasti il 6,4% e birra il 6,9%, mentre il 37,8% consuma abitualmente caffè.

Consumi e gusti – tranne che per pasta e carne che piacciono molto – non sempre sono allineati. Dolci e salumi (ma anche il pesce) piacciono molto di più di quanto non si consumino, mentre verdura e frutta molto meno.

Riguardo le cucine etniche, il campione si divide tra un 40% di “estimatori” (la cucina che piace di più è quella giapponese), un 30% di “curiosi”, che non le hanno mai sperimentate ma vorrebbero farlo (la cucina che incuriosisce di più è quella indiana), ed un 30% di “refrattari”, che le hanno provate ma non gradite o, soprattutto, che non hanno alcuna voglia di sperimentarle (quella che insospettisce di più è la cucina africana).

“Il combinato disposto della prima colazione disertata e dello spostamento del pasto principale dal pranzo alla cena – afferma Gianni Bona, ordinario di Pediatria all’Università di Novara e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza – evidenzia un dannoso squilibrio dell’apporto nutrizionale quotidiano verso l’ultima parte della giornata, proprio quando il consumo energetico diminuisce. Non rispettare le indicazioni ottimali (25% dell’apporto nutrizionale quotidiano la mattina, 50% a pranzo e 25% a cena) compromette il corretto metabolismo e accresce enormemente i rischi di sovrappeso e obesità”.

Le scelte - L’abitudine di accompagnare i genitori a fare la spesa alimentare è tendenzialmente alta (oltre il 70%), ma mentre per le femmine è più sistematica (il 42% lo fa spesso), per i maschi è più occasionale (la maggioranza, 43,7%, lo fa qualche volta).

Sul versante consumi, la spinta maggiore ad acquistare per la prima volta un nuovo prodotto alimentare arriva dal suggerimento dagli amici (80,9%) e, in seconda battuta, dalla curiosità vedendolo esposto (73,1%). L’influenza della pubblicità televisiva è tale sul 41% degli intervistati, mentre fa la sua comparsa anche la pubblicità attraverso Internet (influenza il 15% degli adolescenti). Scarso appeal, in quella fascia di età, raccolte a punti o premi legati all’acquisto di un prodotto.

Circa il “dove” si va prevalentemente a fare la spesa alimentare, netta prevalenza del supermercato al nord e al centro, mentre nelle isole e soprattutto al sud si equilibra nei confronti della scelta del negozio specifico.

La consapevolezza - Mediamente buona (ma ci sono ancora lacune da colmare) la conoscenza delle principali caratteristiche nutrizionali dei principali alimenti.

Il 61% è consapevole di cosa significhi “commercio equo e solidale”, mentre solo il 24% riesce a dare una definizione corretta di “filiera corta”. Buone, invece, le conoscenze riguardo i prodotti ogm. Gli studenti dei licei appaiono mediamente più informati dei loro colleghi delle scuole tecniche e professionali.

Riguardo il fenomeno dello “spreco alimentare” nelle famiglie, la causa maggiormente indicata (dal 40%) è stata: “Si comprano, per sbagliata valutazione, più prodotti alimentari di quelli che in realtà sono necessari”.

“Creare cultura su queste tematiche, fin da giovanissimi – afferma Carmela Favarulo, responsabile Progetti Educativi dell’Associazione Nazionale Cooperative Consumatori (ANCC-COOP) – è uno dei nostri principali obiettivi, perché da un consumo consapevole, specie in ambito alimentare, deriva non solo attenzione verso la propria salute, ma anche attenzione verso l’ambiente. I dati che emergono da indagini come questa sono quindi preziose indicazioni per elaborare i percorsi educativi che da anni offriamo alle scuole”.

Lo Sport - Insufficienti, per quelle che sarebbero le indicazioni dei medici, le ore di sport praticate: il 31% dei maschi e il 53% delle ragazze, oltre le due ore settimanali scolastiche, o non pratica alcuno sport o lo pratica per meno di due ore alla settimana.

La motivazione più indicata – relativa al non praticare sport extrascolastico – è la mancanza di tempo (66%), ma il 5,4% dei maschi e il 7,9% delle femmine lo collega a problemi di tipo economico. Anche su questo aspetto la differenza di percentuale tra maschi e femmine appare un chiaro indicatore di come le famiglie in difficoltà economiche favoriscano comunque i maschi.

Lo sport più praticato risulta essere di gran lunga il calcio per i maschi e la pallavolo (ma con una percentuale molto minoritaria) per le femmine. Cresce, rispetto al passato, l’abitudine di praticare attività sportiva in palestra.

La Sostenibilità - Riguardo la “sostenibilità”, la maggioranza la associa al concetto di “rispetto” e l’82% è convinto che in Italia ci sia poca attenzione a questo aspetto. Ma meno di un adolescente su quattro è consapevole del fatto che il concetto di sostenibilità non va solo riferito alla salvaguardia dell’ambiente

Ma che cosa fanno o faranno per orientare verso la sostenibilità i loro comportamenti?

Malattie a trasmissione sessuale - Molto poco incoraggianti i dati circa la conoscenza – da parte degli adolescenti – delle malattie sessualmente trasmissibili (MST) e di come fare per prevenirle. Se si esclude l’AIDS (conosciuta dal 94,5% degli intervistati), solo il papilloma virus (verosimilmente per via della vaccinazione proposta ai dodicenni) è conosciuto dalla maggioranza del campione (61% delle ragazze e 53,8% dei maschi), mentre la conoscenza delle altre più comuni oscilla tra 45% (candida) e l’11% (condilomi).

Ma il dato più preoccupante riguarda le idee confuse che (specie i maschi) hanno sulla prevenzione.

L’unico aspetto positivo è che sia diffusa la conoscenza che il preservativo sia uno strumento generalmente efficace per proteggersi dalle MST (ma pochi sanno che per proteggersi dall’HPV non è sufficiente). Peccato, però, che ancora siano fortemente radicati pregiudizi (il 30,5% ritiene che “non sta bene” che una ragazza porti con sé dei preservativi) o convinzioni errate (per il 31% una MST non può essere trasmessa attraverso un rapporto orale).

La fonte di informazione più utile su questo tema (indicata dal 34% del campione) è risultata essere la scuola (e l’82% sostiene che sia proprio la scuola a dover garantire questo tipo di informazioni). Più della “mamma” (indicata dal 31%). D’altra parte, il 73,8% ha affermato che è difficile parlare di questi argomenti in famiglia.

“Di questa esigenza di informazioni espressa direttamente dai ragazzi terremo certamente conto nella progettazione dei nostri percorsi di formazione nelle scuole – spiega Simona Mazzolini, coordinatrice delle attività per la scuola di Laboratorio Adolescenza – lavorando in stretta sinergia con esperti della materia da un lato e dirigenti scolastici dall’altro. Già quest’anno Laboratorio Adolescenza, in collaborazione con AIMaC (Associazione Italiana Malati Cancro), ha avviato un progetto pilota per far creare, proprio agli studenti, una campagna di comunicazione per la prevenzione dell’HPV”.

“In questo contesto – aggiunge Carlo Alfaro, pediatra adolescentologo e membro del Direttivo Nazionale SIMA – un medico preparato e formato a comunicare con gli adolescenti potrebbe rappresentare una valida alternativa al rischio che gli adolescenti stessi vadano a cercare le informazioni di cui necessitano in modo improvvisato e confuso, attraverso il gruppo, i media o i social”.

Cefalea - L’obiettivo dello studio è stato quello di raccogliere informazioni, direttamente dagli adolescenti, su come vengono vissuti e affrontati gli episodi di cefalea – che risulta essere uno dei disturbi maggiormente accusati dagli adolescenti a scuola e in famiglia – e a quali cause vengono maggiormente associati. Dichiara di soffrire di cefalea il 60% del campione di adolescenti intervistati e, di questi, circa il 15% (8,5% dei maschi e 18,5% delle femmine) accusa problemi di cefalea una o più volte alla settimana.

Tra le cause che scatenano gli episodi di cefalea al primo posto risulta esserci la scuola. Seguono gli stress emotivi, gli stress fisici e la vista. Oltre la metà del campione, inoltre, collega il mal di testa all’utilizzo prolungato del computer o dello smartphone; l’80% delle ragazze ha indicato le mestruazioni tra le cause a cui attribuire il mal di testa.

Che il mal di testa sia diffusissimo a scuola lo confermano gli insegnanti. Qualche volta come scusa per sottrarsi ad un’interrogazione, giustificare un’impreparazione o un’assenza, ma nella maggior parte dei casi il disturbo risulta essere reale ed è spesso legato a fattori emotivi.
Il 40% dei giovani intervistati ha affermato, inoltre, che quando ha un episodio di cefalea il dolore è generalmente forte o molto forte, mentre la durata media del singolo episodio va da una a molte ore. Per il 47% la localizzazione del mal di testa è sempre la stessa, per un terzo del campione gli episodi di cefalea sono generalmente associati ad altri sintomi, mentre per oltre il 70% il fenomeno scaturisce all’improvviso senza segnali premonitori.

La maggioranza (56%) riesce comunque a convivere con il mal di testa senza modificare – se non occasionalmente – le normali attività, mentre il 14% è costretto a smettere di fare ciò che stava facendo ed attendere che passi, e il 7% deve addirittura mettersi a letto.
Il dato certamente non positivo è che più della metà (57%) di chi soffre spesso o molto spesso di cefalea non ne ha mai parlato con il proprio medico. Percentuale che sale addirittura all’83% tra chi ha episodi sporadici di cefalea. Ne consegue che anche l’utilizzo dei farmaci (li usa abitualmente oltre il 45% degli intervistati) è spesso fuori dal diretto controllo medico. Solo il 18% prende farmaci contro la cefalea prescritti dal medico, mentre la maggioranza si affida ai genitori.

“Ciò che emerge dall’indagine non sono dati clinici – commenta Alberto Verrotti, direttore della Clinica Pediatrica dell'Università dell'Aquila – ma questa sorta di autocertificazione da parte dei ragazzi è per noi di grandissimo interesse. Sarà molto importante, ad esempio, riuscire a decodificare cosa c’è dietro questa diffusissima associazione tra mal di testa e scuola. Tra le due cose non ci può essere un rapporto clinico di causa-effetto, ma è una coincidenza da non sottovalutare per cercare di individuare gli strumenti più adatti a prevenire o a curare la cefalea in adolescenza. Piena concordanza con i dati clinici, invece, sulla significativa maggior frequenza del fenomeno tra le donne”.

TAG: CONSUMI,RICERCA,CARLO BUZZI,LABORATORIO ADOLESCENZA,ISTITUTO DI RICERCA IARD

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