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18 Luglio 2025Venezia, città fondata sull’acqua, si è trasformata per un giorno in manifesto di una rivoluzione. Non parliamo di un nuovo distillato o di un’ennesima moda effimera, ma di frutta e verdura che – finalmente – smettono di fare da comparse e si prendono il centro della scena. Nel posto meno scontato: i bar di lusso. E quando questo accade all’Aman Venice, tra le mura nobiliari di Palazzo Papadopoli, non è più solo un’idea stravagante. È un segnale forte per tutto il mondo horeca.
Il 19 giugno, la Serenissima è diventata un palcoscenico sensoriale con “Aqua Viva”, il secondo capitolo di Harvesting Happiness, la campagna firmata Spettacoli alla frutta. Dietro questa sigla non c’è un piccolo gruppo di visionari, ma una squadra che rappresenta il cuore pulsante della filiera ortofrutticola italiana. SAF riunisce venticinque eccellenze dell’ortofrutta italiana, i brand più conosciuti, chi sceglie di essere marca e ci mette la faccia per garantire la qualità dei propri prodotti, che insieme valgono in volume quasi l’80% delle vendite di fruttivendoli e supermercati. Il loro posizionamento è chiaro: l’horeca non usa solo frutta, ma sceglie un ecosistema completo di prodotti distintivi, performanti e che raccontano una storia autentica.
Ogni ingrediente diventa touchpoint di esperienza, estetica e gusto. Sfiorando la rivoluzione dell’ortofrutta, SAF dimostra che l’innovazione può essere verde, sensoriale e drammaticamente attraente. Come? Attraverso linguaggi capaci di emozionare, contaminare, uscire dagli schemi tradizionali. Il cibo come spettacolo, il prodotto agricolo come attore protagonista di un racconto collettivo.
La scelta di Venezia non è casuale. Città di scambi e contaminazioni, civiltà costruita sull’acqua – e l’acqua, in questa narrazione, non è un semplice elemento: è la metafora della vita, della fertilità, della rinascita. Prima del gran finale, gli ospiti hanno attraversato le calli in un tour inedito nei luoghi più intimi della città: antichi pozzi patrimonio UNESCO, custodi di un sapere idrico secolare; uno squero storico, dove il legno prende forma di gondola; persino una barca-fruttivendolo che ancora oggi distribuisce ortaggi e frutta come se il tempo non fosse passato, tra profumi di basilico e l’eco delle marinerie che portavano prodotti dalle campagne al mare. Una Venezia raccontata come ecosistema di vita, commercio e nutrimento.
Poi, il viaggio si è trasformato in esperienza totale nella cornice sontuosa di Aman Venice. Qui, il cibo e la mixology hanno riscritto le regole del gioco. Il bar manager Antonio Ferrara ha firmato una drink list che non lascia spazio a interpretazioni: la frutta non è più un accessorio, ma una matrice di gusto, un ingrediente identitario. Ogni cocktail è stato pensato come racconto, gesto politico e artistico insieme: Lume con Brandy Vecchia Romagna 3 Botti; Amaro Venesian, un bitter alle ciliegie del Consorzio di Vignola che danza con la soda; Canto, una dedica alla pesca Valfrutta Fresco intrecciata al profumo del basilico e allo scintillio del Prosecco; Cheer Up, una celebrazione vegetale con Seedlip Garden, cetriolo Cucù e un filo di olio al basilico; Fascinating, dove l’uva Piacere Viviana incontra Tanqueray 0.0, dimostrando che l’assenza di alcol non significa assenza di carattere. In pairing, i piatti dello chef Matteo Panfilio, costruiti intorno a otto protagonisti di stagione: melone mantovano IGP, barattiere pugliese, spinacino, pesche e nettarine, ciliegie, uva, cetriolo e anguria, in un intreccio di consistenze e colori che ha trasformato il palato in tela.
Dietro il glamour dell’evento, però, c’è una sfida molto più radicale: come riportare frutta e verdura al centro delle scelte alimentari delle nuove generazioni. I numeri non lasciano spazio all’ottimismo: solo il 42% dei ragazzi tra i 14 e i 20 anni consuma frutta ogni giorno, eppure il 70% dichiara di conoscerne i benefici. Una contraddizione che svela l’impotenza dei messaggi tradizionali. Informare non basta: serve sedurre. E chi meglio del mondo horeca, che vive di esperienze, ha il potere di trasformare la percezione di un prodotto, renderlo desiderabile, instagrammabile, aspirazionale? SAF lo ha capito prima di molti: portare l’ortofrutta dove si costruisce il desiderio, nei luoghi in cui il cibo diventa status, linguaggio, lifestyle.
Non è greenwashing, è marketing evoluto. È il tentativo di ribaltare un paradigma: smettere di raccontare la frutta come dovere salutista e iniziare a venderla come esperienza. E sì, è anche un’operazione di business: perché integrare ingredienti vegetali nella mixology significa creare nuove categorie di cocktail, intercettare la tendenza no/low alcohol, rispondere alla domanda crescente di proposte healthy e sostenibili. Significa, in altre parole, fare innovazione dove gli altri vedono solo una fettina di lime sul bordo del bicchiere.
Il messaggio è chiaro: se Venezia è riuscita a trasformare l’ortofrutta in arte da bere, allora nulla è impossibile. La domanda è: chi avrà il coraggio di replicare questa rivoluzione fuori dalle mura dorate di un luxury hotel? Baristi, chef, imprenditori: siete pronti a spingere frutta e verdura fuori dalla comfort zone della cucina e a portarle dietro il bancone, in sala, nei format urbani, nei locali che contano? Perché il tempo dei garnish è finito. L’ortofrutta è pronta a sedurre. E se non lo fate voi, qualcun altro lo farà.
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