pubblici esercizi
03 Maggio 2021Per il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, la ripartenza non aspetta: si deve fare in fretta, puntando ai contenuti. Il PNNR? Un buon piano, ma al turismo si poteva dare di più.
Parlando di PNRR Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, teme che al documento venga attribuita una dimensione miracolistica. E che passi il concetto che dal 1° luglio le cose ricomincino sic et simpliciter a funzionare. Di fatto non è così semplice. Altrimenti i vari sostegni al reddito attivati in passato, il miracolo lo avrebbero già fatto.
La questione è molto ampia, infatti, e non può prescindere dalle asimmetrie che caratterizzano il nostro Paese.
Il primo squilibrio - evidenzia Bella – è quello demografico: una popolazione che invecchia non ha prospettive e una popolazione che invecchia e non riesce a trattenere i giovani cervelli è in una situazione ancora peggiore.
“Il secondo squilibrio – prosegue – è dato dalla povertà assoluta e dalla sua crescita esponenziale: 5 milioni nel 2019, cui va aggiunto 1 altro milione nel 2020”.
La terza grande distonia riguarda il diverso impatto della pandemia sui vari settori economici. “Quello dei servizi è fra i settori che ha subito le perdite maggiori. Guardiamo ai consumi, per esempio: nel 2020 le perdite ammontano a 129 mld a prezzi correnti. Ebbene, il macro comparto che riunisce trasporti, alberghi e ristoranti, vestiario e calzature, ricreazione e cultura, ha registrato perdite quantificabili in circa 107-108 miliardi: la fetta più grossa, dunque.
E la cosa più grave è che non si sa se dopo la pandemia questi settori torneranno di nuovo integri. E’ proprio questo dubbio che giustifica la richiesta di sostegni adeguati.
In questo scenario, allora come va letto il PNRR?
“Il PNRR è un buon piano – ammette Bella - magari un po’sbilanciato sull’equazione’ finanziamenti, uguale finanziamenti pubblici’ e più incline a pensare a come spendere i soldi che alle riforme da fare. Ci si sarebbe dovuti concentrare, ritengo, più sulle best practice: individuandole e poi esportandole in altri contesti”.
Un modo pratico, insomma, per implementare velocemente riforme già testate.
Quanto al turismo, ammette il direttore, si sarebbe potuto dare di più. Ma adesso il punto è un altro: dobbiamo fare in fretta e puntare alla formazione. Solo così saremo in grado di offrire contenuti competitivi, in grado di sfidare la concorrenza sul piano del servizio.
Ma il nostro Paese ha la forza di riqualificare i suoi operatori?
“Sì: voglio essere ottimista, e mi conforta pensare che in passato in Italia siamo già riusciti a fare ottime cose e anche in questo caso potrebbe essere d’aiuto ispirarsi alle best practice nel mondo della formazione, per esportarle anche altrove. Dal Recovery plan possiamo trarre opportunità interessanti per promuovere la formazione e la digitalizzazione e per riqualificare le strutture. In fretta, però. Non esiste un piano B, dobbiamo darci da fare ora per riprenderci la nostra fetta di turismo, persa a causa della pandemia. E parlo specialmente del turismo straniero.”
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