03 Agosto 2015
All’inizio, una decina di anni fa, poteva sembrare una moda importata in Italia, estranea alle nostre abitudini tanto quanto la festa di Halloween (che peraltro ha attecchito anche da noi). Ma, anziché una novità destinata a un breve successo, il brunch è diventata un’abitudine consolidata per molti italiani. Ma, si sa, siamo un popolo tutto particolare e lungo lo Stivale le abitudini possono essere molto differenti. Dice infatti Corrado Riccio di Meridionale Catering Service: «Nella nostra zona (il napoletano, ndr) il brunch non ha avuto sviluppo, per via di certe radicate abitudini. Da noi il pranzo domenicale si fa ancora in famiglia (o a volte fuoriporta) e solitamente comincia fra le 14,30 e le 15. Quindi per noi un brunch che inizia attorno alle 11 non attira le persone, visto che poco dopo c’è un pranzo completo che li aspetta. Piuttosto si nota che prende un po’ piede l’abitudine di trovarsi per un aperitivo nella mattinata, magari con un buffet ben guarnito, vissuto come momento di attesa prima di tornare a casa per mangiare tutti insieme». Della stessa opinione anche Stefano Ratti della società Gelo Mare di Rieti. «Nel reatino nessuno lo propone. Da noi la colazione resta colazione, il pranzo resta pranzo e i due momenti di consumo non si fondono, le abitudini in questo senso sono molto radicate». Tant’è. A Milano, Torino, Bologna e in altri grossi centri le abitudini sono cambiate, il brunch fa tendenza e accontenta anche quei turisti stranieri che a questo tipo di proposta sono già abituati. A metà tra una colazione posticipata e un pranzo in anticipo (non a caso il neologismo deriva dalla fusione delle parole breakfast e lunch), piace ai giovani e alle famiglie, alle coppie, ai professionisti, ai single… E piace moltissimo anche ai gestori, perché la formula del brunch, avendo gli spazi adeguati, può essere organizzata al bar come nel ristorante, nel grande albergo o nel bistrot, ovviamente con la formula più confacente al proprio target e tipologia di locale. Non solo: si tratta di un tipo di proposta in grado di rendere profittevole un momento che per molti gestori è di scarso lavoro (spesso nel weekend le grandi città si svuotano). È proprio quanto confermato da Massimo Sassi di Agenzia Lombarda: «La nostra società, che storicamente è partita con una vasta gamma di referenze di salumi e formaggi (anche se ormai la gamma è molto ampia, abbiamo oltre 1.500 referenze) è in grado di fornire alla clientela moltissimi fra i prodotti più comunemente utilizzati nel brunch. Poi ciascun esercente cerca il tipo e la varietà di prodotti che più gli sembrano interessanti per la sua clientela. Differenziarsi sta alla capacità dello chef e al budget che si stanzia. Trovo che il brunch abbia un punto di forza: è andato a valorizzare un momento in cui il lavoro per tanti ristoranti era scarso e quindi, data una giusta location e proposta, aiuta a creare fatturato». Condizione base, quella di avere dei tavoli per accogliere gli ospiti, affiancata alla perfetta consapevolezza che un brunch, per informale che sia la formula, ha delle precise regole. Quali? Innanzitutto allestire uno spazio con servizio a buffet suddiviso in zone tematiche, così da rendere più agevole la scelta e creando - dove gli spazi lo consentono - un ideale “flusso” per evitare code o incidenti di percorso con i piatti. Molta cura va riposta nel corretto allestimento del buffet, in modo che sia sempre ordinato e invitante. Meglio allestire vassoi di piccole dimensioni da riassortire al bisogno, per averli sempre in ordine. E la regola del “già tagliato”, ove praticabile, facilita la vita all’avventore, calibra le dosi e aiuta nell’estetica della mise en place. Altrettanto importante è curare le temperature di servizio: réchaud e ad esempio per il servizio delle uova, che nel brunch originale non possono mancare: “scrambled egg” (strapazzate) o “all’occhio di bue” che siano, è essenziale che siano servite ben calde, con eventuale accompagnamento di bacon tostato, in perfetto stile americano. A meno che ci sia la possibilità di avere un addetto per la preparazione delle uova al momento.
[caption id="attachment_80628" align="alignleft" width="300"] Il ristorante Evviva a Riccione[/caption]
L’alternativa sono le uova sode, che creano meno problemi gestionali e per il periodo del servizio possono essere tenute a temperatura ambiente, con il loro guscio. Franco Aliberti, ex pastry chef di Massimo Bottura all’Osteria Francescana di Modena e oggi socio con Andrea Muccioli nel ristorante-pasticceria- caffetteria Èvviva di Riccione, ci racconta che anche nel suo locale la proposta del brunch sta ottenendo ottimi risultati. «Alla domenica arriviamo a fare dai 50 ai 70 brunch (e in prevalenza sono famiglie) al prezzo di 20 euro a testa. Selezioni di pani, focacce, dolci, i nostri lievitati, yogurt con cereali di vario tipo, piccola selezione di formaggi e salumi, salmone affumicato, due uova a piacere, affiancabili a salsicce o bacon, oltre a varie bevande. Accanto a questo abbiamo anche il brunch esclusivamente dolce oppure la proposta per i bambini, per i quali prepariamo anche i pancake. Con una buona organizzazione, anche proponendo molta scelta, non si scarta nulla. L’uovo all’occhio di bue ad esempio lo prepariamo separando gli albumi e cuocendoli facendone un impasto con latte, sale e pepe e viene cotto al forno, in modo che sia leggermente coagulato ma non troppo, a cui poi abbiniamo il rosso cotto leggermente. Anche le omelette vengono preparate in anticipo e farcite con un ripieno che teniamo pronto in un sifone, tenuto a bagnomaria. Tutto molto organizzato e programmato, per far filare il servizio velocemente e senza buttare nulla».
[caption id="attachment_80629" align="alignright" width="300"] Il ristorante Asola[/caption]
Altrettanto ricco, ma di impostazione internazionale è il brunch di recente introdotto da Asola, il ristorante all’ultimo piano di The Brian&Barry Building, in pieno centro di Milano. Qui lo Chef Matteo Torretta propone un brunch diverso ogni domenica, come una sorta di viaggio gastronomico fra i sapori e le cucine di tutto il mondo: specialità da Italia, Inghilterra, Spagna, Stati Uniti…, con in più l’angolo “veg” dove sono presentati piatti leggeri e salutari a base di verdure. Una proposta che punta a stimolare gli italiani a provare una diversa esperienza culinaria, ma anche ad accogliere il turista con i sapori del proprio Paese: una formula tanto più interessante quanto più si avvicina Expo e il conseguente massiccio arrivo di turisti in visita alla città. Le idee non mancano, la voglia del consumatore di concedersi un po’ di tempo per sé è reale e il brunch può essere il momento di consumo ancora da far crescere.
La ricetta: Omelette, un “classico” del brunch
Una tipica preparazione da brunch sono le omelette, che secondo le regole della cucina classica dovrebbero essere leggermente baveuses, ovvero non troppo cotte al centro. Per offrire un’alternativa leggera, adatta anche a chi ha il colesterolo alto è possibile preparare omelette solo con albumi e verdure grigliate o a vapore a pezzettini: possono essere cotte in padella (ma bisogna fare molta attenzione, perché sono facili a bruciarsi) o nel forno a vapore.
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A cura di Maurizio Maestrelli
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