23 Dicembre 2014
L’agnello è una carne legata ai riti religiosi delle religioni monoteiste, e il suo uso è antichissimo nell’area mediterranea. Eppure il suo consumo resta di nicchia: dei 76 chili di carne che ogni italiano mangia ogni anno solo uno è di agnello. Sono pochi e di alta gamma i ristoranti che la propongono tutto l’anno, nei suoi tagli più pregiati, carré e cotolette. Per il resto è molto soggetta al consumo stagionale, legato alle festività. Anche se va detto che dal 2011 la Pasqua ha visto un calo nei consumi di agnello di oltre il 60%, complice la crisi. «In realtà il consumo varia tantissimo da regione e regione. In Lazio e Sardegna è molto diffuso, qui da noi quasi per niente in pianura, più in collina. In Romagna si usa la pecora per gli arrosticini, ma basta spostarsi di 100 chilometri che usi e consumi cambiano», spiega Antonio Bocchi titolare di Ristogamma.
Le usanze cambiano, e incidono sui consumi. In questo l’agnello è emblematico dei mutamenti della società. È una carne magra, ricca di proteine e quindi considerata un alimento sano. Inoltre, non è soggetta ad allevamenti intensivi: in genere gli agnelli sono lasciati liberi al pascolo, si alimentano di latte materno o di erba, fresca o secca. Guai però a consigliarne l’uso agli animalisti, che su questo tipo di carne in particolare, ogni Pasqua scatenano, specie via web delle campagne che ne stigmatizzano l’uso, come “salva un agnello”. Dall’altro lato ci sono le tradizioni e le scelte religiose che sostengono i consumi. «Da qualche anno alcuni ristoratori ci chiedono carne di agnello halal per i lorclienti di religione musulmana. Una categoria in crescita per la presenza di immigranti ma anche famiglie in cui uno dei due coniugi segue i precetti della religione musulmana» dice Bocchi.
Sul fronte della tradizione, oltre alla Sardegna e al Lazio viene subito in mente l’Abruzzo. «Qui c’è una cultura diffusa dell’agnello buono, che si cucina per lo più alla brace, in numerosi ristoranti specie nell’entroterra. Il consumo è quindi distribuito tutto l’anno, anche se ci sono i picchi a Pasqua e, da qualche anno, anche a Natale. Una volta andava più l’agnello intero, oggi si preferiscono tagli più piccoli e facili da cucinare», spiega Antonio Di Lorito, titolare di Mister Chef. Reggerà insomma il consumo di agnello alla prova del tempo? Il fenomeno delle griglierie potrebbe favorirne l’uso, anche se in genere questi locali preferiscono tagli con rese maggiori e meno cari. Per ora insomma il suo consumo resta di nicchia o locale, anche se i risultati, come ben sanno gli chef con clienti dal portafoglio pieno, possono essere davvero eccellenti, e apprezzati dalla clientela nonostante, o proprio per quel suo gusto così particolare.
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