caffè
02 Agosto 2018
L’Istituto Nazionale Espresso Italiano (Inei) ha deliberato la trasformazione da associazione in società a responsabilità limitata benefit. Un passaggio rilevante che avviene proprio nell’anniversario dei vent’anni dalla fondazione, avvenuta nel 1998. Ne abbiamo parlato con il presidente Paolo Nadalet.
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Paolo Nadalet[/caption]
Quali sono le ragioni di questo cambiamento?
L’Inei è nato nel 1998 come associazione, all’epoca era assolutamente la forma più consona per gli obiettivi e l’operatività dell’Istituto. Negli anni la missione di Inei è rimasta la medesima ma il numero dei soci e delle attività è andato aumentando, con uno scenario che è tra l’altro diventato sempre più globale (basti pensare alla nostra gara Espresso Italiano Champion che coinvolge numerosi partner all’estero).
Come si è svolto il processo?
E’ stato un percorso che abbiamo affrontato con molta attenzione, soprattutto nel scegliere la nuova veste operativa. La fase esplorativa è iniziata a novembre 2016 e a questa è seguita una serie di riunioni del consiglio di amministrazione, di informative ai soci per tenerli al corrente dei passaggi salienti, di incontri con il team legale dello studio Nctm che ci ha assistiti, in particolare con gli avv. Vittorio Noseda, Luigi Ardizzone e Fabio Rebesco.
Su quali principi avete improntato questo lungo percorso?
Essenzialmente desideravamo una continuità nell’etica dell’attività Inei. Cercavamo una forma societaria che evidenziasse comunque lo scopo per il quale Inei ha operato negli ultimi vent’anni: tutelare e divulgare la cultura dell’espresso italiano. L’abbiamo trovato nella società a responsabilità limitata benefit, che impone all’organo amministrativo il perseguimento di un’utilità sociale (indicata tra l’altro in modo esplicito nello statuto e che deve essere rendicontata alla fine di ogni esercizio dell’attività).
Al di là dei vantaggi operativi, quali sono stati i vantaggi per i soci Inei?
Le aziende associate a Inei sono diventate proprietarie dell’Istituto. Detengono ora una quota del capitale sociale, un caso più unico che raro nel settore del caffè. Un passaggio storico perché pone le aziende all’interno di un contesto d’impresa, con una mentalità che dovrà puntare a un approccio manageriale sempre tenendo conto dell’utilità sociale di cui sopra.
In definitiva dove si orienta il nuovo Inei?
Non c’è come dicevo soluzione di continuità, Inei continua a perseguire l’obiettivo per cui è nato nel 1998. In quegli anni ruggenti in cui l’espresso saliva alla ribalta dei mercati internazionali ci fu molta lungimiranza da parte di alcune aziende nel fondare un’associazione che non voleva solo proteggere l’espresso italiano ma diffonderne la cultura. La mera tutela sarebbe stata un’operazione di chiusura al mondo che si stava globalizzando, la scelta è stata di puntare soprattutto sulla divulgazione attraverso la formazione, condotta con il supporto dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac), la comunicazione e le attività come fiere e successivamente la nostra gara Espresso Italiano Champion. Il nuovo Inei va nella stessa direzione, semplicemente con una struttura più
flessibile e adatta alla cosiddetta fluidità della globalità.
L’Istituto Nazionale Espresso Italiano (www.espressoitaliano.org), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine e macinadosatori e altri sodalizi che volgono la loro attenzione all’espresso di qualità, oggi conta 39 associati con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.
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