vino
06 Febbraio 2025
Tocca i 660 milioni di euro, di cui oltre il 55% proveniente dall’export, il valore aggregato dei fine wines italiani. I dati emergono dalla ricerca commissionata dall'Istituto Grandi Marchi (IGM), realtà che raggruppa 18 aziende vinicole tra le più prestigiose del vino italiano, e realizzata da Nomisma-Wine Monitor, secondo cui negli ultimi vent'anni il giro d'affari del comparto è addirittura raddoppiato grazie soprattutto ad una crescita senza precedenti sui mercati internazionali.
Secondo la ricerca, il 70% del fatturato estero delle aziende associate è proveniente da mercati al di fuori dell'Unione europea, con una crescita nei mercati asiatici che hanno visto aumentare gli acquisti di vini oltre il 130% negli ultimi vent'anni. Gli Usa si confermano il principale mercato di destinazione per i fine wines italiani dove, nonostante il contesto economico sfidante caratterizzato da inflazione e alti tassi di interesse, nel 2024 si è registrato - per il periodo gennaio-novembre e a livello complessivo di vini - un aumento delle importazioni dall’Italia del 5% in valore per i vini fermi imbottigliati e del 10% per gli spumanti, in controtendenza alla media del mercato che vede in leggera diminuzione gli acquisti dall’estero.
USA: CONSUMATORI ATTRATTI DALL'ITALIAN FLAVOUR
Lo studio ha anche analizzato i comportamenti di consumo di 2.400 consumatori statunitensi di vino (distribuiti in California, New York, New Jersey e Florida), rivelando che oggi il 30% di loro si definisce “real user” di fine wines, con una predominanza di consumatori millennial, uomini, appartenenti alla upper class e con una spiccata curiosità verso vini stranieri.
In particolare, il consumatore di fine wine italiani si distingue per un forte legame con l'Italia, che si esprime attraverso origini italiane o esperienze dirette nel Paese, come visite recenti. Questo elemento gioca un ruolo fondamentale nella valorizzazione di questi vini sul mercato statunitense, dove la scelta è influenzata principalmente da tre fattori: notorietà del brand, riconoscimenti ottenuti nelle guide di settore e l’unicità delle aziende a gestione familiare. Quest’ultimo elemento risulta particolarmente rilevante per i millennial, con il 16% che lo considera un aspetto determinante, rispetto all’11% della media generale.
«Al di là dei dati specifici, di indubbio interesse per l’intero movimento del vino, ciò che più conta e ci lusinga è registrare la crescita del peso dei fattori immateriali legati alla percezione del nostro mondo, nella considerazione dei consumatori di mercati importanti per valori e per volumi, come ad esempio gli Stati Uniti d’America. I vini di pregio forniscono un contributo chiave all’immagine che gli stili di vita tipici della cultura italiana occupano nella mente del pubblico. Tale immagine si lega intimamente con i valori positivi trasmessi dalla storicità, continuità, coerenza qualitativa delle imprese familiari multigenerazionali che si ergono a custodi delle radici dei propri territori», ha dichiarato Piero Mastroberardino, presidente IGM.
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