pubblici esercizi
24 Aprile 2021
Ma fosse solo questo. Per quanto concerne le riaperture di bar e ristoranti il decreto in vigore dal 26 aprile al 31 luglio è pieno di nei. E non bastano a consolarci le voci di corridoio che affermano l’intenzione dell’esecutivo di posticipare il coprifuoco alle 23.
Perché il problema è il coprifuoco stesso. Una disposizione che non cambia gli equilibri in termini di prevenzione per il Covid-19 e che non tiene conto di usi e costumi degli italiani, diversi a seconda della regione di appartenenza. “In estate al Sud dopo il lavoro si va al mare. Se ceni fuori casa, lo fai dalle 22.
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Tommy Colonna[/caption]
Se invece esci dopo cena per bere qualcosa con gli amici, prendi appuntamento al bar verso le 23. Questi orari non ci appartengono e scoraggeranno i turisti”, osserva Tommy Colonna, titolare del Gambrinus di Gravina, nonché tra i fondatori della BarProject Academy di Bari.
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Pier Dal Mas[/caption]
Dalla Puglia al Friuli: “Il comitato tecnico scientifico parla con i rappresentanti di categoria, ma poi non tiene conto delle nostre esigenze. Penso, tra le altre disposizioni, a due contraddizioni: la somministrazione all’interno del locale è permessa ad Autogrill e affini e ai ristoranti che offrono il servizio di mensa, mentre è proibita a tutti gli altri, inclusi i ristoranti stellati che a prescindere dal Covid-19 mantengono sempre ben distanziati i tavoli per una questione di privacy. Inoltre, è discriminatorio permettere l’apertura solo a chi possiede un dehor. Primo, perché non tutti dispongono di uno spazio all’esterno. Secondo, perché l’uso di mangiare all’aperto in realtà non è diffuso in tutta Italia. Da noi tira spesso il vento e le pietanze si raffreddano subito, per esempio. E in montagna è anche peggio!”, osserva Pier Dal Mas, co-titolare del ristorante La Primula ( location d'eccellenza nei pressi di Pordenone), nonché presidente provinciale ristoratori di Pordenone e delegato provinciale per l'associazione italiana sommelier. “Un’ulteriore assurdità presente nel decreto: si può fare servizio al bancone ma il cliente deve prendere la consumazione, uscire e consumarla da seduto”, aggiunge.
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Oscar Quagliarini[/caption]
Non è finita. Le fasce di colore sono un altro immenso limite sotto molti punti di vista. Organizzativo e logistico, in primis. Ma anche psicologico. “Sono la prima cosa, insieme al coprifuoco, da metter in discussione. O meglio, da eliminare”, taglia corto Oscar Quagliarini, bartender consulente freelance residente a Senigallia. Noi siamo d’accordo con lui. E vorremo che venissero prese in considerazione misure diverse. Rischiamo il fallimento di un settore che ha un peso determinante sul PIL italiano. Ma non solo: in ballo c’è anche la salute psicologica di tutti noi, salute che passa dalla dignità della persona. Che, a sua volta, è legata al diritto al lavoro. E alla cultura. E allo sport…
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Tommy Scamarcio
ph. Nicole Cavazzuti[/caption]
Tommy Scamarcio, bar manager di Noh Samba Hagakura di Bari, afferma: “Io credo sia il momento di fare sistema, di unirci davvero e di chiedere in maniera forte di cambiare il decreto quanto prima”. Appoggiamo la sua posizione.
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Vincenzo Mazzilli[/caption]
Ma Vincenzo Mazzilli, titolare dello Speakeasy di Bari osserva: “Siamo tutti indignati, delusi, stufi. Ma non siamo capaci di fare sistema, purtroppo”. Ecco, sarebbe ora di dimostrare il contrario, secondo noi.
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