pubblici esercizi
16 Maggio 2021In tempi di Coronavirus, i gesti solidali si sono moltiplicati. E spesso sono venuti proprio da una ristorazione colpita duramente dalle disposizioni prese per contenere la pandemia. Dalle pizzerie chiuse dall’oggi al domani che hanno panificato donando alla comunità, come ha fatto Franco Pepe che ha continuando a tenere il forno acceso producendo pane e pizza per i senzatetto e attivando la consegna a domicilio per gli anziani di Caiazzo e Caserta, alle tante iniziative del “pane sospeso” che invitavano i clienti a donare ai concittadini più in difficoltà. Si sono create reti solidali di panetterie, che hanno donato alle associazioni di volontariato come Caritas o Croce Rossa i prodotti avanzati. Più recentemente Antonio Guglielmo, titolare di una panetteria a Martano, paese della Grecia salentina, ha pubblicato, via post su Facebook, un messaggio diretto alla comunità: “se qualche mio concittadino avesse bisogno di pane e non avesse la possibilità di acquistarlo, può passare dalla panetteria in centro a Martano. Esclusivamente dopo le 13,30 e avendone ovviamente la disponibilità. Lo regalerò volentieri!!! p.s. garantisco la massima discrezione”. Mentre negli USA sulla scorta del movimento BlackLivesMatter sono sorte innumerevoli iniziative – poi esportate anche in Europa – sotto il “cappello” di Bakers Against Racism: non solo panettieri, ma chef, pasticcieri e finanche semplici cittadini sono invitati a vendere i loro prodotti online cedendo almeno parte del ricavato a realtà sociali di supporto delle comunità afroamericane.
FORNI COMUNI, TRA STORIA E ATTUALITÀ
Il passaggio dei saperi e della cultura della panificazione è un’altra idea forte. Mettere le mani in pasta pare abbia un effetto terapeutico. Insegnare a fare il pane, ma anche farlo insieme e cuocerlo in un forno comune – dividendo spese e facendo festa con tutta la comunità – è un tratto proprio di molte parti del nostro Paese, a partire dai forni Walser presenti lungo l’arco alpino, dove si panificava due volte l’anno in condizioni estreme per scarsità della materia prima. Oggi la pratica è stata ripresa in chiave moderna: iniziative diverse, con il comune denominatore della valorizzazione dell’artigianalità, della cottura a legna, dell’uso di lievito madre e farine integrali o grani antichi e dell’attenzione alla biodiversità. Tra i vari progetti il forno sociale SPIGA (acronimo di Spazio di Panificazione Inclusivo per la Generazione Artigiana) nel quartiere Barriera di Milano a Torino. Uno spazio di incontro sociale – un bisogno che la pandemia ha portato alla luce dopo averlo drammaticamente limitato, ma anche un’esigenza sentita da tempo specie nelle aree urbane – di condivisione di lieviti, farine e saperi. Oppure il forno dei quartieri Carrassi, San Pasquale e Mungivacca nato lo scorso novembre a Bari, promosso dalle associazioni L.A.N. (Laboratorio Architetture Naturali) ed Effetto Terra.
PANETTERIA CONDIVISA
Leggermente diverso, ma sulla stessa onda di pensiero, il progetto di Irene Conti a Bologna, che ha lanciato un crowdfunding per aprire il suo Da Madre Ignota – Forno di comunità. Obiettivo? “Portare un po’ di campagna in città, ridare a questo alimento la sacralità quotidiana con cui veniva mangiato in passato e riprendere l’usanza di trovarsi in un luogo comunitario per infornarlo”. Il panificio, che aprirà a primavera, avrà varie anime: vendita al dettaglio e su ordinazione a realtà autogestite come Gas e a mercati locali, corsi di panificazione e, un giorno a settimana, porte aperte per chi vuole cuocere la propria pagnotta in compagnia (“ovviamente con mascherina, pinne ed occhiali” scherza Irene sulla presentazione nella piattaforma di crowdfunding territoriale ideaginger).
[caption id="attachment_185203" align="aligncenter" width="914"] da sinistra: Irene Conti e i pani del Forno di comunità (Foto: piattaforma GINGER per crowdfunding) ; Il forno dei quartieri Carrassi, San Pasquale e Mungivacca, a Bari (Foto: facebook Associazione Effetto Terra)[/caption]
PANE E LAVORO
Fare il pane è forse uno dei lavori più antichi del mondo, e per questo sono anche varie le iniziative che, negli anni, hanno utilizzato la panificazione come mezzo per dare una professionalità e un lavoro alle fasce cosiddette “fragili”, che hanno più difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. A partire dalle tante iniziative nate nelle carceri. Tra queste, Buoni Dentro, laboratorio di panificazione con punto vendita in Piazza Bettini a Milano che impiega alcuni giovani detenuti, sotto la guida e la supervisione di un maestro artigiano. “Non assumiamo persone per produrre pane, produciamo il pane per creare occupazione” mette subito in chiaro la pagina web. Una iniziativa che nel tempo ha raccolto parecchi consensi all’interno del quartiere periferico di Baggio. A Eboli c’è il Forno di Vincenzo, “una sperimentazione sociale che rimodula welfare e criteri assistenziali, sottolineando un nuovo modello di protagonismo attivo e autodeterminazione delle persone con disabilità”.
ZERO SPRECO SOLIDALE
Le iniziative di solidarietà hanno anche spesso come sfondo la volontà di non sprecare prodotti ancora buoni ma invenduti. Una necessità sempre più sentita e che incontra anche le esigenze di risparmio di clienti messi in ginocchio dalla crisi economica. La tecnologia, come in tutti i casi precedenti, dalla comunicazione via social alle piattaforme di crowdfunding, alle app no waste come Too good to go che vedono panetterie, bar e pasticcerie in prima linea nell’offrire prodotti da forno ancora freschi e fragranti ma che, a metà o fine giornata, vengono venduti a prezzi ribassati, anche di molto. Ma c’è anche chi, più prosaicamente, lascia le ceste con le pagnotte invendute fuori dall’uscio, a sera. Anche questa in fondo, è panetteria sociale.
MA COS’HA DI SPECIALE IL PANE?
Solidarietà, certo, ma non solo. Il pane è un alimento dal valore altamente simbolico, dal punto di vista antropologico, culturale e religioso. Presente già nel Neolitico – non lievitato e a base di orzo e miglio, i primi cereali utilizzati – “guadagna” la lievitazione grazie agli Egizi. Serve a sfamare ed è simbolo di fertilità e resilienza. È l’alimento che per primo si scambia e condivide, la sua assenza ha dato il “La” a rivolte (vedi l’assalto al forno nei Promessi Sposi) e alla madre di tutte le rivoluzioni, la Francese (però la frase “non hanno pane? Che mangino brioche” pare fosse precedente). Ma è anche carico di profonde valenze simboliche e religiose, presente in innumerevoli riti e occasioni di festività condivise (i “pani speciali”, per forma e ricchezza). Sarà per questo che intorno ad esso si aggregano, oggi come ieri, innumerevoli significati e iniziative. Rese, forse, ancora più rilevanti dall’emergenza Covid19, che sta mettendo a nudo i nervi scoperti della nostra società. Anche l’aspetto della memoria è fondamentale in un alimento come il pane. Arcaico è il profumo che sprigiona appena cotto, tanto che in alcuni casi è stato utilizzato in funzione “promozionale”, come in un albergo di Barcellona, il Praktik, che ha installato una panetteria nella hall, proponendo anche corsi di panificazione. Non tanto per attirare clienti, ma per farli sentire bene, a casa.
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