pubblici esercizi
27 Febbraio 2021
28 Posti è un piccolo scrigno su Navigli che propone un cucina creativa a un piccolo manipolo di aficionados (28 alla volta, appunto). Il ristorante al momento in modalità takeaway/delivery, ha deciso di affiancare ad alcune proposte riadattate per l’asporto, sughi pronti e pane un menu di quattro panini gourmet. Abbiamo chiesto allo chef Marco Ambrosino il perché di questa scelta. “Volevamo arrivare in casa dei nostri clienti direttamente, senza piatti da comporre come abbiamo fatto con la box del primo lockdown. Il panino è una cosa immediata, molto diversa dal ristorante”.
In che senso?
Nel senso che rappresenta il pasto informale. È stata una sfida personale, perché il concetto del panino che racchiude in sé e conclude un intero pasto è diverso dal piatto singolo, che s’integra con un menu. Ha anche un valore sentimentale, perché per noi il pane ha sempre avuto una grande importanza al ristorante tanto che maciniamo la farina al momento. Tecnicamente, anche se l’abbiamo pensato prima della chiusura per il pranzo, è più funzionale al delivery: si prepara in un quarto d’ora ed è pronto da mangiare.
Che tipo di pane usate?
Non deve disfarsi nel tempo e in certi casi può essere rigenerato, ma dipende dal panino. Contenuto e contenitore devono essere funzionali uno all’altro, con un rapporto equilibrato tra pane e ripieno.
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da sinistra: lo chef Marco Ambrosino (foto: Marco Varoli) ; la sala del 28 Posti a Milano (foto: DSL Studio)[/caption]
E al ristorante?
Abbiamo un pane rustico con farina integrale da grano di Tumminia che moliamo al momento. Lo cuociamo per essere perfetto all’ora del pranzo o della cena. Ci abbiamo messo due anni a elaborare la ricetta, il giusto rapporto tra crosta e mollica. Non ha un’acidità troppo spinta perché il pane acido, stile San Francisco, non fa parte della tradizione italiana, e anche perché amo già giocare con l’acidità nei miei piatti. Infatti usiamo un lievito madre poco idratato al 45% di acqua.
Come sta andando il delivery?
Devo dire bene ma con una premessa: anche se ci siamo ingegnati nessuno aveva voglia di farlo, è un mestiere diverso dal nostro, si fa per necessità non per scelta. Lo facciamo soprattutto per mantenere i contatti con i nostri clienti e anche per i nostri dipendenti che possono continuare a venire a lavorare.
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