25 Gennaio 2021

Verosimilmente poche storie come quella de I Magredi, azienda friulana, sono paradigmatiche dell’evoluzione storica del settore vitivinicolo in Italia. Innanzitutto, la location: siamo a San Giorgio della Richinvelda, due passi da Spilimbergo, centro pulsante della DOC Friuli Grave. Un territorio la cui vocazione vitivinicola non è certo una scoperta moderna, dato che la sua rinomanza era già nota ai romani, che stando a Tito Livio avevano qui un avamposto della loro migliore produzione fin dal 180 a.C. In questa zona peraltro, se vogliamo più defilata rispetto ai Colli Orientali o al Carso, le caratteristiche geomorfologiche sono differenti e peculiari. Il terreno, in particolare, che in una sorta di
calco dialettale (‘magretto’ è definito il sottosuolo, per via della quasi esclusiva presenza di scheletro, da cui I Magredi) dà anche il nome all’azienda, risulta straordinariamente adatto alla coltivazione della vite. È infatti costituito da ciottoli di origine alluvionale, sedimentati nel tempo, che rappresentano una specie di ‘batteria’ di energia solare per le viti, capaci di accumulare calore durante e il giorno e rilasciarlo di notte, permettendo alle radici di restare al caldo e non subire le brusche escursioni termiche che caratterizzano le pianure friulane. I Magredi, quindi, non a caso, sono qui fin dal 1968, da quando cioè il capostipite Otello fondò l’azienda, che di suo mantiene le caratteristiche di un’azienda agricola a tutto tondo, unendo alla coltivazione della vite attività di allevamento, produzione di biogas, seminativo e, ultimamente, produzione di energia elettrica tramite il fotovoltaico. Ovviamente all’interno di queste diversificate occupazioni, la viticoltura ha da sempre rivestito un ruolo di rilievo, soprattutto da quando alla guida dell’azienda subentra Michelangelo, che nel 1985 inizia un’operazione di svecchiamento delle modalità produttive. 200 ettari (che ora diventano circa 300, grazie ai vari conferitori), a cui dagli anni ’90 si garantisce una cornice nuova di zecca, grazie alla rinnovata cantina, e soprattutto si inizia, sempre negli stessi anni, a imbottigliare etichette a marchio. Una percentuale per ora limitata rispetto alla produzione globale (circa il 10%) ma destinata, nei prossimi anni, ad incrementarsi.
LA PRODUZIONE
Le caratteristiche del sottosuolo portano con sé una chiara impronta minerale più favorevole alla coltivazione dei vitigni a bacca bianca: ecco perché nella produzione de I Magredi a farla da padrone sono i territoriali più caratteristici, tra cui un peso particolare è rappresentato dagli ‘aromatici’, quindi Moscato, Malvasia e Traminer, cui si aggiungono Sauvignon Blanc, Ribolla, Friulano e Pinot Grigio. A completare la nutrita batteria di etichette ci sono un ormai raro Refosco dal Peduncolo Rosso, e, ovviamente, l’immancabile Glera, che ritorna in un Prosecco DOC dal timbro caratteristico. Proprio gli spumantizzati, insieme ai vini fermi, garantiscono completezza ad un gamma dall’eccellente rapporto qualità/prezzo, molto appetibile per la GDO ma soprattutto per l’HORECA. Riconoscibilità garantita da un’etichetta di sicuro appeal estetico ma anche dai contenuti, che collocano I Magredi, anche vista la potenzialità produttiva, tra le realtà friulane più interessanti per il prossimo futuro.
LE NOVITÀ
Le novità di casa saranno proprio sul versante della rivisitazione in senso moderno dei territoriali, la conferma della bontà dell’artigianato in campagna, che garantisce frutti dalla grande spinta minerale, del tutto caratteristica, e dello stile di cantina improntato alla bevibilità. Quindi Raboso in versione rosata, un Prosecco Brut Rosé, un bellissimo taglio Traminer/Sauvignon molto ambizioso e un prodotto tipico per le feste, un Moscato spumantizzato in versione Rosé. C’è inoltre allo studio una vera ‘chicca’, un Sauvignon prodotto di un ‘cru’, un ettaro e mezzo di vigneto spettacolarmente circolare che rischia di essere un ‘unicum’ nella viticultura italica.
DEGUSTAZIONI
Passando agli assaggi, partirei proprio dal Friuli Grave DOC Refosco dal Peduncolo Rosso 2018, un vitigno di sempre di difficile lettura: naso di mora di rovo con sfumature di macchia mediterranea, con bella speziatura, di cannella, in uscita, bocca tesa e densa, con tannini sapidi e ritorno, sul finale, della nota di piccoli frutti neri. Passiamo poi al Friuli Grave DOC Sauvignon 2019, che unisce bevibilità e tensione. Cedro, pesca-noce dalla polpa bianca e rosmarino in chiusura di olfazione, bocca densa, di bella tensione e croccantezza, con spalla acida avvolgente e finale con ritorno officinale/agrumato. Finiamo con il Prosecco DOC, in una versione peculiare. Mela golden, con sfumature di sfalcio di campo e chiusura con tocco officinale, di timo fresco, al naso, bocca compatta, finale con ritorno officinale.
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da sinistra I Magredi Prosecco DOC, Friuli Grave DOC Refosco dal Peduncolo Rosso 2018 e Friuli Grave DOC Sauvignon 2019[/caption]
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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