16 Maggio 2020

Hofstätter, storia di una cantina

di Luca Gardini


Hofstätter, storia di una cantina

Una storia per essere efficace deve essere narrata correttamente. Ecco perché voglio raccontarvi la storia della cantina J. Hofstätter, anche perché parlarne significa ripercorrere alcune tappe fondamentali della viticoltura, in Italia e in Europa, in una cruciale fase di transizione tra la metà del secolo scorso e i nostri giorni. La cornice, innanzitutto, dato che in questo caso è funzionale alla storia stessa. Per la precisione siamo a cavallo delle Alpi, versante trentino e versante alto-atesino, e c’entra, come nel migliore dei casi, l’Amore. L’azienda vinicola che porta il nome Hofstätter viene fondata nel 1907, a Termeno, in una sede che è ancora la stessa: un antico palazzo del XVI secolo, originariamente una stazione di posta. La locanda Schwarzer Adler (Aquila Nera), accoglieva i viandanti per una pausa di ristoro, affiancando alla cucina di Maria il vino della casa, prodotto da Josef Hofstätter, fabbro con la passione per le vigne. Dal 1936 in poi Josef decide di investire più sostanzialmente nella produzione enoica, con l’acquisto del maso Kolbenhof e un progetto a lungo termine sul Gewurztraminer. Dal 1942 la guida dell’azienda venne assunta dalla nipote Luise e dal marito Konrad Oberhofer, che sospingono la cantina nella modernità: vinificazioni separate con la menzione, in etichetta, delle vigne, uno sconvolgimento in un momento storico in cui il vino veniva ancora venduto sfuso.

GALEOTTO FU… L’AVVOCATO
Ma ecco che nella nostra storia spunta l’Amore, e lo fa sotto le spoglie di Sieglinde, figlia di Konrad, che decide di infrangere le tradizioni della sua gente dopo l’incontro con Paolo Foradori, famiglia di vignaioli, un futuro già scritto da avvocato: è un colpo di fulmine, che porta due famiglie con vigneti sui versanti opposti della Val d’Adige ad unirsi, dando vita ad un unicum. La dote maschile furono i masi di Mazon, dove sul finire del XIX secolo Ludwig Barth von Barthenau, carismatica figura di cattedratico/innovatore, impiantò per la prima volta il Pinot nero, una novità assoluta per l’Italia. In quel momento l’azienda Hofstätter ha un netto vantaggio competitivo: Gewurztraminer da una parte della valle, esposto a est intorno al maso Kolbenhof, in pieno sole, con forte escursione termica e terreni argillosi e calcarei, asciutti. Pinot nero dall’altra parte della vallata, esposizione ad occidente, correnti d’aria tiepide dal Garda e una protezione mirata dalle correnti d’aria fredda del Nord. Una posizione tuttora inimitabile per quel vitigno. Alle dotazioni naturali, comunque, vengono in pochi anni affiancate le conoscenze tecniche, è infatti ancora a Paolo Foradori che si deve l’introduzione della coltivazione a Guyot dalla Francia, in un momento in cui la pergola trentina era (ed è, tuttora) regina incontrastata. Una maniera di allevare il Pinot capace di estrarne il meglio, in termini di purezza di frutto e conservazione delle caratteristiche del vitigno. Ora, se si eccettua la – comunque clamorosa – esperienza di produzione del Riesling in Mosella, mediante l’etichetta Dr. Fischer - Hofstätter, sono circa 50 gli ettari su entrambi i versanti della valle, suddivisi in cinque diversi masi, un’altitudine che varia tra i 250 e i 750 metri, con in più l’esperienza di viticoltura eroica del maso Michei, 823 metri slm.

CRU ALLA FRANCESE
Ma è soprattutto la visione identitaria ad avere attecchito, dato che dopo anni di persistenza nella vinificazione separata e nella valorizzazione della singola particella, finalmente anche il disciplinare lo ha recepito: se in etichetta si indica il nome della vigna, il vino deve effettivamente provenire soltanto da quella. È, in embrione, il concetto di cru francese, un’indicazione che è sia tutela nei confronti del consumatore che, da un punto di vista aziendale, motivo di orgoglio per una vision adottata da più di 60 anni. La cantina, guidata dalle sapienti mani di Martin Foradori Hofstätter, figlio di Paolo, vive ora un momento di grande spolvero, confermata dai recenti assaggi delle nuove annate. La vendemmia 2019 fa già presagire un Gewurztraminer di qualità storica, un Sauvignon altrettanto scintillante ed un Pinot Nero che, nonostante le difficoltà, garantirà, dopo l’affinamento, un notevole standard qualitativo. Sono tanti – al solito – i progetti in cantiere, tra cui due che riguardano il Pinot nero in purezza, (uno esclusivamente da Maso Michei, gustosissimo), ma gli assaggi di Barthenau vigna S. Urbano e Vigna Roccolo 2016 confermano che la storia di Hofstätter è ancora in fase di scrittura, e che alcuni, luminosi capitoli sono ancora da venire.

Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.

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