16 Febbraio 2020
C’è aria di primavera attorno all’aperitivo. Un’aria di cambiamento che invita chi vede in questa occasione di consumo una voce importante del proprio business, a ripensare la formula e guardare a nuove possibilità. Magari, sfruttando la crescita di altre categorie. «Potrebbe rivelarsi efficace – suggerisce Matteo Figura, responsabile Foodservice NPD in Italia –, approfittare della crescita messa a segno dalla cena, studiando proposte in grado di attrarre clientela all’uscita dai ristoranti».
CAMBIA LO SCENARIO
La svolta potrebbe rivelarsi utile alla luce dei risultati registrati dalla ormai storica e collaudata formula dell’apericena. Dopo molte stagioni fortunate, l’abitudine di gustare un cocktail insieme alle pietanze offerte in un ricco buffet – che non di rado nelle zone del Nord e Centro Italia risultava un sostituto del pasto – sembra infatti avere perso smalto. «La ripesa generale cui stiamo assistendo – sostiene Figura – ha comportato un ritorno a uscite più strutturate. In buona sostanza, si frequentano più spesso i ristoranti e, per naturale conseguenza, si riducono gli appuntamenti meno impegnativi, sia sotto il profilo economico sia da quello calorico, come appunto quello dell’apericena. Il che conferma come la scelta di quest’ultimo non sia mai stata indotta tanto dalla necessità di socializzazione, quanto da esigenze di mero risparmio: con il prezzo di una sola bevanda, si poteva cenare. Ora, invece, si torna a consumare pasti strutturati: un bene per la ristorazione, in particolare quella a servizio completo, un problema per canali come bar e locali di intrattenimento che attraggono ben il 73% delle visite legate all’aperitivo».
NESSUNO ESCLUSO
Nelle visite legate all’aperitivo, spiccano Millennials e giovani adulti che fanno registrare quote più marcate rispetto alla media della ristorazione commerciale. Sulla linea, invece, gli avventori più maturi. Nessuna fascia di età ha comunque mostrato numeri in progressione, a conferma della fase di sofferenza generalizzata vissuta dalla categoria.
CHI SALE, CHI SCENDE
Questo scenario si riflette naturalmente anche nella scelta dei prodotti. «Cala tutto ciò che ruota intorno alla tradizionale proposta in cui si combinano bevande e cibo – chiarisce Figura –: flettono infatti vino, spumanti, apetizer e cocktail. Crescono, per contro, le referenze utilizzate maggiormente per consumazioni veloci, che spesso precedono il pranzo. Lo confermano le progressioni registrate da bevande dolci gasate e patatine».
QUESTIONE DI ABITUDINE
Tra le motivazioni che inducono la scelta di un locale per l’aperitivo, spicca l’abitudine: la voce “vado lì regolarmente” incide sul 17,8% delle visite. Alla sue spalle, il passaparola: decisioni e consigli di altri pesano per il 12,7%. A chiudere il podio, la qualità e l’offerta del cibo proposta, che condiziona il 12,5% delle occasioni di consumo.
PREVISIONI DIFFICILI
Allargando lo sguardo all’intera categoria, non si può comunque negare che sul cielo dell’aperitivo si addensi qualche nuvola. «È la sola occasione di consumo – spiega Figura – a muoversi in territorio negativo: tra luglio 2019 e giugno 2019 ha lasciato sul terreno l’1,7% in termini di spesa e l’1,8% in traffico rispetto all’omologo periodo precedente. La categoria ha così perso quote di mercato, passando dal 6,8% al 6,5% sul fronte del giro d’affari e dal 6,2% al 5,9% in relazione alle visite». E in un contesto tanto complesso «fare previsioni – conclude Figura – non è un esercizio semplice».
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