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08 Novembre 2016Silvio Faraone, non sei uno di quei bartender “sulla bocca di tutti”, ma non si può negare che sei un personaggio molto interessante… Come ti racconteresti?
La mia carriera dietro al banco comincia nel ’98 dopo una formazione alberghiera. Ho cominciato scegliendo di lavorare solo a fianco dei veri maestri barman. Avevo fame di imparare. All’inizio la gavetta è stata durissima, ma dopo qualche anno tra i bar della Milano by night, ho sentito di poter camminare sulle mie gambe e sono partito. Ho girato mezzo mondo finché non ho realizzato che il bartending era la mia vera passione. Oggi ne sono ancora più convinto vivendo nella mia dimensione: GinO12.
Cos’è GinO12? Un nome, un locale, forse anche un modo di essere?
GinO12 non è solo un bar. È un luogo di cultura e somministrazione. A noi piace il gin e ci piace raccontarlo. L’idea del locale è nata nel novembre del 2014 dopo un viaggio alle Canarie e si è concretizzata nel marzo del 2015. Abbiamo deciso di avviare questa esperienza perché ci siamo resi conto che a Milano mancava un bar che potesse fregiarsi dell’etichetta “gin bar” e che puntasse tutto sulla cultura del prodotto e non semplicemente sull’ampiezza della gamma. La nostra visione di gin bar è diversa da quella di una gintoneria: prestiamo attenzione maniacale anche alla scelta dei gin che utilizziamo in miscelazione. Per ora stiamo ricevendo enormi soddisfazioni, anche al di sopra delle aspettative.
Da GinO12 non vi limitate a servire al cliente un buon drink, ma gli spiegate cosa sta bevendo…
Ad oggi abbiamo oltre 90 referenze in lista e non abbiamo intenzione di averne centinaia. Per ogni gin abbiamo delle schede tecniche che contemplano origine, categoria, gradazione, metodo di distillazione, botanici utilizzati, note principali e via dicendo. C’è troppa offerta sul mercato e, come accade in mercati in espansione, anche tanti prodotti senza anima. Noi facciamo del nostro meglio per scegliere prodotti che rispondano a tre requisiti fondamentali: qualità, autenticità e tradizione. Questo non significa necessariamente gin di ultra nicchia.
Il panorama attuale al bar è cambiato anche grazie alla disponibilità di varietà di prodotto più ampie e a maggiori investimenti pubblicitari da parte delle aziende. Qual è il tuo rapporto con i brand?
Da GinO12 abbiamo un rapporto con i brand che definirei alla pari. Nei nostri primi 16 mesi di vita abbiamo organizzato diversi eventi con e per conto di brand in cui crediamo e che ci piace servire. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che il mercato non conosce. Siamo anche pronti a dire no quando riteniamo che un prodotto non si allinei alla nostra filosofia e al modo con cui approcciamo la categoria.
C’è chi parla di “gin mania” passeggera. Cosa pensi della miscelazione che ci aspetta prossimamente?
Chi parla di moda passeggera lo fa senza consapevolezza degli enormi investimenti che si stanno muovendo nel panorama mondiale del gin. Introdurre un nuovo prodotto (si pensi alla diversificazione nei barricati o nei dimenticati Old Tom), acquisire un marchio, avviare una micro distilleria significa fare investimenti irreversibili che generano ritorni nel lungo termine e non credo si tratti di un abbaglio globale. Per il futuro mi aspetto una stabilizzazione del consumo di gin in quantità e un’ulteriore crescita in qualità ma con una selezione naturale della specie. Non tutti i brand sopravviveranno. Credo che tra 10 anni nella mia bottigliera ci saranno solo quelli che non hanno mai smesso di puntare sulla qualità e che hanno continuato a investire in maniera seria in marketing, branding e distribuzione.
LA CLASSIFICA DEGLI SPIRITS DI SILVIO FARAONE
Gin e vermut: cosa ne pensano Silvio Faraone e Kevin Ragaven
Kevin Ragaven: la miscelazione in quattro parole
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