bevande
20 Novembre 2015
Autunno, ecco i vini da scoprire o riscoprire. Molti diranno che non occorre certo questa stagione per intraprendere un percorso del genere. Sbagliato, e lo dico pensando al meteo. Se l’estate e le vacanze sono un’occasione per apprezzare il vino senza troppe barriere concettuali, in occasione dell’autunno ritroviamo tuttavia quelle preparazioni che, basandosi su ingredienti più golosi e differenti metodologie di cottura, difficilmente si abbinerebbero a dovere con quei vini che spesso caratterizzano la stagione più calda dell’anno. Certo, qualcuno abbinerà l’Amarone alla sogliola bollita, ma se vogliamo cercare l’abbinamento ideale –non smetterò mai di ripetere che secondo me quello perfetto non esiste- dovremo rivolgerci a vini talora più complessi, spesso più strutturati, insomma differenti rispetto a quelli stappati in estate.
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La Scolca[/caption]
Dopo tanta teoria ecco la pratica
Risotto con i funghi? Vino bianco! Non vi suggerisco tuttavia uno Chardonnay, in Italia ne abbiano di eccellenti senza necessariamente varcare le Alpi, ma un Gavi, vino ottenuto da uva Cortese. Questa varietà un tempo faceva parte del mare magnum, visti i quantitativi mai appellativo fu più azzeccato, dell’Asti spumante, a cui conferiva struttura e profumi; insomma quasi tutto. L’uva, prevalentemente coltivata tra Piemonte e Liguria, riesce a coniugare un ricco bouquet di profumi dolci-aspri, con un sorso sapido e di struttura. Tra i tanti produttori vorrei suggerire la famiglia Soldati, qui l’omonimia con il famoso intellettuale è in realtà parentela, e la loro azienda chiamata La Scolca. Questa cantina realizza un vino (Gavi d’Antan), del tutto folle commercialmente visto che riposa per 10 anni sui lieviti, ma dal sorso quantomeno eccellente e complesso in grado, come detto, di affiancare un risotto ai funghi ma anche una faraona arrosto.
Cambiamo colore...
Cambiando colore vorrei passare al rosso, per altro uno a base Sangiovese. Non vi parlerò di un vino toscano, ma di uno proveniente dalla mia terra. La Romagna per anni ha svolto un ruolo purtroppo marginale in rapporto a questa varietà. Oggi non è più così per diverse ragioni. Il tarlo della qualità che ha, per fortuna, attecchito anche qui, oltre alla volontà di valorizzare quei territori che da Imola a Rimini hanno conformazioni geologiche molto diverse. Tra i pochi produttori che, in netto anticipo sugli altri, avevano capito che questa fosse la strada da seguire per la valorizzazione del binomio vitigno e territorio c’era, e c’è, Umberto Cesari e l’azienda che prende il suo nome. La cantina di Castel San Pietro, oggi guidata dal dinamico Gianmaria Cesari, ha sempre avuto un approccio imprenditoriale moderno, unito a un’attitudine produttiva essenziale.
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Tauleto[/caption]
Quale? Quella che lega il vitigno al miglior territorio possibile e ad una gestione della cantina lineare, che non snobba il legno ma lo dosa con equilibrio.Il vertice di questo approccio è il Tauleto. Un Sangiovese, completato da un piccolo saldo di Bursona Longanesi, dal tratto avvolgente, pieno, ma elegante. Ha la stoffa da grande vino senza dimettere una certa –scusate il deficit lessicale ma non saprei come altro definirla- ‘romagnolità’ che lo rende, gastronomicamente adatto, a svariati contesti. Una trasversalità che accompagna i primi piatti dei pranzi domenicali, le carni cotte alla brace per le ultime serate all’aperto con gli amici temperature pemettendo, sino agli arrosti lungamente cucinati.
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