26 Settembre 2012
Il momento dell’happy hour è una chiave interessante per leggere l’evoluzione della società italiana del fuoricasa. Dalla socialità un po’ esibizionistica e spensierata degli anni 80 e 90, alla trasformazione verso un momento “cuscinetto” tra impegni professionali e casa (dove incontrarsi diventa anche sciogliere le tensioni accumulate in una giornata impegnativa), ad una (in epoca di crisi) soluzione economica e piacevole alla cena (con il costo di un drink, si mangia) per giovani e meno giovani.Facciamo il punto oggi, e cerchiamo di tracciare le linee di possibile evoluzione per il momento dell’happy hour, uscendo dalle logiche – poco soddisfacenti – dell’offerta ad un prezzo sempre più competitivo. Il tema è quello di ridare valore ad un’occasione di consumo che sembra aver perso ultimamente carattere distintivo e che corre rischio – sotto la scure dei tagli alle spese da parte delle persone – di perdere terreno.
Le potenzialità
Le potenzialità per un rilancio ci sono tutte. I consumatori oggi sono molto attenti alla qualità dei consumi fuoricasa: se prendiamo l’ambito della ristorazione è evidente la crescita dell’interesse verso esperienze culinarie nuove, verso la qualità e le caratteristiche delle materie prime, verso i grandi protagonisti della scena gastronomica (gli chef “stellati”). Così forte è l’interesse che ormai le competenze individuali sia in termini di conoscenza che di saper fare (cioè di cucinare) sono un elemento di orgoglio e di esibizione sociale, nonché un know how costantemente alimentato da corsi, letture, frequentazione di nuovi locali…. Insomma, l’arte del cucinare e del presentare sono ben oltre l’essere una semplice “moda”: sono un valore sociale che permea la quasi totalità della società (anche in tempi di crisi).
Le scelte sul beverage
E sul lato del beverage e dell’happy hour cosa sta invece succedendo? Alcune produzioni enologiche (di grande qualità e non) e alcuni spiriti stanno investendo molto sulla comunicazione, ma i risultati non sembrano ancora eclatanti e rimangono confinati in una limitata cerchia di brand e di prodotti noti. Inoltre, la conoscenza e la consapevolezza dei consumatori sulla preparazione del drink sembra ancora inferiore. Alcuni chef sono ormai dei personaggi tanto noti quanto i calciatori o le soubrette, ma dove sono i barman? Diffusa è la conoscenza dei diversi tipi di sushi, ma quanti mai saprebbero prepararsi un buon negroni da soli?
Forse è arrivato il momento per l’happy hour di uscire dal limbo di una socialità veloce, in cui il consumo è solo teatro – poco valorizzato, poco percepito – di una socialità spicciola. Forse è arrivato il momento di lavorare sulla dignità del prodotto servito, a partire da una necessaria diffusione delle differenze e delle complessità di preparazione, di sofisticazione degli ingredienti, della magia del saper fare (del mestiere). Oggi la scelta dei consumatori al momento dell’aperitivo è concentrata su poche alternative, le più conosciute e banali. Già al momento della scelta occorre intervenire, proponendo il nuovo o il distintivo, affermando una competenza del locale distintiva e orgogliosa. Insomma, è ora di uscire dai cocktail standard, dalle logiche dei grandi volumi al minimo impegno. È ora di riappropriarsi di un saper fare e saper proporre di qualità. Altrimenti non ci sarà nessun piatto di pasta fredda o di salume affettato in accompagnamento al drink, che potrà contrastare la progressiva perdita di appetibilità di un consumo che, se banalizzato, non uscirà indenne da questi tempi di tempeste economiche.
4FOOD
4Food è una struttura di consulenza si occupa di concept di nuovi prodotti alimentari, del riposizionamento di quelli esistenti, di immagine coordinata e packaging, di art&food design e di retail design nel settore ristorazione.
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