caffè
07 Giugno 2016Avete mai sentito dire a un produttore di grappa: bevete la mia acquavite perché vi scalda nelle fredde giornate invernali? Ciò è ormai ricordo di un tempo che fu: l’evoluzione della grappa è stata infatti dominata dall’edonismo. Lo stesso dicasi per il vino: si è parlato molto del vino che fa bene, delle sue proprietà antiossidanti, del suo potere di elisir di lunga vita se consumato con moderazione.
[caption id="attachment_99915" align="alignleft" width="218"] La Miscela Bellezza, prodotto coreano vincitore con altri della medaglia d’oro a International Coffee Tasting Asia 2015, adotta un approccio edonico[/caption]
Eppure anche l’affermazione del bere di qualità è passata per la strada dell’edonismo. In breve il messaggio attuale è: bevete vino e grappa con moderazione, ma godeteveli fino in fondo, senza dovere ricorrere ad alcuna giustificazione sulla loro utilità. A me pare che sui social network il caffè invece sia raccontato quasi sempre in modo molto utilitaristico. Mi spiego: la mattina di lunedì, quando scorro il mio profilo Facebook, al di là di una tonnellata di foto di latte art più o meno ben riuscita, incontro sempre un certo numero di post che cercano di sollevare il morale a masse di lavoratori alle prese con la nuova settimana. La poetica che regola questo tentativo quasi filantropico di instillare energia nei muscoli di queste presunte orde di lavoratori-zombie è abbastanza semplice: una foto di un espresso o di un cappuccino più o meno ben preparati con l’invito esplicito a consumarli per darsi la carica. Il caffè come fosse una pillola da buttare giù per partire con il piede giusto: non un invito al piacere, ma la sollecitazione di un uso puramente utilitaristico. Rimanendo in tema medico, ecco sempre sui social un’altra comunicazione che tende a qualificare il caffè come un consumo utile più che edonico. È quella legata alle virtù benefiche del chicco: un invito a bere caffè perché ci fa bene. Non ho la competenza per giudicare quali tra le tante proprietà medicamentose della tazzina decantate dai social siano effettivamente reali. È certo però che anche in questo caso il puro edonismo non è abbastanza nobile da giustificare il consumo. Insomma, anche qui un approccio utilitaristico: bevi caffè perché ti fa bene. Invece a me piacerebbe vedere sempre più spesso una comunicazione che esuli da questa visione del dovere dare una ragione al nostro bere caffè. O meglio che ne desse una sola: bevilo perché ti piace, perché per lo stesso motivo bevi un bel bicchiere di vino, visiti una mostra d’arte o ti perdi nella bellezza di un paesaggio. E apprezzerei molto una narrazione legata a questo edonismo che spiegasse maggiormente i fattori umani e produttivi dietro alla tazzina: la coltivazione del caffè, le singole origini utilizzate nella miscela, la loro tostatura, la vita degli uomini e delle donne che, a tutti i livelli, permettono che una manciata di semi tostati ci dia emozioni e puro piacere. Non è alla fine questo il vero motivo per cui viviamo?
L’autore è Consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e Amministratore del Centro Studi Assaggiatori. Chi fosse interessato a contattare l’autore può farlo scrivendo a: carlo.odello@assaggiatori.com
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