mixology

26 Maggio 2025

Sang Real & Spirits. Il vino nei cocktail non è una bestemmia: è un rito


Sang Real & Spirits. Il vino nei cocktail non è una bestemmia: è un rito


In quanto spirits specialist, mi sono spesso trovata ad approfondire i distillati in tutte le loro declinazioni culturali e sensoriali. Ma sono nata e cresciuta a Montalcino, dove il vino è lingua madre, radice e orizzonte. Il vino — per me — non è mai stato semplicemente un prodotto, ma una presenza costante, un rito quotidiano, un’identità collettiva. E sì, talvolta anche ingombrante.

Per questo ho seguito con particolare coinvolgimento il dibattito sul ruolo del vino nella miscelazione. Non da osservatrice esterna, ma da figlia di una terra dove il vino non si tocca, e allo stesso tempo da professionista che crede nel potere delle contaminazioni intelligenti. Questo articolo nasce dal desiderio di ascoltare, confrontare, e soprattutto superare facili opposizioni.

Una precisazione: in queste pagine si parlerà principalmente di vini fermi non fortificati, ovvero quei rossi, bianchi e rosati che più comunemente vengono percepiti come “intoccabili” nella tradizione. Non verranno invece trattati gli spumanti, lo champagne, il prosecco e gli sparkling wines in generale, così come non ci soffermeremo sul vermouth, già da tempo pienamente legittimato nella mixology. Alcuni vini fortificati — come il marsala — verranno invece citati in quanto protagonisti di nuovi scenari contemporanei, capaci di coniugare memoria e innovazione. Il cuore del discorso resta però il vino fermo, che oggi inizia a trovare nuove forme di espressione nel bicchiere. Con rispetto, con tecnica e con visione.

PUO' IL VINO ESSERE MESSO NEI COCKTAIL?

A questa domanda — che sembrerebbe quasi tecnica, da addetti ai lavori — abbiamo assistito con attenzione e sete di senso, durante una delle tavole rotonde più dense di significato dell’intera edizione 2025 Florence Cocktail Week. E no, non si è parlato solo di gusto o di bilanciamento. Ma di identità. Di cultura. Di religione. Di corpo e spirito.

Accanto a noi, ospiti di grande profilo: Julian Short, bar manager del Sin+Tax di Johannesburg; il produttore Enrico Chioccioli Altadonna; i giornalisti Francesca Noce e Federico Silvio Bellanca. A moderare, Julian Biondi. In mezzo ai calici, le parole, le domande, e i drink portati da Short direttamente dal Sudafrica, preparati con vini fermi, ben lontani dalla rassicurante effervescenza del Prosecco. Vini “vivi”, ma non per questo necessariamente “naturali” in senso ideologico. Semplicemente protagonisti.

Tutto parte da una scena raccontata da Paola Mencarelli, direttrice artistica della FCW, durante un suo viaggio in Sudafrica: chiede a Julian un cocktail con ingredienti locali, e lui (senza esitazione) prende una bottiglia di vino, la versa nel jigger e la utilizza. “È normale”, dice. Lo fa ancora una volta nel secondo drink. Nessuna esitazione. Nessun senso di colpa. In Sudafrica, racconta, il vino nei cocktail è naturale. 

In Italia, invece, ancora no. Ma perché?

IL SANGUE, IL SOFFIO E LA RESISTENZA CULTURALE

Il vino, da noi, non è una semplice bevanda. È alimento. È sangue. È rito. Nel contesto cattolico, il vino è il Sang Real — il Sangue Reale, il sangue di Cristo. Non si beve per sete o diletto: si assume, si condivide, si consacra. Il vino è memoria, corpo, radice, discendenza.

I distillati invece sono altro. Sono spirits. Spiriti. Soffio. Elevazione. Evaporazione. Dove il vino ci lega alla terra, gli spirits ci sollevano dal corpo. Sono fuoco, sono alambicco, sono l’angel’s share — la parte che evapora e sale in cielo, secondo la romantica visione dei francesi (la part des anges). In fondo, le parole parlano per noi. “Liquore” deriva dal latino liquor, ciò che scorre. “Infusione” è un atto rituale, come la meditazione. “Alambicco” è simbolo alchemico, di trasformazione. “Offerta” è il drink che si serve. “Radici” è ciò da cui si viene, e ciò che il vino porta con sé. Le analogie tra sacro e miscelato non sono invenzione contemporanea: sono parte di un lessico millenario.

Eppure, l’idea di inserire il vino in un cocktail, in Italia, ancora oggi provoca reazioni viscerali. È come se si stesse profanando qualcosa. Come se mescolare il vino con gin o rum fosse un affronto alla sua sacralità. È come sbriciolare il pane dell’Eucaristia per fare pangrattato. Eppure, da un punto di vista storico, tecnico e simbolico, le cose sono ben più sfumate.

LA MISCELAZIONE COME TRASFIGURAZIONE 

Julian Short ha portato cocktail perfettamente bilanciati, strutturati, vibranti. In uno, il vino pulsava. In un altro, il Sangiovese vinificato in anfora di Chioccioli Altadonna diventava la spina dorsale del drink. Il vino non veniva coperto. Parlava. Era riconoscibile.

Lo stesso Enrico Chioccioli ha affermato chiaramente: “Il bartender ha la capacità di scomporre gli elementi e ricomporli in un’altra forma. Io, produttore, riconosco il mio vino, ma trasformato. E questo è bellissimo”. La miscelazione non è negazione. È trasfigurazione. È alchimia. È rito laico. È riconoscere nello Spirito (distillato) e nel Sangue (vino) due forme dello stesso mistero.

Se il vino nei cocktail ha già infranto un tabù, i vini dealcolati ne stanno affrontando uno ancora più profondo: la ridefinizione stessa del concetto di vino. Ottenuti attraverso tecniche come la distillazione sottovuoto, l’osmosi inversa o l’evaporazione controllata, questi prodotti conservano l’identità vitivinicola pur riducendo (o eliminando) il contenuto alcolico.

Si tratta di una categoria ancora giovane, che include sia vini completamente dealcolati (sotto lo 0,5% vol) sia parzialmente dealcolati. La loro accoglienza nel mondo tradizionale del vino è controversa, soprattutto per il timore di perdere quella complessità aromatica che da sempre è considerata cifra identitaria. Ma in un momento storico in cui il consumo consapevole e le esigenze salutistiche stanno ridisegnando le abitudini del bere, questa direzione diventa quanto meno interessante.

Nella mixology, i vini dealcolati aprono a nuove prospettive creative, permettendo la costruzione di cocktail a basso o nullo tenore alcolico, ma non per questo meno articolati. La possibilità di offrire alternative sofisticate senza rinunciare alla narrazione di un territorio o di un vitigno risponde esattamente alle richieste di una generazione che vuole scelta, qualità e inclusività. A confermarlo è anche il crescente spazio dedicato a questi prodotti in manifestazioni come Vinitaly 2025, dove i “no & low” hanno avuto finalmente una piattaforma autorevole.

Non si tratta di sostituire il vino così come lo conosciamo, ma di esplorare strade parallele che possano affiancare – e talvolta arricchire – l’esperienza del bere. La logica non è quella della sottrazione, ma della modulazione. E anche questa, in fondo, è una forma di rito.

UNA LINGUA COMUNE

Tutto ci porta a una domanda: Sang Real e Spirits, non sono due facce della stessa medaglia?

Entrambi nascono da un’idea di trasformazione. Il vino da fermentazione, lo spirit da distillazione. Il primo è sangue, il secondo è soffio. Ma entrambi condividono un lessico che parla di mistero, di essenza, di offerta, di sacralità quotidiana.

Come scriveva Soderini, “il vino non è una materia stabile, ma un corpo vivo che va trattato con intelletto.” A maggior ragione oggi, in un’epoca in cui tutto cambia, tutto si contamina, tutto cerca nuove forme. Miscelare non significa svilire: significa riconoscere valore anche fuori dal tempio.

Abbiamo bisogno di nuovi riti, non di nuovi dogmi. Di nuovi gesti, non di nuove regole. Di cocktail che possano raccontare la nostra complessità, la nostra memoria, le nostre contraddizioni.

Perché alla fine, come è emerso dalla tavola rotonda fiorentina, ciò che serve è una visione. “Non si tratta solo di mettere il vino nei cocktail,” ha detto Federico Silvio Bellanca, “ma di restituirgli una vita nuova, all’interno di un ecosistema che può valorizzarlo.”

Ed è questo il punto più alto del discorso. Non si tratta di sostituire un linguaggio con un altro. Si tratta di riconoscere che forse, già oggi, stiamo parlando la stessa lingua.

TAG: FLORENCE COCKTAIL WEEK

Se l'articolo ti è piaciuto rimani in contatto con noi sui nostri canali social seguendoci su:

Seguici su Facebook Seguici su Instagram

Oppure rimani sempre aggiornato sul mondo del fuori casa iscrivendoti alla nostra newsletter!

POTREBBERO INTERESSARTI ANCHE

15/12/2025

Cloud Dancer non solo è il Pantone del 2026, ma è anche il colore di Ginarte, etichetta che la distilleria romana Pallini propone per rendere speciali gli aperitivi e le serate delle prossime...

15/12/2025

Aicomlogic dà il via in Italia alla distribuzione in Italia di vorreimenu.it, la piattaforma “all-in-one” che ridefinisce il concetto di menù digitale, superando definitivamente il semplice QR...

15/12/2025

Traccia un bilancio del 2025 TheFork Manager, che nel corso dell’anno ha introdotto funzionalità pensate per offrire un’esperienza ancora più affidabile, mobile friendly e soprattutto...

15/12/2025

Costadoro S.p.A. comunica la scomparsa di Duccio Abbo, figura chiave nella storia e nello sviluppo dell’azienda torinese. Fondata nel 1890 al numero 10 di via Pietro Micca a Torino dal commendator...

 





Iscriviti alla newsletter!

I PIÙ LETTI

Il presidente di Bazzara e ideatore, insieme al fratello Mauro, del Trieste Coffee Experts, invitano a seguire in streaming l’ottava edizione del summit per non perdere gli interventi dei...


C'è anche Roberto Pierucci, ceo di RCR Cristalleria Italiana, tra i premiati dei CE Italian Awards 2025, co-organizzati da Business International – la Knowledge Unit di Fiera Milano SpA – e...


Si chiama Alba la nuova linea di refrigerazione pensata per i segmenti Food&Beverage e Horeca. Presentate in anteprima durante l'ultima edizione di Hostmilano - il lancio commerciale è...


È tutto pronto per l’ottava edizione del Trieste Coffee Experts, di cui Mixer sarà Media partner. La community del caffè sta per riunirsi presso il Savoia Excelsior Palace di Trieste per due...


I VIDEO CORSI







I LUNEDÌ DI MIXER

Il Lunedì di Mixer è tornato. Ogni settimana un appuntamento fisso con le ricette (e i consigli) di Giacomo Fiume, founder di The World of Distillery, oltre che del ristorante...


Il Lunedì di Mixer è tornato. Ogni settimana un appuntamento fisso con le ricette (e i consigli) di Giacomo Fiume, founder di The World of Distillery, oltre che del ristorante Osteria San Giovanni...


Il Lunedì di Mixer è tornato. Ogni settimana un appuntamento fisso con le ricette (e i consigli) di Giacomo Fiume, founder di The World of Distillery, oltre che del ristorante...


Il Lunedì di Mixer è tornato. Ogni settimana un appuntamento fisso con le ricette (e i consigli) di Giacomo Fiume, founder di The World of Distillery, oltre che del ristorante...


Il Lunedì di Mixer è tornato. Ogni settimana un appuntamento fisso con le ricette (e i consigli) di Giacomo Fiume, founder di The World of Distillery, oltre che del ristorante Osteria San Giovanni...



È andata all'amaro Amara la medaglia d'oro della Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles: il riconoscimento, ottenuto a due anni di distanza da quello al World Liqueur Awards, è frutto...


Quine srl

Direzione, amministrazione, redazione, pubblicità

Tel. +39 02 864105 | Fax +39 02 72016740 | P.I.: 13002100157

©2025 - Tutti i diritti riservati - Responsabile della protezione dati: dpo@lswr.it
Privacy Policy

Top