bevande
30 Maggio 2019
L'agroalimentare, insieme con farmaceutica, arredamento e moda spingono la crescita dell'export italiano. E' quanto emerge dal rapporto di Sace Simest presentato a Milano, a Palazzo Mezzanotte. Per qunato riguarda i singoli settori, le dinamiche attese per il 2019 indicano un "fenomeno di convergenza": rispetto allo scorso anno, in cui le differenze di crescita tra i settori erano più marcate, nel 2019 i raggruppamenti cresceranno tutti a tassi compresi tra il 3,1% e il 3,8%.
Saranno i prodotti agroalimentari - e in particolare alimentazione e bevande - a spingere le nostre vendite all'estero nel 2019 (+3,8%), seguiti dai beni intermedi, che grazie alla farmaceutica contribuiranno in maniera positiva alla dinamica delle nostre esportazioni (+3,6%), i beni di consumo, con in prima linea abbigliamento e arredamento (+3,4%) e infine i beni di investimento, raggruppamento che ha il maggior peso sul nostro export (40% del totale), che cresceranno a un ritmo leggermente inferiore rispetto agli altri (+3,1%), complici l'incertezza globale e le difficoltà del settore automotive.
Nel 2019 in crescita del 3,4% - Dopo aver chiuso un 2018 con aumento del 3,1%, l'export italiano è pronto a proseguire il suo cammino a un passo analogo anche nel prossimo futuro, con previsioni di crescita al 3,4% per il 2019, che saliranno al 4,3% medio annuo nel triennio successivo 2020-2022. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto sull'export realizzato dal polo Sace Simest "Export Karma: il futuro delle imprese italiane passa ancora per i mercati esteri". A questo ritmo, le vendite estere di beni italiani - prosegue il rapporto - arriveranno a toccare il valore di 500 miliardi nel 2020, superando i 540 miliardi nel 2022. In crescita anche l'export di servizi, che entro il 2022 dovrebbe superare quota 120 miliardi di euro.
Con dazi effetto riduzione 0,2% - Gli effetti di un'escalation protezionistica portata avanti dagli Stati Uniti potrebbero essere significativi sia per le economie più direttamente coinvolte, sia a livello globale, in considerazione degli impatti sulla fiducia degli operatori e sulle catene del valore. Se gli Usa decidessero, nel corso del 2019, di imporre un dazio del 25% su tutti i prodotti provenienti da Pechino e sulle importazioni di autoveicoli dal mondo, le ripercussioni negative si estenderebbero a "macchia d'olio sull'intero sistema del commercio internazionale". In caso di una simile escalation, le esportazioni italiane di beni verso il mondo aumenterebbero più lentamente (-0,2 punti percentuali nel 2019 e -0,6% nel 2020), con impatti ancora più marcati per le nostre vendite verso gli Stati Uniti (-0,7% nel 2019, -1,1% nel 2020). A questo vanno aggiunti gli effetti di ulteriore rallentamento che una simile escalation potrebbe avere sull'economia cinese. Questo aggraverebbe ulteriormente l'impatto sulle esportazioni italiane di beni complessive, le quali sarebbero inferiori di 0,8% nel 2019 e 1,7% nel 2020. Infine non è da sottovalutare l'eventuale rallentamento della Germania, prima geografia di destinazione delle nostre merci e, più in generale, un'economia strettamente connessa a quella italiana.
Guarda la videointervista ad Alessandro Terzulli, Chief Economist di Sace, sui settori del made in Italy di maggiore successo all'estero
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