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29 Gennaio 2024Il mondo delle nuove bevande low e no alcol oggi rappresenta una piccola nicchia di mercato in Italia, ma molto dinamica. Lo dimostra il successo inaspettato che ha riscosso No/Lo Bolo, la prima fiera dedicata agli operatori di questo segmento organizzata a Bologna da tre ragazzi, Sofia Girelli, Nicolò Pagnanelli e Riccardo Astolfi.
Nicolò, come è nata l’idea di No/Lo?
Nel mondo delle nuove bevande analcoliche e dealcolate o poco alcoliche c’è un grande bisogno di costruire una comunità di produttori. Tanti ne stanno nascendo, ma manca il contatto tra loro per generare partnership, contaminazioni e stimolare l’innovazione e l’evoluzione del mercato. I riscontri positivi rispetto alla partecipazione a No/Lo Bolo ci hanno confermato questa necessità. Abbiamo riunito a Bologna 27 produttori, la capienza massima per gli spazi di Zoo Your Comunity Bakery che avevamo individuato per l’evento, ma avremmo potuto portarne anche di più.
Cosa proponevano questi 27 produttori?
Erano prevalentemente produttori di kombucha (che è la bevanda più rappresentativa del segmento no/low alcol), un produttore di kefir d’acqua, produttori di sostitutivi degli spirits più consumati, ma senza la componente alcolica, come amari, spritz aperol, ecc., un distributore di birre analcoliche, distributori di bevande alcoliche che stanno ampliando il proprio catalogo per esempio con il gin zero alcol ed era presente anche Amore Liquido, il primo distributore italiano che si dedica esclusivamente a questo segmento. Nessun rappresentante di vino dealcolato ma tanti proxy wine, cioè quei produttori che mirano a ricreare in bocca la complessità di un vino, quindi anche il tannino e l’acidità, non partendo dall’uva ma attraverso stratificazioni di elementi botanici, di spezie, succhi e radici.
Quali sono i numeri del mercato no e low alcol?
Nel 2023, nei dieci Paesi di riferimento per la categoria (Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sudafrica, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, ndr) che raccolgono il 70% ca dei volumi complessivi, il no/low alcol ha raggiunto un giro d’affari di 12 miliardi di euro, registrando una crescita del 5% ed è previsto un ulteriore incremento del 6% entro il 2027 (fonte: Iswr, ndr). A sostenere questo segmento è la generazione Z disposta a sostituire con molta versatilità le bevande alcoliche con quelle non o poco alcoliche ed è attratta dalla grande sperimentazione che si sta facendo attorno a queste nuove referenze. Quindi un cambio di passo rispetto all’atteggiamento delle generazioni precedenti che invece vivono questa sostituzione come una rinuncia.
Negli Stati Uniti e nel Nord Europa questo mercato è già molto sviluppato in particolare per la kombucha. In Italia però i consumatori sembrano non amare la componente acetica che caratterizza molte di queste bevande.
È questione di tempo, è un’evoluzione del gusto che avrà luogo lentamente esattamente come è avvenuto con i vini naturali. È l’inizio di una nuova onda e anche la qualità dei prodotti andrà progressivamente affinandosi magari proprio smussando gli aspetti più ostici per renderli affini ai gusti del consumatore italiano. Ci sarà un percorso in cui combaceranno l’accettazione del gusto, da un lato, con la qualità e i risultati finali delle referenze, dall’altro.
Come vengono distribuiti questi prodotti?
Per ora, a parte il distributore citato prima e qualche eccezione, avviene in maniera diretta.
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