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15 Marzo 2021Limitati dalle difficoltà di spostamento e dalle chiusure imposte dalla pandemia, i consumatori hanno deviato una parte dei propri consumi sui canali della grande distribuzione, senza necessariamente preferire le grandi superfici.
Il 2020 per la Gdo è stato di conseguenza un anno eccezionale al punto da far parlare di bolla. La notizia, a dire il vero non del tutto inaspettata, è confermata dalla nuova edizione dell’Osservatorio di Area Studi Mediobanca sulla Gdo italiana e internazionale a prevalenza alimentare che aggrega i dati economici e finanziari di 117 aziende nazionali e 27 maggiori player internazionali per il periodo 2015-2019.
Il 2020 della distribuzione moderna dovrebbe chiudere con un progresso del 5%, di cui l’1% attribuibile al boom del canale online. Incrementi significativi per discount (+8,7%), super (+6,8%) e drugstore (+6,6%). Per drugstore si intendono i retailer specializzati in prodotti per la persona e la casa come a titolo esemplificativo marchi quali Tigota, Lillapois, Acqua&Sapone. Il sistema nel suo complesso dovrebbe ripiegare dell’1,6% nel 2021, segnando nel biennio un aumento del 3,3%. Continua la crisi delle grandi superfici che si prevede perderanno il 4,8% nel biennio 2020-21.
L’ecommerce (+60% nel 2021) potrebbe arrivare al 3% del mercato già nel 2021, due anni in anticipo rispetto al 2023 previsto prima della pandemia. Nonostante questi dati però il segmento continua a registrare margini negativi. A tal proposito Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, ha spiegato a Radio 24 come la redditività per il punto vendita sia fortemente compromessa dai costi della consegna, che per una spesa media di 50 euro incidono sul margine per circa 7 euro. Segnale che a lungo andare la lotta con i giganti dell’ecommerce, che traggono profitto dallo sfruttamento della profilazione del cliente, sarà difficilmente sostenibile.
POSSIBILE INTERPRETAZIONE DEI DATI
Questi dati riflettono verosimilmente quanto accaduto l’anno scorso con la pandemia: lockdown, chiusure, distanziamento sociale hanno fatto schizzare gli ordinativi online ma hanno anche imposto agli operatori e accelerato gli investimenti in tecnologia per soddisfare le richieste dal canale online, investimenti che ora vanno ammortizzati su più anni.
Così, una parte dei consumatori, di certo i più colpiti dalla crisi economica, ha dato la sua preferenza ai discount che offrono prodotti a prezzi più convenienti, mentre più in generale ci si è orientati verso store di piccole o medie dimensioni, nella speranza di evitare assembramenti. Si può spiegare in questo modo il perdurare delle difficoltà delle grandi superfici e, al tempo stesso, un ritorno d’interesse verso superfici piccole e presenti più in prossimità.
RITORNO SUGLI INVESTIMENTI (ROI)
Ed è proprio sui margini che si gioca la sfida principale per il 2021. Il Roi (anche detto indice di redditività del capitale investito) del sistema è calato al 4,9% del 2019 dal 5,6% medio del 2015-2017. La tendenza in calo interessa tutti i segmenti che pure segnano livelli molto diversi: i discount dal 20,1% al 16,6%, la distribuzione organizzata dall’8,8% al 7,8% e la grande distribuzione dal 6,7% al 4%. La stessa dinamica si osserva per l’ebit margin: dal 2,5% del 2015-2017 al 2,1% del 2019, con i discount in questo caso in lieve crescita dal 4,7% al 4,9%, la distribuzione organizzata in calo dal 2,8% al 2,4% e la grande distribuzione in flessione dal 2,9% all’1,9%. In questo contesto spicca la notevole performance dei 32 drugstore italiani che hanno realizzato nel 2019 vendite per 3,6 miliardi +5,1% sull’anno precedente e facendo segnare un ebit margin al 4,6% e un Roi al 12,3%.
NEI CONTI DEI SINGOLI OPERATORI
Entrando nel merito dei conti dei singoli operatori l’Osservatorio mostra alcune curiosità. Lidl Italia primeggia per crescita delle vendite tra il 2015 e il 2019: +8,7% medio annuo, seguita da Eurospin e Agorà appaiate al +7,6%. Segue il trio Lillo-MD (+6,9%), VéGé (+5,3%) e Crai (+5,2%). In termini di redditività del capitale investito al primo posto figura Eurospin (20,2%), seguita da Lillo-MD (16,5%), Agorà e Lidl Italia al 12,9% e Crai all’11,9%. I restanti operatori sono sotto la doppia cifra, capeggiati da VéGé al 9,1%. Supermarkets Italiani si conferma regina di utili cumulati tra il 2015 e il 2019: 1.340 milioni di euro, seguita da Eurospin a 1.016 milioni, Conad a 879 milioni e VéGé a 839 milioni. Carrefour ha cumulato perdite per 603 milioni, Coop per 252 milioni. Coop Alleanza 3.0 è la maggiore cooperativa italiana con vendite nel 2019 pari a 4.043 milioni, seguita da PAC 2000 A (Gruppo Conad) a 2.851 milioni e Conad Nord Ovest a 2.586 milioni che precede Unicoop Firenze a 2.320 milioni.
Tra le venti aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di euro, alcune hanno segnato nel 2019 performance rilevanti in termini di Roi: è il caso di Verofin (Tigros) al 18,2%, Gruppo Arena al 18%, SC Evolution (Iperal) al 15,8%, Supermercati Tosano Cerea al 15,3%, Cannillo (Maiora) al 15,2% e Mega Holding (Megamark) al 15,1%. I venti operatori fatturano complessivamente 20,6 miliardi, sono cresciuti nel 2019 del 5,9% e segnano un Roi medio del 7,9%. Nel complesso si posizionerebbero alle spalle dei discount, ma con un Roi pari a circa la metà.
La classifica per Roi comprensiva dei retailer internazionali e di quelli italiani vede primeggiare l’australiana Coles (31,3%), seguita dall’italiana Eurospin (20,2%), dall’altra australiana Woolworths (19,8%), dalla statunitense Target (18%) e ancora dall’italiana Lillo-MD (16,5%).
BENE LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Il tema della sostenibilità ambientale è ampiamente trattato sui siti dei principali operatori della Gdo, sia italiani sia internazionali. L’Osservatorio evidenzia come la quota di rifiuti differenziati è pari al 75,1% in Italia e al 71,7% all’estero, mentre il fabbisogno energetico è allineato: circa 450 kWh per mq, ma i retailer italiani sono meno impattanti in termini di intensità carbonica: 136 kg di CO2 per mq contro 208 kg.
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