16 Aprile 2020
Enrico Gonzato, trentenne veronese, può dire di aver iniziato a respirare l’aria di un bar ben prima di venire al mondo, infatti sua madre quando era in dolce attesa, lavorava nel locale di famiglia. Enrico prepara il suo primo caffè alla tenera età di 7 anni, aiutato dalla nonna e, compiuti i 16 anni, inizia a lavorare nel bar-hotel di famiglia. Da li, la strada verso il successo è praticamente segnata. Oggi è Hotel Bar Manager al The Mezzanine bar dello Stratford Hotel di Londra e il suo nickname Vivimiscelato la racconta lunga su di lui e sul suo stile di vita.
Enrico, la strada da Caldiero (Vr) a Londra è lunga. Puoi raccontaci com’è stato questo percorso?
La mia famiglia possiede un bar e un hotel a Verona dal 1871. Sono nato e cresciuto in questa azienda di famiglia. Tutta la mia vita ha sempre ruotato intorno all’ospitalità. Ho iniziato a lavorare nel locale di famiglia, il Bar Bareta, quando avevo 16 anni e mi sono innamorato subito di questo stile di vita, l’oste. Ho sempre cercato di migliorare le mie conoscenze nel mondo del bar, partendo come barista e cameriere di sala. Mi sono sforzato di imparare tutto quello che potevo sull’arte del bartending, oltre a gestire i doveri quotidiani riguardanti l’azienda, ma soprattutto ho imparato a capire le persone, le loro esigenze e a come renderle felici. Di conseguenza ho iniziato a studiare ‘ospitalità’, specializzandomi come bartender e, successivamente, come sommelier. Ho lavorato in club, cocktail bar e hotel di lusso. Per due anni sono stato Head Bartender in uno dei resort/spa più lussuosi d’Italia situato sul Lago di Garda. Alla fine, ho deciso di proseguire la mia formazione nell’arte dell’ospitalità e nel mondo della mixology. Ispirato sempre più dalle persone, che ritengo i miei più grandi mentori e punti di riferimento, speravo un giorno di poter lavorare a Londra e, magari, avere l’opportunità di conoscere i nomi più prestigiosi del settore. È sempre stato un mio sogno lavorare in uno degli hotel che rappresentano un’istituzione in fatto di ospitalità e tradizione al mondo, come il The Connaught Hotel. Il mio piccolo grande sogno si è realizzato definitivamente il 26 ottobre 2014, quando ho iniziato a lavorare come Casual Barback nel prestigioso Coburg Bar del The Connaught Hotel a Londra.
Raccontaci la tua esperienza al The Connaught di Londra.
Entrare al The Connaught hotel è un po’ come varcare la soglia di un altro mondo, un mondo magico, creato per regalare momenti indimenticabili agli ospiti che lo visitano. Ho avuto la fortuna di conoscere Agostino Perrone, il Master Mixologist del Connaught Bar. Agostino mi ha ispirato e aiutato molto sull’arte dell’ospitalità nel lusso e nella cultura e, tutt’ora, considero Agostino uno dei miei più grandi mentori. Durante i miei due anni e mezzo al Coburg Bar, ho avuto la possibilità di perfezionare la mia formazione. Ho partecipato a training di formazione presso i vari dipartimenti del The Connaught Hotel. Ho lavorato in pasticceria per imparare le tecniche e le basi delle preparazioni. Successivamente, come sommelier presso il ristorante dell’hotel che conta 2 stelle Michelin, Helen Darroze. Una delle più dure e formative esperienze che ho appreso è stata quella di lavorare con gli standard di Servizio LQA. Il Connaught è una fonte quotidiana di nuovi rapporti e opportunità. Durante la mia esperienza lavorativa al Coburg Bar, ho avuto la fortuna di poter vivere qualche settimana a New York, nel 2016, in due tra i più importanti cocktail bar: il Dead Rabbit Bar e il Black Tale. Questa esperienza mi ha aperto la mente a un nuovo concetto di bar moderno. Il Coburg Bar rimarrà senza dubbio uno dei capitoli della mia carriera più formativi e indimenticabili, in particolare per le persone che ho incontrato.
Cosa significa creare una drink list e quanto lavoro si nasconde dietro i tuoi cocktail?
Creare una drink list non ha una regola precisa: deve essere sempre pensata in linea con il team di lavoro, il locale e la sua identità ma, soprattutto, la tipologia di clientela che lo frequenta. La vision e la mission in questo caso credo siano dati fondamentali. La drink list del Mezzanine, che ho potuto studiare grazie anche al mio fantastico team, presenta tecniche moderne per i grandi classici, in modo da creare una selezione di cocktail d’autore ispirati alla scena newyorkese degli anni ’30-’60. L’obiettivo è quello di coinvolgere tutti coloro che visitano The Mezzanine per avere l’opportunità di plasmare e influenzare ciò che diventiamo. Il nostro obiettivo è essere completamente trasparenti e creare il bar perfetto: un’esperienza di comfort perfetto, concentrandosi sulla semplicità senza tempo di rimettere il controllo nelle mani dei clienti. Il menu è ampio e unico, con quattro sezioni di cocktail distintivi e una vasta selezione di whisky, anche rari, Small Batch provenienti da Giappone, Scozia e America. C’è anche un focus su Cask Strengh and Finished Barrel Cask, così come una varietà di piccole bottiglie di produzione come il giapponese Whiskey Suntory Yamazaky Bourbon Barrel, Karuizawa 1999-2000 Casck Strengh; Rum come Clarin Sajous, Caroni 1996 o Single Malt Whiskey, The Macallan Director’s Special. Il menu dei cocktail è diviso in Cocktail Signature; una selezione permanente di classici re-immaginati, Cocktail Effervescent, tre bevande saporite leggermente frizzanti, Euphoric Cocktails; una selezione inebriante di pura indulgenza e cocktail revelatory; una scoperta di gusto e innovazione. Il menu è studiato in chiave sostenibile, con il team che si avvicina il più possibile allo spreco zero creando ingredienti riutilizzati nel laboratorio che c’è in loco. Nello specifico, il menu attraversa diverse fasi: richiede fino a un mese di preparazione e consiste nel proporre una prima idea, un concetto, attraverso un brainstorming e l’ulteriore sviluppo con il team. Quest’ultima fase richiede fino a tre settimane di lavoro e consiste nel creare una proposta completa basata sull’idea che ho fornito al team. Successivamente, lavoriamo sullo sviluppo del sapore. Questo processo può richiedere fino a un mese in quanto deve essere studiato molto a fondo. Usiamo questo tempo per condurre ricerche in termini di sapori, miscele e tecniche. Infine, si arriva allo sviluppo del cocktail che include il bilanciamento dei sapori e la presentazione del drink. Dopo l’approvazione di tutti i cocktail, viene creato il menu. Colgo l’occasione per ringraziare il mio team, composto da Cesare Caporali, Jack Porter, Marcello Cauda, Serge Ventrella, Andrea Costa, Hugo Perriera, Nicola Diana e Alex Patel per il continuo supporto e l’energia che mi trasmettono. Sono orgoglioso di aver creato il mio primo menu con loro e non vedo l’ora di terminare il secondo.
Grazie alla tua partecipazione nell’area Mixer Educational di Host, abbiamo potuto carpire alcuni dei tuoi segreti per realizzare degli homemade partendo da elementi che di norma vengono scartati. Perché secondo te è importante il ‘no waste’?
Non vogliamo insegnare niente a nessuno ma solo sensibilizzare i nostri colleghi e gli ospiti sull’importanza della sostenibilità del nostro pianeta e la cura dei suoi prodotti. Questo processo ci permette di creare tecniche moderne di estrazione e il riutilizzo di materie prime ancora buone che solitamente sarebbero scartate. In particolare, in strutture alberghiere dove gli sprechi sono elevati.
Sei il bar manager di uno dei 5 locali più importanti di Londra: responsabilità o traguardo? Come vivi questa fase della tua carriera?
Sicuramente, si tratta della mia più grande sfida, ma anche di un eccitante punto di partenza e di grande responsabilità nei confronti del mio team e dei nostri ospiti.
Puoi svelarci qualche nuova tendenza a Londra? Cosa ci aspetta in futuro secondo te?
Credo che la nuova tendenza sia quella di tornare alla semplicità, con stile, eleganza e un pizzico di pazzia. Vorrei valorizzare il senso genuino dell’ospitalità e il rispetto tra colleghi. L’attenzione al dettaglio credo sia anche fondamentale per rendere unico ogni momento che il cliente passa con noi. Poi vi è la ricerca di tecniche innovative sempre in linea con l’identità della struttura in cui si lavora; anche se l’importante per me è non eccedere mai per soddisfare il nostro ego o quello dei social media.
Parlando di futuro, hai qualche nuovo progetto? Dove ti vedi tra 10 anni?
Al momento sono molto concentrato sullo Stratford Hotel, la mia crescita manageriale, e la leadership nel mio team per creare un progetto speciale. Tra dieci anni non credo sarò ancora a Londra, ma sicuramente sentirete ancora parlare di Vivimiscelato.
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