pubblici esercizi
07 Agosto 2020Magari non ci abbiamo ancora fatto troppo caso, ma l’Intelligenza Artificiale è già oggi una compagnia costante delle nostre giornate. Abbiamo a che fare con l’AI (Artificiale Intelligence) quando pronunciamo “Ok Google” o “Hey Siri” per attivare funzioni e applicazioni sullo smartphone, quando interagiamo con un chatbot su internet per avere informazioni e assistenza su un servizio o un prodotto, quando cerchiamo su una mappa digitale il percorso più veloce per arrivare in un certo posto a una certa ora.
Ma è solo l’inizio. Perché l’AI è destinata a rivoluzionare i processi aziendali, le dinamiche lavorative e la relazione con i clienti in tanti settori, compreso quello dell’HoReCa. E non serve far lavorare troppo la fantasia per prefigurare scenari fantascientifici: le prime applicazioni sono già realtà o sono prossime al debutto, almeno in forma sperimentale. Il che significa, data la velocità dello sviluppo tecnologico nel terzo millennio, che per gli tutti gli operatori del settore il momento è quello giusto per capire come si evolverà il business nel prossimo futuro, che è adesso! Domani sarà già troppo tardi.
Lo scorso marzo, il colosso mondiale dei fast food McDonald’s ha messo a segno la sua più grande acquisizione da vent’anni a questa parte sborsando 300 milioni di dollari (stando a quanto riportato da Bloomberg) per la startup israeliana Dynamic Yeld. Che, non a caso, ha sviluppato una tecnologia basata su algoritmi di intelligenza artificiale per l’elaborazione di menu personalizzati attraverso l’analisi dei dati delle preferenze dei clienti. Quindi, integrando la tecnologia di Dynamic Yeld nelle proprie piattaforme digitali – dai display touch per effettuare gli ordini nei ristoranti alle app mobili – McDonald’s potrà proporre a ogni cliente un’offerta “su misura” sulla base di cibi e bevande già scelti e tenendo conto in tempo reale di variabili quali disponibilità di magazzino, stagionalità e trend della domanda a livello locale. Un’evoluzione che non potrà non pesare sull’intero settore della ristorazione: l’era della rigida standardizzazione dei menu, che per decenni ha caratterizzato – nel bene e nel male – le multinazionali del “cibo veloce”, è destinata a tramontare in tempi brevi, assottigliando così il vantaggio competitivo di quegli operatori che proprio sulla personalizzazione dell’offerta – costruita non con algoritmi ma sull’esperienza e sulle scelte imprenditoriali – avevano costruito la propria “alternatività” a McDonald’s & C. Ma non è solo sulla personalizzazione dell’esperienza dei clienti che il colosso di Chicago punta i suoi investimenti sul fronte della tecnologia e dell’AI. In un sobborgo di Chicago, McDonald’s sta infatti sperimentando da questa estate un’applicazione di riconoscimento vocale – sviluppata da un’altra startup, la californiana Apprente – per ricevere gli ordini degli automobilisti al McDrive nonché una friggitrice robotica per le patatine, allo scopo di semplificare la gestione di alcuni processi da parte del personale.
[caption id="attachment_172728" align="aligncenter" width="782"] Risulta ancora difficile gestire con l'AI il rapporto umano che si crea fra cliente e personale di sala[/caption]
Negli ultimi anni abbiamo assistito a diversi tentativi di “robotizzare” la figura del cameriere o dell’operatore al banco, nel tentativo di velocizzare e rendere più efficiente la ricezione e la gestione degli ordini al tavolo. I risultati, finora, non sono stati quasi mai all’altezza delle aspettative, almeno in occidente, probabilmente per il fatto che risulta ancora difficile gestire con un’intelligenza artificiale quel particolare rapporto umano che si crea in molti casi fra cliente e personale di sala. Eppure in Giappone, patria della robotica per eccellenza, diversi hotel e ristoranti (così come banche e ambulatori medici) utilizzano con soddisfazione Pepper, un robot umanoide creato da Softbank con lo specifico obiettivo di leggere le emozioni dell’interlocutore analizzandone espressioni del volto e tono vocale.
Pepper è stato sperimentato in più occasioni anche al di fuori del Paese del Sol Levante: lo scorso anno ha prestato servizio per un paio di weekend in un punto vendita Pizza Hut a Singapore, dove se l’è cavata con qualche difficoltà dovuta essenzialmente allo stadio di sviluppo dell’AI di cui era dotato, non ancora in grado di riconoscere il linguaggio naturale: può essere divertente ma non troppo comodo ordinare una pizza a un robot specificando passo passo il tipo, la grandezza e gli ingredienti desiderati. Probabilmente lo stesso problema aveva causato, poco tempo prima, il “licenziamento in tronco” di Pepper da parte di un grande negozio di alimentari in Scozia per “scarsa efficienza”.
Tuttavia le più recenti release dell’intelligenza artificiale di Pepper hanno superato questa limitazione, aprendo la strada a nuove e più fruttuose possibilità di impiego nell’ambito della ristorazione e dei pubblici esercizi. Come ha fatto Big Bang Pizza ad Atlanta, dove un Pepper che accoglie i clienti e ne raccoglie gli ordini all’ingresso è affiancato da tre robot-camerieri che servono le pizze direttamente ai tavoli. La stessa Softbank Robotics ha da poco annunciato l’apertura a Tokyo, il prossimo dicembre, del Pepper Parlor, un caffè in cui robot e operatori umani lavoreranno fianco a fianco, dove i clienti potranno “facilmente sperimentare la coesistenza fra robot e persone, oltre a percepire l’evoluzione dei robot e la futura convivenza con i robot”. Perché il futuro è dietro l’angolo, tanto vale abituarcisi da subito.
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