caffè
16 Marzo 2020
Il mondo del caffè italiano è caratterizzato, così come altri settori della nostra economia, dalla forte presenza di imprese familiari. Un fenomeno che prescinde dalle dimensioni delle aziende, arrivando a interessare anche quelle che si sono dotate di un impianto manageriale ma che comunque vedono la proprietà ancora nelle mani di un nucleo famigliare più o meno allargato. Su queste pagine ho già scritto del momento storico che stiamo vivendo: nell’arco di pochi anni stiamo assistendo all’entrata sul campo di gioco, e in ruoli rilevanti, della nuova generazione. Una comunità di giovani cresciuti nelle torrefazioni e che hanno quindi ben presente il valore di quanto la famiglia ha costruito. Figli e figlie però anche di una cultura ad alto tasso di globalizzazione e quindi sensibili alle tendenze internazionali e aperti alle contaminazioni.
UNA VISIONE COMMERCIALE
Qualcosa di molto simile sta avvenendo in Brasile ed è naturalmente un fenomeno che ci interesserà in modo profondo. Nel paese sudamericano il ricambio generazionale sta riguardando il mondo della coltivazione del caffè e, nello specifico, le famiglie proprietarie delle aziende agricole. Sovente queste hanno vissuto il caffè verde come un prodotto destinato all’esportazione. Gli imprenditori brasiliani hanno quindi generalmente avuto una visione prettamente commerciale, delegando spesso gli aspetti agronomici a consulenti esterni. Ora i figli e le figlie di quegli imprenditori stanno sviluppando un rapporto diverso con il caffè. Conoscono bene il valore dell’esportazione ma vogliono avere un ruolo più incisivo nella filiera. Alla visione commerciale desiderano affiancare una maggiore comprensione e a una migliore gestione del caffè per avere in definitiva un pieno controllo del prodotto. Alla luce di questo obiettivo, la formazione assume ai loro occhi un’importanza strategica. Inoltre sono animati dalla volontà di accorciare la filiera il più possibile, preferendo il direct trade all’intermediazione.
PRODOTTI PRONTO PER IL CONSUMO
In questo contesto la tostatura e la miscela stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante sul mercato brasiliano. A una recente gara tra giovani torrefattori a cui abbiamo collaborato durante la Semana Internacional do Cafè di Belo Horizonte hanno partecipato ben 42 professionisti da tutto il Brasile con un’età media di appena 28 anni. Per la nuova generazione di produttori, l’attrattiva della miscela sta nella sua natura di prodotto finito e pronto per il consumo, che permette quindi un profitto maggiore rispetto alla sola vendita del caffè crudo, fortemente in balia di un mercato speculativo. Noto quindi un forte parallelismo tra quanto sta accadendo nelle torrefazioni italiane di cui ho riferito all’inizio e l’evoluzione delle aziende agricole brasiliane. Un filo rosso che unisce le nuove generazioni in Italia e in Brasile, entrambe allineate ai valori della famiglia eppure tutte e due impegnate nel coltivare l’innovazione. Il collante di questa evoluzione in entrambi i casi è proprio la formazione.

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