05 Aprile 2024
L'ospitalità, con le sue eccellenze sparse per tutta la penisola, sono al centro del ciclo di interviste che il nostro sito dedica alla Giornata della Ristorazione indetta da FIPE Confcommercio per il prossimo 18 maggio. La manifestazione, di cui Mixer è media partner e a cui è possibile aderire a questo link, giunge quest’anno alla sua seconda edizione.
Un ristorante può essere anche casa. È il caso dell’Osteria Turlonia, a Praturlone di Fiume Veneto in provincia di Pordenone, aperta e guidata dal 2009 dal classe ‘84 Federico Mariutti, chef figlio d’arte (nato da papà pizzaiolo e mamma cameriera) che ha fatto di un antico bar-bottega dei primi del Novecento un ristorante affermato in Friuli Venezia Giulia e non solo, che parla dei profumi e dei sapori locali, di rispetto per chi lavora la terra e le materie prime che poi le persone ritrovano trasformate nei piatti che arrivano a tavola. Con lui - la definisce “spalla destra” - la moglie Isabella, sommelier e responsabile di sala.
Federico Mariutti, che si ritrova spesso sul piccolo schermo, è anche un membro dell’Alleanza Slow Food, e nel suo background oltre al diploma alberghiero annovera esperienze in strutture alberghiere nazionali come il Gritti Palace di Venezia, il Savoy di Firenze, il Savini di Milano o anche il Rigoletto (due stelle Michelin) a Reggiolo di Reggio Emilia.
Sul sito di Turlonia scrivi: “Amo la cucina nelle sue forme più semplici e sincere”. Basterebbe questo per capire la filosofia del tuo ristorante…
“L’Osteria Turlonia prende il posto di un bar-bottega dei primi del Novecento. Dove una volta si faceva tutto, si prendeva il caffè ma si faceva anche la spesa, persino con il baratto. La filosofia è stata una dall’inizio: dare voce e lustro al territorio che ci ospita, che in sostanza è dove sono nato. Attenzione, però, non parliamo di una semplice cucina tipica, ma di esprimere al massimo le potenzialità locali e dare la massima visibilità”.
Come si lavora in quest’ottica?
“Dall’apertura non ci siamo mai fermati. Abbiamo sempre fatto degli sviluppi e seguito un percorso volto al miglioramento quotidiano. Parte tutto dal territorio: dopo 15 anni abbiamo già un folto numero di riferimenti di produttori che sono divenuti certezza. Ma se ho bisogno di qualcosa che non ho, lo cerco attorno a me. Nei nostri campi”.
Vai direttamente tu?
“Io ho macinato, e macino ancora chilometri su chilometri per andare dai piccoli produttori e poter portare nei piatti dei miei clienti il meglio della materia prima. Ciò che conta poi, è dare un volto, una storia a queste realtà facendo storytelling. Chi lavora dietro le quinte per noi va raccontato e valorizzato nel modo opportuno. Lo facciamo anche nel nostro nuovo menù di primavera”.
Bello perché hai un team giovane, che condivide con te un’etica che per certi versi è ancora di altri tempi…
“Oltre a mia moglie Isabella, il mio braccio destro, ho tra cucina e sala quattro ragazzi giovanissimi. Marina e Aurora, che sono con me dietro ai fornelli, sono rispettivamente classe 2001 e 2002. Nessuno di loro ha intenzione di scappare, lavorano con motivazione e insieme abbiamo dato vita a un bel clima”.
Oltre a formare loro, fai formazione esterna?
“La faccio con Fipe, per la provincia di Pordenone sono vice presidente, così come faccio laboratori e anche showcooking. Cerco di essere sempre in piazza per mostrare a tutti cosa il nostro mestiere può offrire”.
E infatti hai fatto diversa televisione…
“Sì, diverse esperienze. La tv la faccio volentieri, consente di esprimere se stessi e il territorio da cui si proviene nel mio caso. Anche questo aiuta a dare lustro alla cultura gastronomica locale”.
Nel suo percorso, l’Osteria Turlonia ha incrociato la pandemia da Covid. Come l’avete superata?
“Anni difficili. Ma noi siamo stati reattivi nella risposta. Ho avuto due belle idee ripagate dai numeri. Per primo, ho inventato un delivery settimanale del mio menù in forma completamente refrigerata. In pratica: raccoglievo gli ordini, facevo le preparazioni abbattendole per poi procedere al sottovuoto. Consegnavo ogni settimana i miei piatti con le istruzioni su come rigenerarli al meglio, in modo che le persone potessero vivere un’esperienza molto simile a quando frequentavano la mia osteria”.
La seconda idea?
“Le cene a tema. Consegnavamo delle dinner box sempre con le istruzioni per preparare i piatti, e poi ci collegavamo su zoom per farci compagnia, raccontando i prodotti, fino al momento della cena. Poi ovviamente lasciavo cenare tutti in pace”.
Queste cose incarnano perfettamente i valori del settore, pronto a celebrarlo il 18 maggio?
“Prontissimo. Si tratta di una giornata che porta con sé un milione di valori. La ristorazione è passione, sacrifici e soprattutto convivialità. È importante poter ribadire il suo lato sociale e di legalità. Anche di leggerezza per gli ospiti”.
Il piatto che proporrai qual è?
“Qualcosa da condividere, ci sto lavorando. Magari un antipasto o un secondo da mettere al centro”.
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