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15 Ottobre 2019

Il futuro dell'arte bianca è verde


Il futuro dell'arte bianca è verde

L’ultimo trend? Viene da San Francisco e sono i toast artigianali. Sì, proprio quel pane in cassetta che da sempre è il grado zero dell’arte bianca, secco e industrializzato. Preparato artigianalmente, con lievito madre e materie prime selezionate e tracciate, e accoppiato a una marmellata o una composta fatta in casa o una crema di avocado fa impazzire i Millennials. Che pagano anche 8 dollari per ottenere una fettina. È solo l’ultimo esempio che ci mostra come il pane, e in generale l’arte bianca stiano cambiando. Da commodity e base di ogni pasto “povero” ha seguito un percorso – come il caffè, la birra, il gin e tanti altri prodotti – che è passato dall’industrializzazione al ritorno alla produzione artigianale, ma con una ben maggiore attenzione verso le materie prime e le lavorazioni che in passato.

IL PANE È COOL
I lievitati insomma stanno vivendo un Rinascimento che sta facendo il giro del mondo (anche i Paesi tradizionalmente “risicoli” come l’immensa Cina ci si stanno avvicinando) grazie a nuove idee e formati. Al centro c’è la “grain revolution”, quell’attenzione ai cereali “naturali”, monorigine, di varietà locali, antiche ma rese più produttive e resistenti (ci sta lavorando tra gli altri il Bread Lab della Washington State University) che nelle punte più  estreme prevede rapporti diretti con i coltivatori. A ciò si aggiunge il lievito madre considerato più digeribile e nuove ricette più “sane”: con meno sale e aggiunta di superfood (curcuma, amaranto ma anche legumi e verdure). Il risultato è un alimento rinnovato, al passo con le esigenze degli stili di vita contemporanei.

DAGLI USA
Il vento del nuovo soffia dagli Stati Uniti. A New York c’è il pane realizzato con la tecnica del no knead bread – acqua, farina e pochissimo lievito, 12 ore di lievitazione e cottura in forno, ma dentro una pentola di ghisa – formalizzata da Jim Lahey della Sullivan Street Bakery di Manhattan, che oggi fornisce pane a oltre 300 ristoranti. Poi c’è San Francisco che ha lanciato uno stile tutto suo, portato in Italia per primo dal maestro della pizza romana Gabriele Bonci. Cui abbiamo chiesto: ma dovevano arrivare gli americani per dirci come fare il pane? “Doveva arrivare questo momento storico. Perché i nostri nonni mangiavano un pane brutto, acido. Il Nord ha creato tecnica. Al Sud i pani erano grandi, bellissimi, costavano poco ma la qualità delle farine era bassa. Oggi i consumi sono crollati e il pane deve essere reinventato. La gente cerca cose diverse: il pane danese, tedesco, il pane e avocado. Questa è la nuova frontiera” – ci ha risposto. A San Francisco questo stile di pane l’hanno portato i francesi. “Però gli americani che hanno acquisito una grande tecnica danno poco valore alla materia prima, la farina. In questo l’Italia è molto più avanti, ha materie prime pulite, la maggior parte dei mulini ha investito tanto in tecnologia anche perché la farina serve anche per la pasta, mentre in USA la domanda è stata strutturata dalla industria del largo consumo. Certo, questo non è un pane da mangiare tutti i giorni, entra nella cultura della ricerca, della qualità e della voglia di variare”.

NEW WAVE ITALIANA
Pioniere 15 anni fa di un nuovo modo di fare pane e lievitazione in Italia e mentore di tanti giovani della nuova generazione è il milanese Davide Longoni. Anche lui mette sotto i riflettori le farine: “L’Italia ha un patrimonio di grani unico e c’è ancora molto da scoprire. Se i panettieri, come stanno facendo, li valorizzano è positivo: ce ne sono almeno un centinaio bravi che stanno lavorando bene, una nuova generazione che sta uscendo”. Anche Matteo Cunsolo ha operato una piccola rivoluzione quando, nel 2015 durante Expo ha creato un pane a chilometro zero recuperando un grano locale. “Noi italiani per tradizione abbiamo una varietà di pani e di tecniche unica al mondo. Però il pane per tanto tempo è stato un alimento bistrattato e dato per scontato. A un certo punto i panificatori, dopo aver rincorso il futuro cercando di accorciare i tempi, sono tornati al passato: si sono resi conto che panificare è un lavoro faticoso e che il buon pane richiede tempo. Si cercano i grani più poveri di glutine e ricchi di sapore, più tecnici e meno performanti. E da ognuno devi avere l’accortezza e la capacità di estrarre il meglio”.

[caption id="attachment_163486" align="aligncenter" width="796"] da sinistra: Davide Longoni e Matteo Cunsolo[/caption]

NUOVI GRANI
Le aziende confermano: “La tendenza è orientata alla qualità del pane e al benessere. A pani ottenuti da farine di grani italiani che abbiano caratteristiche interessanti dal punto di vista nutrizionale. E aumenta l’attenzione all’uso del lievito naturale madre, che rende il prodotto più leggero, fragrante e digeribile” dice Ennio Parentini, direttore generale di Italmill. Quanto al panificatore “chiede soluzioni che semplificano il lavoro in laboratorio, utilizzando le tecnologie già a disposizione e mantenendo al tempo stesso tutte le caratteristiche del pane ottenuto nel rispetto del processo artigianale, che continua a fare la differenza”. La ricerca di nuove materie prime, ricette e soluzioni porta anche a macinare in laboratorio o in cucina. Come conferma Cristiano Pagnin, marketing manager Omas Industries. “Il nostro mulino per farina è usato da ristoranti, agriturismi, pasticcerie. Permette di macinare i cereali non umidi per ricavare delle farine: un modo per distinguere i propri prodotti, siano essi pasta, pane o dolci“.

NATURA E TECNOLOGIA
Il mondo dei lievitati insomma dilaga, come prova il successo globale del Panettone. E fa nuove richieste alle aziende del settore come spiega Julia Rümmele, responsabile marketing e gestione dei prodotti della tedesca WIESHEU. “Oggi le sfide relative alla manodopera sono in aumento: è difficile per il settore della panificazione trovare personale anche perché aumentano le richieste di qualificazione. Oltre a vendere prodotti da forno, bisogna essere in grado di preparare spuntini, fare il caffè, gestire la cassa, riempire il forno, tagliare il pane. Quindi le funzioni intelligenti per alleviare il processo sono sempre più al centro dell’attenzione”. Iot e Cloud consentono di comandare da smartphone le attrezzature in laboratorio con funzioni di allarme e accesso da remoto utili per accorciare le lunghe ore di presenza in laboratorio, che in anni recenti hanno allontanato molti giovani dall’intraprendere la professione. Non solo. “Nelle panetterie e nelle pasticcerie frigoriferi e congelatori si trovano a dovere affrontare una serie di sfide come le alte temperature dell’ambiente, la polvere e farina nell’aria e frequenti aperture e chiusure – dice Lucas Nerud, Managing Director vendite di Liebherr-Hausgeräte Lienz GmbH – . Ma le apparecchiature professionali devono essere anche comode e facili da pulire e devono funzionare in modo efficiente e con bassi consumi energetici”. La sfida è il mantenimento di una temperatura costante per gli impasti e la facilità d’uso. L’arte bianca è un lavoro duro, complesso, che richiede tempo e dedizione. Ma che sa produrre piccole opere d’arte fragranti, croccanti e profumate per cui il consumatore d’oggi è disposto a pagare molto più della antica, bistrattata e data per scontata “michetta”.

FENOMENO GLOBALE
Gli Host Ambassador ci danno uno sguardo sull’evoluzione dell’arte bianca nei loro Paesi. Dal Canada Ayngelina Brogan conferma la tendenza del buono, sano e subito. “La dieta chetogenica porta alla richiesta crescente di opzioni senza glutine anche in panetteria e nei dessert al ristorante”. Quanto alla pizza, “c’è più varietà negli ultimi anni. Una volta c’era la base sottile e croccante, ora anche la pizza alta e morbida”. L’onda lunga dell’artigianalità è arrivata anche a Hong Kong come conferma Phoenix Kwok: “Tutti parlano di biologico, sano e vegetariano. Sul fronte dei lievitati, che prima non c’erano, hanno aperto posti come Bakehouse del francese Gregoire Michaud e Kytaly di Franco Pepe, dove è possibile trovare prodotti fatti con ingredienti freschi, di stagione, al momento e di qualità”. Un movimento confermato, dall’altro lato del Pianeta, il Brasile, da Luciana Bianchi, che parla di “un grande interesse per i prodotti biologici di piccoli produttori e artigiani che aggiungono autenticità al piatto”.

ALVEOLATURA NEI SOCIAL
L’esposizione conta, sempre più. Perché oggi come non mai si mangia con gli occhi innanzitutto, e la panetteria è ormai salita sul carro di Instagram dove da tempo si disquisisce di #alveolatura e #graniantichi ma anche #sourdough, #lievitomadre, #artisanbread, #breadstagram o semplicemente #pane. Una tendenza, quella del #foodporn dei lievitati, che si riflette anche nel punto vendita con panetterie-pasticcerie- gioiello che mettono sempre più in evidenza il prodotto. “Stiamo lavorando alla ricerca di attrezzature che diano maggiore visibilità ai prodotti esposti mantenendo il basso consumo energetico in conformità con le linee guida delle politiche europee” conferma Pedro Amaral direttore commerciale e marketing di ARCABOA.

PRAKTIK BAKERY DI BARCELLONA
Un design hotel con 74 camere dove la panetteria non è solo uno sfizio ma assume un ruolo centrale. Gli ospiti si sentono subito a casa quando entrano e vengono salutati dal profumo di pane appena sfornato. Il laboratorio a vista rende l’esperienza più coinvolgente e la hall si trasforma in una movimentata piazza di paese, sempre però all’insegna di un raffinato design.

[caption id="attachment_163489" align="aligncenter" width="1204"] Uno scorcio di Praktik Bakery[/caption]

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