29 Gennaio 2019
Tra le tendenze più cool nel mondo della mixology i Secret Bar o Speakeasy sono certamente i luoghi dove il bere bene entra in un’atmosfera decisamente più intima, fatta di mistero, esclusività e rapporto umano. Seppure ispirati agli anni ‘20 quando il Proibizionismo rendeva obbligatorio nascondersi per bere alcolici, per lo più di bassa qualità; oggi i Secret Bar che si ispirano a quell’epoca, propongono materie prime di alta qualità, drink list ricercate e bartender in grado di rendere il rapporto con il cliente più “familiare” e costruttivo. È questo il caso di Ada C., secret bar di Padova, nato dalla passione che Max Morandi, bartender d’esperienza nonché Trainer Planet One, ha per questo mestiere. Max, questa professione l’ha scelta negli anni ’90 per puro divertimento che nel tempo si è trasformato in una vera e propria passione. Trainer e consulente dal 2005 per Planet One, è stato barmanager per diversi locali fino ad arrivare oggi a realizzare il suo progetto più grande: aprire un secret bar portando al suo interno una scuola per bartender.
Max, Ada C. è una tua creazione: cosa ha ispirato questo progetto?
Il progetto nasce dopo aver preso la decisione di mettermi in prima linea nella gestione della sede Planet One di Padova. Cercavo un modo per portare il mio stile e il mio modo di vedere la miscelazione a contatto con le persone: l’obiettivo più grande per un trainer, a mio avviso, è quello di trasmettere la passione, l’energia e la voglia di mettersi in gioco oltre al dare nozioni. Tutti possono studiare un libro e ripetere i punti chiave a più persone, ma la cosa più importante è far capire che, subito dopo l’acquisizione delle nozioni, queste vanno rimesse in discussione, riviste, provate e sudate in prima linea.
Ada C. è di sicuro un nome particolare, molti si chiederanno come mai lo hai scelto...
Quando la mia idea ha iniziato a prendere forma, giorno dopo giorno, poltrona dopo poltrona, tappeto dopo tappeto, si è presentata l’esigenza di dare un nome a questa nuova realtà che nasceva. A quel punto il nome è arrivato da sé in una sera come tante, mentre ero a cena con i miei collaboratori: Ada C. un nome corto, veloce ma pieno di significato. Ada C. è un grazie gigante a una donna (Ada Coleman), è un esempio di incoraggiamento (se ce l’ha fatta Ada negli anni ’20!). Questo nome, poi, rispecchia pienamente il mood del locale: gli interni, infatti, vogliono essere la sua casa con cornici, tappeti, centrini ricamati e oggetti ricercati. Tutto questo è racchiuso in 4 lettere e un punto.
Cosa distingue Ada C. dai locali “tradizionali”?
Ada C. non vuole essere un “locale”, non punta a grandi numeri e a fatturati da catene: accogliamo poche persone, spesso su invito, con l’idea di bere qualcosa che non si trova altrove. Il cliente viene sempre accompagnato in un percorso di degustazione e, anche se arriva con l’idea di bere un cocktail conosciuto o molto “pop”, cerchiamo di portalo a provare qualcosa di nuovo senza stravolgere i gusti personali.
“Ingresso su invito” suona molto esclusivo e intrigante... come funziona?
Per entrare nel mondo di Ada C. è necessario conoscere la parola d’ordine che viene data settimanalmente tramite messaggio direttamente nel telefono e presto nell’app dedicata che sarà scaricabile dal proprio telefono gratuitamente.
Una volta entrati a casa di Ada, su invito ovviamente, cosa aspettarsi seduti in poltrona o al bancone?
Quando ho iniziato a pensare a una drink list con cocktail che si basassero sul passato ho immaginato un vecchio armadio pieno di abiti fermi da moltissimi anni. I drink, come i vestiti, possono essere ripresi e modellati per essere portati a nuova vita. La drink list di Ada C. segue infatti due filoni: twist on classic e signature cocktail accumunati da una sola cosa, ovvero la ricerca delle materie prime. Abbiamo messo in piedi una collaborazione con Ferro Beverage, una grossa realtà veneta, che con il loro spirits manager Gabriele ci affianca nella ricerca quotidiana. Per quanto riguarda i signature cocktail, mi sbizzarrisco con metodi di estrazione alternativi come attrezzature per estrarre caffè impiegati in miscelazione, l’utilizzo di alambicchi e distillatori. I nostri clienti si aspettano un momento di relax con un buon drink, un racconto di cos’hanno nel bicchiere e solitamente ci scappa qualche foto ricordo.
Guardando alla tradizione, qual è il drink che non può mancare in una drink list che si rispetti?
Hanky Panky! Perché come disse il compianto Charles Hawtrey amico di Ada C. “Per dio, questo è un Hanky Panky, un vero imbroglio!”, e da allora è sempre stato chiamato così. Questo drink ha una verticalità quasi unica nel passare dal pre dinner all’after dinner.
Se invece pensiamo al presente: quale il drink da provare?
Il presente è minimalismo senza eccessi, un twist on classic. Bisogna soprattutto capire chi si ha davanti, cioè il target dei clienti, e proporgli un classico in versione più moderna. A esempio un old fashioned con l’aggiunta di uno spoon di liquore all’albicocca con un dash di bitter al caffè, senza tanti concetti troppo fine a se stessi e confusi.
[caption id="attachment_151843" align="aligncenter" width="601"] Oggi i Secret Bar, ispirati agli anni ’20, hanno drink list con materie prime di alta qualità[/caption]
Max: cliente ideale vs cliente reale che al bancone ordina…
Ognuno ha i clienti che si merita diceva qualcuno, e sono d’accordo. Il cliente ideale non ti dice fai tu, aprendo uno scenario apocalittico nella testa del bartender, ti chiede qualcosa direttamente dalla tua drink list o ti dice cosa beve di solito, facilitandoti il servizio. Un cliente reale diventa ideale quando è ospite nella tua bottega, un cliente che ha un’idea di miscelazione banale, una volta contestualizzato nel tuo bar, si affida perché è assorbito dai mille input che genera la location.
Come dicevi prima, Ada C. non è il solito locale, anche perché racchiude una doppia anima: si beve bene ma si ha anche l’opportunità di imparare e confrontarsi.
Come già detto, Ada C. nasce come progetto correlato alla scuola Planet One di Padova ed è un’estensione della formazione. Le nostre drink list sono in realtà delle dispense che i nostri ospiti possono portare a casa con nozioni tecniche o curiosità sui drink, le categorie e tanto altro. Penso che il progetto legato al secret bar possa fare da volano per tutte le attività che l’azienda offre, in primis la formazione.
Da formatore e professionista, quale la tua opinione sulle “risorse Italia” nel panorama internazionale della mixology?
Prendendo in prestito concetti calcistici, direi che abbiamo un ottimo settore giovanile seguito da ottimi allenatori. Quindi il futuro del beverage italiano lo vedo in buone mani.
Aspettative e progetti futuri?
Sono a lavoro con il mio team per la realizzazione di un app dedicata ad Ada C. che possa essere fonte insaziabile di novità. Porteremo avanti con sempre maggiore attenzione anche tutti gli altri rami dell’azienda: i cocktail catering in cui portiamo il mood di Ada C., le feste private e aziendali, le consulenze per i locali e per le start up, i corsi di formazione e sicuramente la creazione di sinergie nel territorio. Ovviamente, c’è la speranza di poter diventare un punto di riferimento del bere bene nel nostro territorio riconosciuto dagli addetti al settore, dai neofiti e dagli appassionati e chissà se un giorno ci conosceranno e apprezzeranno anche su scale più grandi... sarebbe bello!
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