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07 Ottobre 2017
Se hai iniziato a recitare a otto anni come Vanessa Gravina, di solito hai due opzioni: o rifiuti completamente il mondo dello spettacolo o ti dedichi con determinazione al mestiere che ti è toccato in sorte. Vanessa Gravina non ha mai avuto dubbi e, con una carriera da super attrice alle spalle, ora è la Madame de Le Serve di Jean Genet accanto a Manuela Mandracchia e Anna Bonaiuto diretta da Giovanni Anfuso. In scena fino al 15 ottobre al Piccolo Teatro Grassi di Milano, sarà poi a Roma al Teatro Palladium, dal 19 al 22 ottobre.
Perché vale la pena venire a vedere Le Serve?
Primo, perché siamo tre attrici affiatate e credibili. Secondo, perché è un testo grottesco, paradossale, feroce, stridente, drammaticamente contemporaneo tra aneliti identitari e violenza cieca. Una favola noir con protagoniste tre donne psicologicamente instabili. Terzo, perché dura poco. È un atto unico di un’ora e 25 minuti, non c’è il tempo di annoiarsi.
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Vanessa Gravina, vai spesso al bar?
Sì, mi piace bere l’aperitivo con i colleghi dopo una giornata di prove e ho il rito del caffè al bar durante la mattina. Senza contare che spesso ci vado anche nel pomeriggio per una spremuta o un centrifugato di frutta.
Che cosa ordini per aperitivo?
In genere, un prosecco o un Campari.
Niente cocktail?
Di rado, non mi piacciono i super alcolici. Bevo solo cocktail senza alcol a base di frutta fresca.
I tuoi ristoranti del cuore per il dopo cinema o dopo teatro?
A Milano torno sempre volentieri al Ristorante A Santa Lucia, in via San Pietro All’Orto, un locale storico, che mantiene intatti gli arredi del 1929, malgrado numerosi passaggi di proprietà. E anche il menu è quasi sempre lo stesso: oltre alla pizza, ci sono sempre i maccheroni saltati al pomodoro, la mozzarella in carrozza, i secondi di carne e di pesce, tra cui i polipetti affogati al pomodoro.
Inoltre, sono anche molto legata al Meatball Family, il locale di polpette aperto dai miei amici Diego Abatantuono e Luca Serafini. A Roma vado spesso Da Dante, in via Monte Santo, storica trattoria di cucina tradizionale e al ristorante Natalino e Maurizio, dove ci sono tra i migliori maccheroni alla gricia della città.
Che cosa ti fidelizza al ristorante?
La buona cucina, un impianto luci studiato con cura e la cortesia dello staff. L’atmosfera è essenziale: torno volentieri dove mi fanno sentire a casa.
E al contrario, che cosa non sopporti?
Non vado nei ristoranti con le luci forti -e in particolare odio il neon-, anche perché dopo aver recitato sul palco con i riflettori puntati addosso ho bisogno di riposare gli occhi. E poi, sono intollerante alla maleducazione. Purtroppo, ogni tanto sembra che ti facciano un piacere a servirti. È inaccettabile.
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