pubblici esercizi
23 Maggio 20172015, 2014, 2013 e 2012. Nessun conto alla rovescia, visto che queste sono soltanto alcune delle annate di grandi vini italiani che verranno presentate a breve, o in alcuni già lanciate al momento in cui scrivo queste righe di riflessione. Dalle interpretazioni seguite alle diverse vendemmie, si passa, in questo inizio del 2017, a trarre pareri più solidi, perché basati sull’assaggio. Uno dei primi nuovi millesimi a essere presentati è stato quello (2013) che ha interessato l’Amarone. Vino strano che a dispetto di un nome che in apparenza – ma solo in apparenza – ha a che vedere con una sensazione esclusivamente amara, negli anni ha avuto una deriva piuttosto indirizzata verso la morbidezza.
AMARONE, PROFILO MORBIDO
Così come la mescolanza di uve che lo compongono (l’Amarone è frutto di un mix di uve rosse in gran parte autoctone, che hanno nella varietà Corvina il grappolo percentualmente più importante) questa tipologia ha mostrato un profilo via via sempre più morbido, per una serie di ragioni. Quali? In primo luogo il mercato, specie americano, che per anni ha amato vini potenti, concentrati e ‘arrotondati’, ma anche la temporanea amnesia che ha investito un altro prodotto, anch’esso prodotto in Valpolicella: il Recioto. Forse il progenitore dell’Amarone, il Recioto condivide, proprio con l’Amarone, la tecnica dell’appassimento. I grappoli, una volta vendemmiati, vengono posti in stanze termoregolate su graticci o cassette di plastica, di modo che l’aria ne asciughi gli acini. Dopo alcuni mesi le uve perdono gran parte del loro peso, concentrando tuttavia sapore e zucchero. Se però il Recioto, dopo la vinificazione, rimane dolce, l’Amarone deve risultare secco, con moderato residuo zuccherino, ma anche l’annata aiuta a determinarne il valore. Ho detto deve? Meglio sarebbe dire dovrebbe, visto che alcuni assaggi della 2013, annata appena proposta dai produttori aderenti al Consorzio Tutela Vini Valpolicella, hanno messo in luce una tendenza morbida per non dire apertamente dolce. Nonostante questo vi invito a provare gli Amarone del 2013 perché nonostante la tendenza appena stigmatizzata, per fortuna diverse aziende hanno prodotto esemplari ricchi di identità con un sorso complesso, secco e con una dolcezza che ha del comprimario gustativo e non del protagonista. Alcuni nomi di cantine che sono rimaste fedeli all’idea originaria dell’Amarone? Sartori, Tenute Salvaterra, Vigneti di Ettore, Ca’ Rugate, Zymé, Secondo Marco e, per fortuna, tanti altri.
LE ALTRE ANTEPRIME
Tornando ai numeri ma spostandoci in Toscana, le annate oggetto delle anteprime sono, o saranno, la 2012 per il Brunello di Montalcino, con la 2011 Riserva sempre che un’azienda abbia deciso di produrla, e 2015 o 2014 per il Chianti Classico. Sulla 2012 a Montalcino il livello espresso dai Brunello cosiddetti d’annata può essere riassunto dalla parola “bomba”. Perdonerete il commento poco tecnico, ma assaggiando gli esemplari prodotti da alcune cantine come Salvioni, Casanova di Neri, Ciacci Piccolomini d’Aragona, le Potazzine e Biondi Santi, questo che ho appena espresso è il commento più attinente a quelle che sono state le sensazioni manifestate dai vini durante l’assaggio. Sul Chianti Classico il discorso invece è più complesso. Oltre alla scelta delle differenti aziende di rilasciare o meno la 2015, potenzialmente migliore dell’annata precedente, la lettura risulta meno semplice in virtù del fatto che vanno considerati sempre altri parametri come: differenti territori di produzione – parlo di diversità nei suoli, altitudini ed esposizioni – cui vanno sommati altrettanti stili e materiali (acciaio, legno di diverse dimensioni e cemento) di vinificazione scelti dai produttori.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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