caffè
14 Dicembre 2021Il caffè approda in tv per le feste e per una buona causa. Sabato 25 e domenica 26 dicembre (alle ore 13.00, 19.30, 24.30, in replica 1 e 2 gennaio) sarà in programmazione su Gambero Rosso Channel, ai canali 133 e 415 di SKY, “The Coffee Hunter”, il documentario in due puntate girato in Uganda con protagonista il pluripremiato campione di caffè e coffee lover Francesco Sanapo, che chiede un cambiamento “perché un caffè buono deve essere anche etico”.
Alla base del progetto, portato avanti insieme al regista Stefano Conca Bonizzoni e prodotto da SCBLab e Ditta Artigianale con il sostegno di Sanremo Coffee Machines e Vol Caffè e il supporto tecnico di Manfrot-to, ci sono la volontà e il desiderio di apportare un cambiamento: diffondere la cultura del caffè di qualità e migliorare lo stile di vita dei produttori. Come? Grazie a una maggiore consapevolezza del valore del chicco più amato e del lavoro necessario a renderlo tale, sia da parte dei contadini che dei consumatori.
Centinaia di chilometri percorsi in motocicletta sulle strade dell’Uganda, dalle colorate vie di Kampala ai vicoli affollati degli slum, dalle piste di terra rossa immerse in paesaggi incontaminati ai sentieri ritagliarti nella giungla a colpi di machete con una missione: andare all’origine dei migliori caffè del mondo. In sella al suo boda-boda (la motocicletta locale), Sanapo accompagna gli spettatori in un viaggio che parte da una domanda: da dove viene la tazzina di espresso con cui iniziamo ogni nostra giornata?
Visiteremo così le caffetterie della capitale, foreste abitate dai gorilla dove la natura ha creato un ecosistema perfetto per la crescita del caffè, progetti di inclusione sociale possibili proprio grazie ai proventi dell’esportazione dei chicchi e piccole fattorie coltivatrici di specialty coffee di altissima qualità, per ricordare che dietro al prodotto ci sono sempre le persone. Le riprese panoramiche, insieme all'utilizzo di materiale girato da droni, e la musica caratteristica dell’artista ugandese Ykee Benda, rendono gli episodi di grande impatto.
Ma come mai cominciare questo percorso proprio dall’Uganda? Titolare della prima torrefazione di specialty coffee in Italia, Sanapo ha sempre sottolineato come conoscere ogni singolo passo del chicco lungo la filiera sia fondamentale per capirne le potenzialità: “Sono partito dalla tazzina, è stato il palato a guidarmi. Ho assaggiato moltissimi caffè dell’Uganda, un paese in cui spesso il prodotto viene venduto senza rispettare la sostenibilità economica. Ho deciso di provare a dare il mio piccolo contributo, in qualità di esperto, a valorizzare queste varietà straordinarie, con la speranza di creare una maggiore attenzione sia verso il paese che verso questo tipo di coltivazione.
C’è un momento nel documentario in cui mi accorgo che la popolazione locale, quella che produce il caffè, non lo beve. È un paradosso assurdo, perché come può un produttore dare il giusto valore a qualcosa che non conosce? Posso avere un caffè di qualità altissima, ma non sapendolo valutare lo venderò a cifre irrisorie. Dunque è importantissimo sensibilizzare sia il consumatore che il contadino. In Uganda ho cercato di fare formazione, di condividere con le persone che incontravo quello che so, sperando di suscitare in loro una curiosità, una voglia di imparare e di approfondire”.
“Siamo abituati a spendere cifre molto contenute per un caffè – spiega ancora Sanapo– ma spesso non pensiamo che in questo modo anche l’introito di chi lavora nella filiera è esiguo. Il caffè di uso comune viene spesso acquistato nei paesi d’origine a prezzi bassissimi, conosco infinite storie di agricoltori costretti a vendere al costo di produzione, se non addirittura inferiore, ed è così che si genera povertà”.
Il futuro? Per Sanapo occorre: “Conoscere in totale trasparenza da dove viene il caffè, chi lo produce, la sua varietà e i suoi processi di lavorazione. Solo così si può creare più attenzione e il cliente finale, così come gli altri attori della filiera, sarà disposto a spendere qualcosa in più. Un caffè buono quindi anche a livello etico”.
Un percorso tutto dedicato al caffè, ma non solo: “The Coffee Hunter vuole anche raccontare la cultura dell’Uganda – dice il regista Stefano Conca Bonizzoni– ad esempio lo slum di Katanga, che appare nel primo episodio, è in parte il risultato di politiche agricole sbagliate, o comunque di una serie di crisi subite in ambito agricolo nell’Uganda rurale, che ha portato i contadini a migrare in città. Oppure: cosa c’entrano i gorilla, che avvistiamo nella seconda parte del documentario, col caffè? Nella zona dove siamo andati a osservarli si produce una delle migliori qualità di chicchi dell’Uganda, e l’ambiente in cui crescono è quello della riserva naturale preservata appunto per i gorilla. Se non ci fossero questi animali maestosi non esisterebbe la forma di protezione ambientale che permette un’agricoltura sostenibile e in simbiosi con l’ambiente.
“The Coffee Hunter” è un naturale proseguo del lavoro che porto avanti per dare visibilità a una serie di attori sociali che hanno meno spazio e opportunità di raccontarsi, quindi in questo caso i contadini e i coltivatori che all’interno della filiera del caffè solo le figure a cui si dà meno risalto e che traggono meno profitto. Portare la telecamera su di loro significa restituirgli la dignità che meritano” commenta il regista.
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