bevande

31 Ottobre 2017

Birra ed ostriche: Ichnusa si sposa con un'eccellenza del Lazio

di DALLE AZIENDE


Birra ed ostriche: Ichnusa si sposa con un'eccellenza del Lazio

Birra e ostriche? Potrebbe sembrare un azzardo, da provare per ricredersi. La tradizione arriva dai Paesi Celti: in Irlanda, ad esempio, il giorno di San Patrizio le ostriche locali vengono abbinate a delle birre scure, delle Stout molto corpose. Non una novità nel panorama enogastronomico, dunque, ma un esperimento interessante. “Si basa sull’incontro di due sapori decisi” – spiega Francesca Rocchi, Vice Presidente Slow Food Italia e coordinatore culturale di Mercato Mediterraneo, salone espositivo dell’agroalimentare, che ha guidato una degustazione tra la Ichnusa Non Filtrata e le ostriche del Lazio.

“Se infatti quando si sceglie un vino dolce e poco alcolico, come quelli della Loira, si cerca un abbinamento in contrasto, in cui la dolcezza accompagna la sapidità dell’ostrica, l’incontro con la birra crea un’esplosione di sapori. Le note amare e piacevolmente acide della birra, con una ricetta come quella di Ichnusa Non Filtrata che utilizza malto d’orzo chiaro e maltod’orzo caramello, con le delicate sensazioni erbacee e le sue note di frutta gialla, regala profondità all’assaggio. Il momento della degustazione diventa intenso e le caratteristiche gustative durano a lungo. Quello che all’inizio può sembrare certamente un azzardo si trasforma in un’esperienza gustativa provocante e suggestiva”.

Ecco allora che per un aperitivo fuori dai soliti schemi, ostriche, rigorosamente nostrane – diverse regioni italiane ne stanno infatti riscoprendo l’allevamento - e un bicchiere di Ichnusa Non Filtrata possono fare al caso vostro. D’altronde, come emerge da una recente indagine Doxa/Ichnusa, la birra è considerata la bevanda “meno di routine” per eccellenza per 1 italiano su 2, preferita a tutte le altre bevande alcoliche.

OSTRICHE, UNA STORIA CHE ARRIVA DALL’ANTICA ROMA
Oggi se parliamo di ostriche pensiamo alla Francia, e nell’immaginario comune si fa strada il binomio “ostriche e champagne”. “Un abbinamento che si basa su una convezione sociale – spiega la Rocchi – si tratta di accostare due prodotti preziosi e di lusso, ma non c’è una convenienza gustativa”. Andando a vedere la storia delle ostriche, scopriamo che si tratta di un prodotto che vede la sua origine nell’antica Roma. Già per i romani erano considerate un’eccellenza, un prodotto che non poteva mancare nei banchetti più lussuosi. Anche Giulio Cesare preferiva le ostriche a qualsiasi altro cibo e ne consumava enormi quantità, come pure Nerone, anni più tardi. E i veri estimatori sapevano riconoscere all’assaggio l’esatta provenienza del pregiato mollusco. Grazie alle testimonianze dell’epoca sappiamo che ad avviare l’allevamento di ostriche fu Sergius Orata, oltre 100 anni prima di Cristo. Secondo Plinio Il Vecchio nella NaturalisHistoria: “Sergio Orata fu il primo in assoluto che ideò nella sua residenza di Baia dei vivai per le ostriche”. Plinio si riferisce al lago di Lucrino, nei campi Flegrei, e nella sua trattazione fornisce informazioni dettagliate sul sistema di allevamento che mise a punto Orata e a quanto si arricchì grazie alle ostriche. Le aree dove si iniziò a coltivarle furono il Lazio, vicino Anzio, e più tardi la Puglia, vicino Taranto. Due mari diversi che, grazie al giusto mix tra salinità dell’acqua, correnti e profondità, presentavano le caratteristiche necessarie allo sviluppo dei preziosi molluschi.

LA “PRIMAVERA” DELLE OSTRICHE IN ITALIA
La coltivazione delle ostriche trova poi terreno fertile, già all’epoca dell’impero Romano, in Bretannia, dove la tradizione proseguirà fino ad oggi, tanto da essere in assoluto leader di questo mercato. Interessante però notare che, negli ultimi 10 anni, sono diversi gli imprenditori nostrani che stanno puntando sull’allevamento delle ostriche. Le regioni in cui si nota questo fermento sono soprattutto il Lazio, in particolare nella zona di Anzio, le Marche,la Puglia, il Veneto e, in qualche caso, anche in Sardegna. “Stiamo assistendo ad una primavera delle ostriche oggi in Italia – continua la Rocchi – abbiamo molte produzioni interessanti che meritano di essere scoperte e valorizzate. Le nostre ostriche sono molto diverse da quelle francesi perché diverso è il nostro mare e l’alimentazione dei molluschi, ma allo stesso modo assolutamente degne di nota. Le ostriche italiane vengono anche da catture di ostriche selvagge come nel caso delle ostriche delle Marche che rivelano una personalità gustativa molto interessante ed una forma piatta che le rende molto riconoscibili.”

ICHNUSA NON FILTRATA, LA BIRRA A REGOLA D’ARTE
L’abbinamento proposto vede protagonista Ichnusa Non Filtrata, una birra che raccoglie la migliore tradizione birraria. Una birra che nasce dalla passione e dal meticoloso lavoro dei mastri birrai dello storico birrificio di Assemini, alle porte di Cagliari. Qui tradizione e innovazione si incontrano: sono i piccoli e sapienti gesti del mastro birraio a scandire il processo produttivo, che termina con la gettata finale di luppolo, fatta a mano come un tempo e che regala a Ichnusa Non Filtrata quel suo aroma inconfondibile.

La ricetta utilizza malto d’orzo chiaro e malto d’orzo caramello, una miscela che conferisce aIchnusa Non Filtrata un gusto rotondo, regalando delicate sensazioni erbacee e note di frutta gialla e albicocca che accompagnano un piacevole e fragrante ricordo di crosta di pane. A renderla unica l’assenza del trattamento di filtrazione: a fine processo, invece di essere filtrata, viene lasciata decantare naturalmente nei tini di fermentazione. Corposa, equilibrata e dal gusto amabile, Ichnusa Non Filtrata conserva i lieviti in sospensione e ha un aspetto piacevolmente velato.

www.birraichnusa.it

TAG: BIRRA ICHNUSA,OSTRICHE,FRANCESCA ROCCHI

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