spirits

07 Novembre 2025

Lord Byron avrebbe detto cheers

di Rossella De Stefano


Lord Byron avrebbe detto cheers

A Venezia certe sere sembrano scritte apposta per essere ricordate in forma liquida. Sul rio di San Trovaso, al Nani Mocenigo Palace, la luce rimbalza sull’acqua e sul verde smeraldo delle bottiglie di No.3 London Dry Gin. Dentro, nel G Lounge & Garden Bar, c’è un barman che sembra uscito da un romanzo ottocentesco riscritto da Netflix: Gennaro Florio, giacca impeccabile, ironia pronta, memoria piena di storie. L’occasione è “Venice meets London: A No.3 Gin Affair”, l’evento firmato Pallini e No.3 Gin per la Venice Cocktail Week: tre cocktail, tre abbinamenti food e un filo rosso che collega Londra, Venezia e il fantasma più romantico e irrequieto del XIX secolo, Lord Byron.

DA BARI A DORSODURO, CON SCALO A ST. JAMES'S STREET

La storia di Florio comincia lontano dalla laguna, in un Gran Caffè di Bari, davanti al teatro Petruzzelli. È lì che il sedicenne Gennaro lava bicchieri la domenica, osserva, ruba con gli occhi. Fino al giorno in cui un gruppo di ragazzi lo inchioda alla prova: “Ci fai un cocktail?”. Il barman è sommerso di comande, lui improvvisa. La settimana dopo, gli stessi ragazzi tornano e chiedono “quel” drink. Peccato che Gennaro non si ricordi la ricetta. Da quell’imbarazzo nasce una decisione che gli cambierà la vita: studiare sul serio la miscelazione, non limitarsi all’istinto. Da lì è un susseguirsi di tappe: la divisa AIBES come scudo identitario in un quartiere difficile, le stagioni a Cortina tra Hotel Vittoria e Miramonti Majestic, le esperienze all’estero: l’Hyde Park Hotel a Londra, un Ice Café che si chiama Venezia in Germania (destino, più che segno, sic!), servizi a Parigi, training su training.

Nel 2003 approda a Venezia, al bar del Bauer, e capisce di aver trovato un palcoscenico all’altezza delle sue ambizioni. Poi la lunga stagione alla Taverna La Fenice, i catering alla Guggenheim, i drink serviti a presidenti e principi, fino all’approdo al Nani Mocenigo Palace: un boutique hotel 5 stelle lusso dove affreschi, stucchi e sculture in vetro di Murano convivono con la sua nuova casa liquida, il G Lounge & Garden Bar. Nel frattempo scrive di cocktail per il Corriere del Veneto, spiegando ai lettori “come si fa un drink a casa senza trasformare la cucina in un laboratorio chimico”.

BYRON, GLI ORSI E LE NUOTATE NEL CANAL GRANDE 

Per capire l’evento di Pallini bisogna accettare un’idea semplice: Byron oggi berrebbe gin. Il poeta inglese, lo sappiamo, aveva una certa predisposizione per gli eccessi. A Cambridge si presentò con un orso al guinzaglio perché il regolamento del college vietava i cani, ma non diceva nulla sugli ursidi.  Più tardi, a Venezia, trasformò la città in un personalissimo parco avventura: nuotate di ore dal Lido a San Marco e lungo tutto il Canal Grande, sfide in mare aperto, cavalcate vicino al vecchio cimitero ebraico, notti passate a scrivere e a rincorrere amori. Per qualche anno abitò a Palazzo Mocenigo sul Canal Grande, circondato da una piccola “arca di Noè” domestica – cani, cavalli, scimmie, persino una volpe – e lì iniziò a comporre i primi canti di Don Juan. È difficile immaginarlo sobrio, ma è facilissimo immaginarlo curioso davanti alle bottiglie giuste.

Ed è qui che entra in scena il secondo protagonista della serata: No.3 London Dry Gin. Il gin nasce dalla storica Berry Bros. & Rudd, il più antico wine & spirit merchant di Londra, attivo al civico 3 di St. James’s Street dal 1698: pavimento inclinato, soffitti bassi, la famosa bilancia su cui sono saliti politici, principi e dandy, e da cui, secondo gli archivi, sono passati anche personaggi come Lord Byron.  Sotto il negozio, la Napoleon Cellar, dove Louis-Napoléon III teneva riunioni segrete per pianificare il proprio ritorno al potere.  Se la storia la volessimo scrivere da bartender, diremmo che a St. James’s Street sono passati più complotti, poeti e miscelazioni che nella metà degli speakeasy che affollano Instagram.

Per creare No.3 ci sono voluti 730 giorni di test e una ricetta ridotta all’essenziale: sei botaniche (ginepro italiano, scorze d’arancia e pompelmo, coriandolo, cardamomo e radice di angelica) distillate in un alambicco di rame centenario in Olanda, alla Royal De Kuyper, per ottenere un London Dry secco, agrumato e classico, al 46%. Il risultato è stato premiato: “World’s Best Gin” per quattro volte e titolo di Supreme Champion Spirit alla International Spirits Challenge.  Insomma: se Byron frequentava Berry Bros. & Rudd e oggi entrasse al G Lounge, la bottiglia che lo rappresenta l’abbiamo già individuata.

VENICE MEETS LONDON: TRA COKTAIL, UNA STORIA

Quando Pallini chiede a Florio di creare tre signature con No.3 Gin per la Venice Cocktail Week, lui non si limita alla tecnica: costruisce un racconto. “Volevo un viaggio Londra–Venezia guidato da Byron - spiega - con tre capitoli diversi: il Martini, l’highball e il drink agrumato da meditazione”.

Il primo capitolo è un twist on classic dell’iconico Aviation, che rivela la freschezza dei fiori di ciliegio e il carattere deciso del Gin No.3. Aviation No.3 è il lato romantico di Byron, quello che scrive versi struggenti guardando la laguna alle prime luci. Al palato è fresco, floreale, con una punta nostalgica. In abbinamento, lo chef Raffaele Iasevoli propone una crocchetta di vitello con salsa di peperone crusco: comfort food che incontra fine drinking, il sapore pieno della carne che bilancia l’acidità del cocktail. Il secondo capitolo è The Key, omaggio alla chiave che campeggia sulla bottiglia di No.3. Il cuore è il mandarin bitter, home made. Il risultato è un cocktail agrumato, con un amaro elegante, molto “London” nell’ordine e molto “Venezia” nella generosità di profumi. In pairing arriva il gambero fritto con salsa zenzero e lime: croccantezza, iodio, una nota piccante che sposa la freschezza degli agrumi. È il sorso che apre porte - appunto - e conversazioni. Terzo capitolo, St. James’s: l’idea semplice e geniale è unire il gin alla bevanda più britannica che esista, il tè. La Ginger Tea Soda è una creatura di Gennaro: tè English Breakfast in infusione con zucchero e zenzero fresco, poi completato con ginger beer e gasato al sifone. Ne esce un long drink secco, speziato, estremamente beverino. In cucina risponde la sarda in saor su crostino ai cereali: dolcezza di cipolla, acidità di aceto, memoria di tradizione lagunare. È forse l’abbinamento più “Venezia incontra Londra”: comfort food di bacaro contro rigore del tè alle cinque, mediati da un gin che tiene insieme le due culture.

Quello che colpisce, guardando lavorare Florio, è la capacità di muoversi tra classicità e ironia. Cita Giorgio Fadda e Roberto Pellegrini come maestri, rivendica la gavetta “dura, ma necessaria”, ma non cade nel “si stava meglio quando c’erano solo i Martini”. Oggi il cliente arriva informato - dice - legge, viaggia, assaggia. Ma non bisogna farlo sentire a un esame di chimica. La miscelazione è servizio, non performance permanente. Prima di stupire, dobbiamo far rilassare”. Per questo al G Lounge i signature dialogano con i grandi classici, e il pairing non è un vezzo modaiolo ma un’estensione naturale dell’ospitalità.

In una città che sta finalmente uscendo dallo stereotipo del solo Spritz da turismo mordi e fuggi, serate come quella di Pallini e No.3 Gin raccontano un’altra Venezia: consapevole, curiosa, orgogliosamente alberghiera, dove gli hotel tornano a essere fari di stile e non semplici lobby di passaggio. E Byron? Se potesse vedere il Nani Mocenigo stasera - dopo avere nuotato mezzo pomeriggio dal Lido al Canal Grande, magari con un orso parcheggiato da qualche parte - probabilmente si accomoderebbe al banco, chiederebbe un Aviation No.3 e commenterebbe, con il suo cinismo morbido: L’esilio è più sopportabile quando il gin è fatto bene”.

LE TRE RICETTE DI "VENICE MEETS LONDON: A NO.3 GIN AFFAIR"

Aviation No.3

Ingredienti
5 cl No.3 London Dry Gin
3 cl succo di limone fresco
2 cl sciroppo di amarena
2 cl aquafaba

Preparazione
Shakerare energicamente tutti gli ingredienti con ghiaccio. Filtrare in coppetta cocktail ben fredda.


The Key

Ingredienti
5 cl No.3 London Dry Gin
4 cl mandarin bitter home made*
2 cl liquore all’arancia
2 cl soda al pompelmo rosa

Preparazione
Shake and strain. Servire in bicchiere old fashioned colmo di ghiaccio. Completare con la soda e mescolare delicatamente.

* Versare 85 cl di bitter a 25% vol con 15 cl di liquore al mandarino in in una bottiglia pulita, assaggiare e, se necessario, regolare la parte agrumata secondo gusto del bar. Conservare in frigorifero


St. James’s

Ingredienti
5 cl No.3 London Dry Gin
15 cl Ginger Tea Soda**

Preparazione
Build

**Mettere in infusione 4 bustine di tè English Breakfast in 0,5 L di acqua bollente con 200 g di zucchero e 2 spicchi di zenzero fresco pulito per 6 minuti. Filtrare e aggiungere 20 cl di ginger beer e, se necessario, acqua fredda fino a raggiungere circa 1 L totale. Versare nel sifone da selz, chiudere e caricare con 2 cartucce di CO₂. Conservare in frigorifero e utilizzare entro 24 ore per una gasatura ottimale.

TAG: PALLINI,NO.3 LONDON DRY GIN,GENNARO FLORIO

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