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28 Aprile 2021

Fuoricasa, con le riaperture a metà discriminati migliaia di lavoratori

di Stefano Fossati


Fuoricasa, con le riaperture a metà discriminati migliaia di lavoratori

Le riaperture dei pubblici esercizi fino alle 22 nelle regioni in zona gialla non placano la rabbia e la delusione fra molti operatori del settore. In particolare fra titolari e dipendenti di quei locali che non dispongono di spazi all'aperto in cui somministrare cibi e becande ai clienti seduti ai tavoli, e che dovranno aspettare il 1° giugno per tornare a lavorare. Con l'ulteriore beffa di non poter nemmeno servire il caffè al banco, una misura ancor più restrittiva rispetto a quelle in vigore nei mesi scorsi nelle stesse zone gialle.

Una decisione definita "senza senso" dalla stessa Fipe-Confcommercio, che sottolinea come "il consumo al banco, regolato dai protocolli su distanziamento e capienza degli esercizi, permette in molti casi di snellire il servizio evitando assembramenti all’esterno ed è l’unica modalità di lavoro per numerosissime attività che non dispongono di spazi esterni". "Un danno secco verso 130mila imprese che hanno già pagato un prezzo altissimo per le misure di contenimento della pandemia, senza alcun beneficio evidente sul piano sanitario", ribadisce Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe.

Per molte di queste 130mila imprese, un ulteriore mese di chiusura forzata potrebbe essere letale, dopo mesi di provvedimenti che hanno pressoché azzerato i fatturati e ridotto allo stremo imprenditori e lavoratori del settore. Così il cosiddetto "decreto riaperture", se da un lato dà un barlume di speranza a chi lavora nei locali con spazi all'aperto, dall'altro non fa che accrescere il disagio degli "altri", vittime di un provvedimento ancora una volta discriminatorio. Perché, inutile nasconderlo, molte delle misure adottate finora in nome della lotta al Covid hanno determinato notevoli discriminazioni fra lavoratori considerati di serie A e di serie B, anche all'interno degli stessi comparti economici.

[caption id="attachment_186217" align="aligncenter" width="696"] Sacha Mecocci (foto Martino Dini)[/caption]

"Io sono fortunato, visto che l’azienda ha anticipato la cassa integrazione ai dipendenti sin dal primo momento", spiega a Mixer Planet Sacha Mecocci, head bartender del The Fusion Bar di Firenze, ospitato in una struttura importante come il Gallery Hotel Art. Purtroppo non va altrettanto bene ai dipendenti di imprese di dimensioni più piccole, che non possono permettersi di anticipare i sussidi statali e che in diversi casi stanno ancora aspettando il versamento di quelli relativi al mese di dicembre.

Ma anche quanti, come Mecocci, hanno la possibilità di coltivare un certo ottimismo per il futuro "cercando di tenere duro per poter arrivare alla fine di questo momento, con passione e voglia di ripartire", non possono non notare come il "decreto riaperture" porti avanti misure che rischiano di trasformarsi in un freno per la ripartenza: "É necessario posticipare il coprifuoco - puntualizza - sia per dare modo a molte attività di lavorare sia per aiutare il turismo. Una città che si spegne obbligatoriamente alle 22 non attira i turisti, men che meno nel periodo estivo".

TAG: CAFFè DIEMME,BANCONE,RIAPERTURE,COPRIFUOCO,SACHA MECOCCI

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