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11 Luglio 2020“Il nostro Paese, i cittadini, i lavoratori, le imprese stanno dando prova di grande responsabilità - personale e collettiva - in questi mesi di emergenza, dimostrando di essere pronti ad affrontare la fase post-emergenziale in maniera corretta e capace di recuperare la necessaria normalità, che passa anche dal rientro delle persone nei posti di lavoro. Non possiamo accettare, oltre i danni economici che l’emergenza Covid-19 ha indotto sul sistema delle imprese della ristorazione, dell’intrattenimento e del turismo in generale, anche il rischio di un mortale indebolimento del già fragile tessuto imprenditoriale di un settore determinante all’interno delle filiere agro-alimentare e turistica del Paese, nelle quali valorizza le qualità, l’identità e l’attrattività della nostra straordinaria offerta”.
Il presidente della Fipe-Confcommercio – Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Lino Enrico Stoppani, riassume così le ragioni che hanno spinto la Federazione a scrivere al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo e alla titolare del ministro della Funzione Pubblica Fabiana Dadone, all’indomani dell’annuncio del Presidente del Consiglio di estendere lo Stato d’Emergenza oltre il 31 luglio, presumibilmente per altri 6 mesi.
“La desertificazione dei centri storici e dei quartieri direzionali, causata anche dall’assenza dei lavoratori - si legge nella lettera - rischia di generare una diffusa chiusura di numerosi pubblici esercizi e attività commerciali ubicati nel centro delle città, già duramente provati dalla totale mancanza di turismo nazionale ed estero. Come certificato dall’ultima nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana, ricordiamo come oggi il 65,2% delle attività di ristorazione e alloggio rischia la chiusura, con danni incalcolabili in termini economici e sociali”.
Parallelamente la Federazione chiede il rifinanziamento degli strumenti di protezione sociale. “Proprio per far fronte al drammatico calo dei consumi, si impone l’esigenza di prorogare gli ammortizzatori sociali straordinari, già usufruiti da parte delle imprese del settore. La quasi totalità delle aziende del comparto ha, infatti, già utilizzato interamente le diciotto settimane di ammortizzatori a disposizione, trovandosi ora senza alcuna copertura in una situazione di crollo dei fatturati. La cassa integrazione rappresenta una necessità in questa fase post-emergenziale, indispensabile per preservare le professionalità presenti nel settore, faticosamente costruite nel corso degli anni, necessarie per agganciare l’auspicata ripresa”.
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