bevande
16 Giugno 2020
Quella di 32 Via dei Birrai è una storia di passione infinita per un prodotto naturale quale è la birra, di meticolosa cura per i dettagli, siano questi legati alla qualità delle materie prime siano oppure l’attenzione per il packaging e il design. Il birrificio, nato nel giugno del 2006, è la sintesi di tre percorsi professionali diversi che hanno saputo integrarsi alla perfezione: Fabiano Toffoli, uno dei birrai italiani più apprezzati, Loreno Michielin, il direttore commerciale che ha saputo rapidamente far conquistare all’azienda una fama anche all’estero, e Alessandro Zilli, ingegnere che segue la fondamentale ricerca e sviluppo. A loro si è poi aggiunto, per seguire nello specifico il mercato italiano, Mauro Gajo.
Nel corso degli anni 32 Via dei Birrai si è distinto per aver voluto seguire una sua strada in buona parte diversa da quella della maggior parte dei colleghi. Le birre, tutte di alta fermentazione, esclusivamente in bottiglia; il logo, quel numero 32 (che richiama la classe di appartenenza della birra secondo la classificazione internazionale) iscritto in un cerchio elegante e d’impatto allo stesso tempo, tanto da valergli una immediata segnalazione su Wallpaper, rivista icona londinese che si occupa proprio di design; l’unicità di un tappo che sigilla la bottiglia ma, allo stesso tempo, è riutilizzabile. L’attenzione alla sostenibilità e al riciclo, così come la filosofia della qualità rispetto alla quantità, certificata da innumerevoli riconoscimenti tra i quali quello di Slow Brewing, ISO 9001 e OGM Free sono solo alcuni dei tasselli che danno l’idea dello stile di lavoro di 32 Via dei Birrai. Ed è per questo motivo che quando questo birrificio trevigiano annuncia delle novità la soglia di attenzione dei media si risveglia immediatamente. Perché chi li conosce sa che l’annuncio è il punto di arrivo di un lungo percorso, fatto di ricerca, prove, dubbi e conferme. E questa volta le novità sono addirittura due.
A quattro anni di distanza dall’ultima etichetta firmata 32 Via dei Birrai è giunto infatti il tempo di una nuova birra. Si chiama AMBITA ed è una birra 100% Made in Italy. L’orzo infatti arriva dall’entroterra veneziano mentre il luppolo è coltivato sui colli asolani. Il primo frutto di una mission che Toffoli aveva deciso di realizzare alcuni anni fa quando le prime piantine di una varietà, il Brewer’s Gold, erano state messe a dimora e curate da quel momento con la solita cura maniacale di 32 Via dei Birrai: ventilazione notturna e irrigazione a goccia quando necessario. Il risultato è un luppolo straordinario, con profumi e caratteristiche organolettiche superiori alla stessa varietà coltivata in altre zone d’Europa. Distribuita nel classico formato bottiglia da 75 cl al prezzo indicativo di circa 9 euro, Ambita è una birra chiara, di appena 4,5% vol, perfetta per l’imminente estate per facilità d’approccio e di sorso, ma una birra che vuole anche essere un segnale di fiducia e di speranza in un Italia che riparte dopo mesi di chiusura di quasi tutte le attività, la testimonianza concreta di imprenditori artigiani il cui messaggio è “rimbocchiamoci le maniche, rimettiamoci al lavoro”. Ambita perché tale è questa birra e perché ci si deve ricordare che gli italiani abitano una terra che, per mille motivi che spesso dimentichiamo, è ambita.
Ma, come se non bastasse, dalla creatività di 32 Via dei Birrai è ora pronto ad affrontare il giudizio dei consumatori AMBEDUE. Non una birra ma un amaro alla birra. Il punto d’arrivo della collaborazione tra 32 Via dei Birrai e Genziana Distillati di Crespano del Grappa, una distilleria nata nel 1969 riprendendo un’antica tradizione di famiglia che risaliva a prima della Grande Guerra. Tra i ragazzi di 32 Via dei Birrai e Alessandro Carlassare, il distillatore di Genziana, si è subito stabilita una comunione d’intenti e di obiettivi. La base di Ambedue è la Nebra, una birra ambrata da 8% vol prodotta con malto d’orzo e segale, nella quale sono state innestate un bouquet di erbe e piante aromatiche che vanno dalla genziana al rabarbaro, dall’assenzio romano alla cannella, dalla rara cascarilla alla china. Il risultato è un amaro autentico, da 25% vol, in cui si avverte la “spina dorsale” birraria: ottimo da sorseggiare nel dopo pasto ma dalle insospettabili potenzialità nella mixology.
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