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01 Luglio 2025Sakè come pairing, ci avete mai pensato? Come con tutti i prodotti, dall’olio al caffè, anche chi impara a conoscere questo fermentato alcolico di riso giapponese inizia ad apprezzarne la complessità e a sfatare una serie di miti, ben radicati ma non per questo più veri. L’abbiamo scoperto in una cena al ristorante Torre della Fondazione Prada, progettata dallo studio OMA di Rem Koolhaas nel 2018 e aperta su uno dei più ampi skyline milanesi, che spazia da City Life alla torre Velasca a Porta Nuova, un po’ appannato dai lavori per le Olimpiadi del 2026, che ha scelto quattro saké Dassai per accompagnare la cena estiva.
MENO AMIDO, PIU' ELEGANZA
Una delle prime cose che distingue la produzione di sake è la percentuale di levigatura (che si esprime nella percentuale di chicco di riso che viene poi mandato in fermentazione). Minore è, maggiore sarà la qualità percepita, la raffinatezza e quindi il prezzo. I profili sono più eleganti e riducono il gusto umami, che al palato occidentale non è sempre gradito, e il dolce, che deriva dall’amido, quindi più alta è la percentuale utilizzata e più dolce (e meno elegante) sarà il sake. Non a caso le categorie più pregiate, Daiginjo e Ginjo, richiedono una levigatura minima, del 50% e del 60% rispettivamente, che esalta gli aromi fruttati e floreali. L’alcol rimane sempre intorno ai 15 gradi perché non viene mai aggiunto in fase di lavorazione, a differenza di ciò che avviene in altre categorie,
Mito da sfatare: il sake si beve freddo o, d’inverno, a temperatura ambiente. Mai caldo. Il sake, se non c’è aggiunta d’alcol in lavorazione va bevuto entro l’anno, si conserva a una temperatura di 4°C e non ama la luce (per questo le bottiglie sono sempre di vetro scuro). Un'altra notizia curiosa è che il sake, in Giappone, non si chiama proprio sake, che in giapponese significa semplicemente bevanda alcolica, ma Nihonshu (日本酒).
Nel 2024 il sake è entrato a far parte del Patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.
IL PAIRING DA TORRE
Abbiamo trovato come la cucina dello Chef Lorenzo Lunghi, dai sapori dritti e puliti, con cotture che esaltano l’essenza delle materie prime, si sposi bene con il gusto limpido dei sake di pregio.
Il percorso proposto prevede quattro portate in dialogo con una selezione di sake Dassai. Così l’antipasto di tonnetto con pere e verbena ha incontrato le note del Dassai 39, un Junmai-Daiginjo (come tutti i sake presentati) contraddistinto da note floreali, prodotto da riso Yamada-Nishiki, lucidato al 39% della dimensione del chicco originale, senza aggiunta di alcol, che deriva solo da fermentazione. I ravioli con burro, levistico e gamberi rossi sono stati esaltati dalla limpidezza del Dassai 45. Lucidato al 45% della dimensione del chicco originale, ha note più fruttate, di melone e arancio.
La cernia con zafferano, zucchine e lardo ha trovato un compagno nel Dassai Future With Farmers, un progetto interessante perché volto a recuperare quella parte del prestigioso riso Yamada-Nishiki (un 5-10% della produzione) che non riesce a raggiungere per vari motivi gli alti standard di qualità richiesti per essere venduto come premium, detta Togai. Per venire incontro ai contadini e recuperare questa produzione meno prestigiosa Dassai ha raccolto la sfida di utilizzare il riso Togai con una levigatura estrema dell’8%, creando un sake particolarissimo. Infine con il dessert di pesche arrosto, gelato alla mandorla e caramello sono arrivate le bollicine morbide e vellutate del Dassai 45 Nigori Sparkling. Fermentato naturalmente in bottiglia, anch’esso un Junmai Daiginjo lucidato al 45%, ha note fruttate e un finale rinfrescante.
AL BAR
Al bancone prima di cena abbiamo provato un elegante e delicato Dassai 23 dagli aromi di gelsomino, mela, frutta bianca e miele.
«Noi qui stimo presentando i sake per avere il prodotto in carta, usiamo anche sake e fermentati di riso e distillati giapponesi e asiatici nella miscelazione – spiega Marco Ortu, bartender e responsabile del bar -. Non abbiamo un drink con il sake, ne abbiamo uno che proponiamo per il pairing insieme ai vini, al posto del calice di bollicina. È un sake sour con gocce di liquore allo yuzu e yuzu mentre in carta abbiamo un drink a base di sochu di castagne, un fermentato asiatico, liquore shiso (frutto del basilico rosso giapponese), succo di limone, bitter umami di parmigiano, zenzero ravanello cotto quattro ore sottovuoto».
I quattro sake sono in degustazione al bar o al ristorante accanto, in pairing con la cena.
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