attualità
19 Maggio 2023
Un’opportunità ma anche un costo, spesso, notevole. La commissione media che le imprese della ristorazione pagano alle piattaforme digitali per vendere i propri prodotti e servizi è del 18% – a inizio gennaio c'è stato anche il considerevole aumento del +12,6% da parte di TheFork – con valori che superano addirittura il 20% per un'impresa italiana su tre. Mediamente, solo un imprenditore su 10 paga una commissione fissa.
Questi numeri vengono fuori dal policy brief “L’Economia delle piattaforme digitali” presentato dall'Inapp, l'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche, il lavoro prende spunto dall'indagine “Inapp Digital platform survey” che per la prima volta ha analizzato nel corso del 2022 un campione di circa 40mila imprese, che comprende anche le aziende con meno di tre addetti, rappresentativo delle 298.991 operanti in Italia nei settori della ristorazione, del turismo e dei trasporti terrestri.
Nella ristorazione il 68% dei contratti stipulati dalle aziende con le piattaforme digitali (il 37% nel turismo) prevede clausole di dipendenza per l'incasso dei pagamenti e sette volte su dieci le condizioni contrattuali derivano dall'imposizione di clausole unilaterali. Così come unilaterali sono le richieste di modifica contrattuale da parte delle piattaforme (il 20% nella ristorazione). In più, un'impresa su quattro nella ristorazione non ha accesso a informazioni sulla propria clientela.
INAPP, FADDA: “VANNO RIVISTI I RAPPORTI, ANCHE A FAVORE DEI CONSUMATORI”
“Il quadro offerto da queste variabili assunte come indicatori di rischio di dipendenza commerciale delle imprese dalle piattaforme – ha dichiarato Sebastiano Fadda, Presidente dell'Inapp – si completa osservando i dati relativi alla rilevazione di sistemi di rating commerciale, i quali comportano potenziali rischi reputazionali derivanti dal rapporto commerciale instaurato con le piattaforme digitali. Al 32% delle aziende della ristorazione è capitato almeno una volta di perdere clienti per disservizi causati dalle piattaforme con cui lavora”.
Secondo l'indagine, nella ristorazione le clausole di dilazione dei trasferimenti degli incassi dalla piattaforma all'impresa sono presenti in circa tre quarti dei contratti. Il ritardo nei tempi di incasso rappresenta un costo e un fattore di rischio finanziario intrinseco nel caso di pagamenti tramite piattaforma. Le condizioni meno vantaggiose risultano applicate più frequentemente nel settore della ristorazione in cui nel 92% dei casi gli incassi mediati dalla piattaforma sono differiti nel tempo.
Dati che assumono particolare rilevanza se si pensa alla diffusione del fenomeno: in Italia le imprese dei settori del turismo e ristorazione che utilizzano le piattaforme digitali per vendere i propri prodotti e servizi sono oltre 57mila. “Se è vero che una quota rilevante di imprese nel turismo faceva ricorso alle piattaforme già prima del 2020 – ha commentato Fadda – è altrettanto vero che per il 45% delle imprese della ristorazione che ha iniziato a utilizzare le piattaforme digitali per l'asporto durante la pandemia si è aperto uno spazio di mercato altrimenti sconosciuto, che ha consentito anche lo svolgimento di una funzione sociale. Tuttavia, sarebbe opportuno riequilibrare i rapporti tra piattaforme e imprese al fine di non imporre oneri eccessivi a queste e ai consumatori”.
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