28 Settembre 2015

Il barman Diego Re colpisce per quel suo senso della sintesi, che gli ispira continue frasi a effetto. «La mia filosofia di miscelazione? Poca apparenza e molto sostanza», afferma deciso. Trainer Planet One Milano, Campari Academy e Metro Academy, nonché responsabile del Cocktail Restaurant Open di Como, è un uomo innamorato del proprio lavoro, cui ha dedicato la vita.
Sei sempre stato uno studioso alchimista nel mondo del beverage…
Per me, il bancone è un laboratorio che lavora in sinergia con la cucina. Inoltre, studio l’arte della miscelazione senza seguire le mode, con un occhio di riguardo per tutte le epoche, dal Rinascimento e dagli esperti di profumi in poi. Il mio obiettivo è regalare con i drink un’emozione a tutto tondo, capace di coinvolgere i quattro sensi e di amplificarne la sensibilità puntando sull’abbinamento con il food. Per farlo con successo, però, è essenziale annullare gli sprechi e utilizzare nella sua totalità ogni ingrediente. Per chiarirmi, all’Open per esempio realizzo il Black Russian con vodka aromatizzata al caramello e con kahlua aromatizzata alla cannella, servito con il tiramisù della casa (14 euro).
Strategie di successo per avvicinare la clientela anche nelle serate meno animate?
Premesso che ho sempre lavorato in provincia, dove il rapporto umano è essenziale e il passaparola conta più di qualunque pubblicità, non ho mai creduto nel valore della singola serata. Preferisco puntare su un servizio impeccabile e puntuale tutti i giorni: coccolare, coinvolgere e gratificare l’avventore è il miglior modo per farlo tornare e per ampliare la clientela. Il banco è come il ristorante, se devo promuovere qualcosa lo faccio di persona. Ecco perché dopo mezzanotte propongo a voce una lista di secret drink per i clienti più fedeli e per i loro amici: si tratta di sei o sette cocktail di mia creazione, a rotazione stagionale, che richiedono una preparazione più lunga e che non potrei creare nei momenti di rush. Per esperienza, vi dico che funziona.
Il cocktail perfetto esiste?
No, come non esistono la donna e l’uomo perfetto. Si vive alla ricerca della perfezione, ma con l’età cambiamo gusti e modo di pensare. Detto questo, i bartender devono tendere alla perfezione.
Che cosa significa per te essere trainer Planet One Milano, Metro Academy e Campari Academy?
Vivere una bella esperienza, un'opportunità di crescita e un'occasione per respirare il clima di un laboratorio creativo sempre spmeggiante. Tra l'altro grazie a Metro Academy ho collaborato con chef del calibro di Claudio Sadler e di Nicola Michieletto.
La tecnologia ha rivoluzionato la ristorazione. Quanto conta nella miscelazione?
La tecnologia c’è, è sempre più diffusa e bisogna saperla usare. Occorre conoscere l’utilità del sottovuoto, di un abbattitore, di un gasatore o di un sifone. La differenza sta nel saperla sfruttare con un tocco di genialità per creare qualcosa di diverso. Penso ai processi alchemici che mi permettono di realizzare estratti quasi espressi, per esempio. Il mio consiglio? Non abusate della tecnologia, rischiate di perdere creatività e spontaneità.
I tuoi barman di riferimento?
La mia fonte di ispirazione sono mia madre e le persone che amo. Schivo e riservato, non mi piace uscire di notte per locali. Preferisco studiare e lavorare. Di recente, però, ho visitato a Milano Filippo Sisti e Luca Vezzali da Carlo e Camilla in Segheria e mi sono trovato davvero bene. Tra i colleghi, poi, stimo Dario Comini e Mattia Corunto, trainer della Campari Academy.
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