02 Gennaio 2019

L’unità d’Italia si fa a tavola: intervista allo chef Francesco Lodedo

di Maddalena Baldini


L’unità d’Italia si fa a tavola: intervista allo chef Francesco Lodedo

Francesco Lodedo, chef del Ristorante Pizzeria Le Specialità di Vigolzone (Pc), ha il tono allegro e la chiacchiera spigliata, così come briosa e vivace si mostra la sua cucina. Un mix esplosivo composto dalle sue origini pugliesi, per la precisione Brindisi, e la convivialità che contraddistingue da sempre la gente che popola la provincia piacentina. “Il mondo della cucina e della gastronomia in generale mi ha catturato sin da bambino! Avevo solo 11 anni quando ho iniziato a lavorare nello storico bar pasticceria a Ceglie Messapica, mio paese natale e capitale pugliese per la gastronomia - racconta Francesco - Ricordo che mio padre mi aveva suggerito di uscire un po’ di casa e trovarmi un’attività ricreativa come il calcio o qualche altro sport, giusto per stare in compagnia e passare del tempo con gli altri ragazzini. Io, in risposta, ho iniziato a trascorrere ore tra creme, zucchero, pasticcini e torte… un’esperienza intrapresa quasi per gioco, alla quale oggi devo gran parte della mia formazione e del mio lavoro. Su suggerimento del proprietario, successivamente ho frequentato l’Istituto Alberghiero, così da legare la mia passione all’acquisizione di un bel bagaglio professionale”.

Come è proseguito il lavoro dopo gli studi?
Alla fine della scuola ho continuato in un bar-pasticceria, per poi passare a fare il gelataio in Germania e il pizzaiolo, senza dimenticare che, trainato dalla mia passione per il settore, mi sono occupato anche della gestione della sala.

Dalla Puglia a Piacenza… come è avvenuto il passaggio?
Sono arrivato fin qui tramite un amico, mi aveva segnalato che erano alla ricerca di un pizzaiolo e ho deciso di partire e fare una nuova esperienza. Dopo 4 anni, io e il mio attuale socio, Giuseppe Pulito, siamo entrati nella gestione effettiva nel locale.

Una cucina creativa in una location d’eccezione…
Sì, il ristorante ha sede in un antico castello che risale all’incirca all’anno Mille. Una struttura molto bella (dei marchesi Landi), che raccoglie 140 coperti; il castello ha pure un grande giardino immerso nel verde che utilizziamo tantissimo con la bella stagione.

Dalla cucina tipica piacentina a quella pugliese, come le leghi?
Adoro sperimentare, provare abbinamenti e ingredienti che arrivano da regioni diverse. Il menù, qui, ha sempre offerto piatti di mare. Successivamente ho introdotto una cucina alternativa… del resto sono pugliese, come non tenere in considerazione le mie origini? Mi piace utilizzare gli ingredienti della mia terra, sempre nel rispetto della stagionalità. Per esempio le cime di rapa con la purea di fave, oppure i prodotti che offrono i Colli Piacentini come i funghi porcini. Questo intreccio mi stimola, mi rende curioso, voglio provare accostamenti diversi anche con il pesce che mi consegnano sempre freschissimo dal mercato di Milano.

Quali sono i piatti più richiesti?
Una buona parte della clientela resta sulle proposte che possiamo definire classiche, come un risotto o uno spaghetto allo scoglio. Nella stagione estiva è molto richiesto il tagliolino con il branzino e la bottarga di muggine, oppure le orecchiette con il pesce spada, le melanzane e l’uvetta passa (un esempio di come realizzo dei mosaici di gusto con ingredienti diversi); è molto gradita anche la tagliata di pesce spada con crema di patate e porcini. Piatti un po’ più ricercati ma nel contempo semplici: ogni giorno, per esempio, mio fratello Vito prepara il pane fresco… molti clienti vengono a pranzo e ordinano l’antipasto con il piacere e la voglia di mangiare un pane appena sfornato, magari ancora tiepido.

E in fatto di dolci, visto che il tutto è partito con la pasticceria?
Abbiamo una scelta variegata, dalla millefoglie con le fragole quando è primavera inoltrata o estate, per trasformarla con i fichi quando si arriva in prossimità del mese di settembre. Abbiamo anche semifreddi e profiteroles ma un dolce che tutti apprezzano e ordinano è la zuppa inglese, preparato secondo la ricetta originale con l’Alchermes per inzuppare il pan di Spagna… lo facciamo da circa 20 anni e a fatica si trova negli altri ristoranti.

Quale clientela frequenta il tuo ristorante?
Al tavolo si accomodano le famiglie che ordinano la pizza (ne abbiamo una bella selezione), oppure richiedono un’abbondante frittura di pesce; abbiamo anche un clientela più di nicchia, per pranzi o cene d’affari, in aggiunta ci arrivano tante prenotazioni da chi ama il pesce crudo e qui lo abbiamo freschissimo e cucinato al meglio. Abbiamo anche le ostriche, di 3 o 4 tipologie differenti, sempre in base al tempo e alla stagionalità dei molluschi, così da rispettare al 100% anche la ‘pesca responsabile’.

Appurato che la tua cucina è sempre freschissima, come sono i rapporti con i fornitori? Ti leghi anche al concetto di Km Zero?
Dopo molti anni si instaura un rapporto che va oltre il semplice lavoro; la professionalità resta al primo posto ma subentra una confidenza particolare, in grado di capire le mie esigenze di chef e quelle del ristorante. Mi fido dei miei fornitori e loro rispettano questo ‘patto’, del resto ci tengono molto a fare sempre bella figura come nel caso di Salsocarni con cui abbiamo instaurato un bel rapporto di collaborazione. La stessa cosa vale per il km Zero: abbiamo un contadino che ci consegna verdure di stagione; ora che è estate facciamo sempre il pieno di zucchine, melanzane, fiori di zucca… giusto per fare qualche esempio.

In fatto di vini, cosa offre la carta?
La carta presenta principalmente vini italiani, quasi al 100%. Oltre ai tipici dei Colli Piacentini come l’Ortrugo, in cantina teniamo anche vini del Trentino, gli spumanti della Franciacorta, vini siciliani e ovviamente pugliesi anche se, di questa ultima regione, sono più noti i rossi corposi e i rosati, a svantaggio di un vino bianco facilmente più abbinabile a una cucina di pesce come la mia.

TAG: CHEF,QUALITALY 106

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