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25 Febbraio 2017
Da tempo il dibatto sulla sostenibilità nelle sue diverse accezioni è divenuto tema imprescindibile per l’agricoltura a tutti i livelli, da quello locale a quello internazionale, dal mondo della produzione a quello dei consumatori. Ciò che ne consegue è la necessità di adottare politiche chiare, coerenti e soprattutto praticabili non solo dal punto di vista tecnico ma anche economico e culturale.
La speranza degli operatori del settore è quella di giungere nel più breve tempo possibile a una certificazione che attesti dapprima la sostenibilità del prodotto, quindi dell’intera denominazione Prosecco. Ciò avverrà mediante un sistema di gestione che non si limiti alle buone pratiche agricole (comprendendo anche il biologico e la lotta integrata) ma includa anche le buone pratiche socio-economiche. Si tratta di un modello capace di favorire il confronto con le comunità locali, al fine di promuovere e far meglio comprendere l’importanza delle operazioni di sostenibilità, adottate in un’ottica di miglioramento continuo.
“Sulla base di questo presupposto, consapevole dello sforzo che il sistema produttivo del Prosecco sarà chiamato ad affrontare - dice il presidente del Consorzio Prosecco Doc Stefano Zanette - comunico che con la pubblicazione del nuovo 'Vademecum viticolo 2017' andremo a eliminare le principali molecole oggetto di dibattito: Glifosate, Folpet e Mancozeb. Queste, ancorché ammesse dalla normativa vigente, sembrano essere diventate fonte di preoccupazione sia per le popolazioni residenti che per i consumatori. Mi impegno affinché il divieto all’utilizzo di questi principi attivi risulti cogente, ovvero obbligatorio per tutti i produttori della nostra Denominazione”.
Ci si è infatti resi conto che l’immaginario è importante quanto il reale; "di fronte al disagio di una comunità alla quale apparteniamo - sottolinea il Consorzio Prosecco Doc in una nota - ci spetta far sì che la gente sia orgogliosa e felice di vivere nelle terre del Prosecco, facendoci carico anche di quell’esiguo 3% della popolazione che, sulla base di una recente ricerca, vedono nella viticoltura una minaccia più che un’opportunità".
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