pubblici esercizi
08 Dicembre 2016
Ciak si brinda. Molti film parlano di vino, altrettanti lo fanno con registri – e registi – differenti. Commedia, tragedia, documentario, tutto è ammesso, basta che la bottiglia sia sul grande schermo. In occasione dell’ultima edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ad esempio, è stato presentato come evento collaterale l’ultimo, solo in ordine di tempo, film sul vino. Il titolo? The Duel of Wine. La storia? Un sommelier perde i ferri del mestiere, olfatto e palato, ma dopo una serie di avventure riprende iak si brinda. Molti film parlano di vino, altrettanti lo fanno con registri – e registi – differenti. Commedia, tragedia, documentario, tutto è ammesso, basta che la bottiglia sia sul grande schermo. In occasione dell’ultima edizione della mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, ad esempio, è stato presentato come evento collaterale l’ultimo, solo in ordine di tempo, film sul vino. Il titolo? The Duel of Wine. La storia? Un sommelier perde i ferri del mestiere, olfatto e palato, ma dopo una serie di avventure riprende letteralmente – i sensi e torna a duellare per avere il……. Non ho dimenticato la trama ma, visto che sono tra gli attori (e spero nessuno si offenda per questa qualifica che mi auto attribuisco) non vi vorrei rovinare lo spettacolo. E si tratta di vero spettacolo, visto che tra i protagonisti ci sono il grande esperto di vino Charlie Arturaola, Gianfranco Vissani (non credo abbia bisogno d’introduzione) e – soprattutto – alcuni territori e altrettante etichette del nostro paese.
TITOLI FAMOSI 
Di film di vini che siano al tempo stesso anche divini, perché più che mai qui l’occhio vuole la sua parte, ce ne sono tanti. Come, ad esempio, L’anno della Cometa in cui le peripezie dei protagonisti ruotano attorno ad una bottiglia di Lafite del 1811, data in cui si è manifestata la cometa più grande e più visibile tra quelle recenti. Altri esempi di commedia con contorno di vino è pure Un’ottima annata, con cui Russell Crowe, da manager di grido, diventa vigneron provenzale per amore del vino ma anche di una donna. Se il vino ha conquistato anche i nuovi mercati, come ad esempio quello americano, parte del merito va al lungometraggio intitolato Sideways, in cui oltre a vere etichette si esplorano quegli slanci, ma anche quelle nevrosi, che sono tipiche degli appassionati di vino, perennemente alla ricerca della bottiglia non ancora assaggiata. Commedie, dunque, ma non solo: ci sono pure i thriller, come Blood and Wine in cui un commerciante di vino innesca, per non fallire, un pericoloso domino di intrighi. Come non ricordare infine gli innumerevoli riferimenti al vino, da quelli sciovinisticamente francesi che citano alcuni tra i migliori vini di Francia, soprattutto quelli della Loira, nel delicato film intitolato La Cuoca del Presidente, passando poi per le enocitazioni dei film di 007. Dagli esordi con il Dom Perignon e le evoluzioni (mi riferisco ai cambi di brand, più o meno imposte dalle sponsorizzazioni) fino allo smascheramento di due rivali nonché sicari: il primo perché ordina vino rosso con una sogliola (Dalla Russia con Amore) e il secondo perché scambia un Bordeaux, per altro un Mouton-Rotschild, per un Borgogna.
L’IMPEGNO DEI DOCUFILM
Forse dotati di minor narrazione ma più verità, i docufilm sul vino sono diventati dei veri e propri spaccati di vite, e non parlo della pianta. Dalla cronaca del durissimo iter – fidatevi ne so qualcosa – che porta a diventare sommelier del film intitolato Somm, passando per Mondovino di Nossiter; un manifesto del vino artigianale contrapposto a quello industriale. Un percorso verso l’artigianato duro e puro a base di uva, che Jonathan Nossiter ha deciso di proseguire nel nostro paese con il documentario intitolato Resistenza Naturale, in cui si raccontano le storie di alcuni produttori che hanno deciso di seguire un modo, ma anche un metodo, antico di fare vino; quello di produrlo nella maniera più naturale possibile. Un altro esempio di vino di casa nostra sul grande schermo? Quello del docufilm intitolato Barolo Boys. Se la parola Barolo fuga qualsiasi dubbio sul luogo, le Langhe, in cui il film è stato girato, la parola boys invece si riferisce a quel gruppo di produttori che nel recente passato si apprestava, pieni di aspettative e idee, a scrivere, in alcuni casi a riscrivere, il linguaggio enologico della propria terra.
L’ECCEZIONE ALLA REGOLA
Proprio per avvicinarsi a questo elemento c’è chi essendo uomo di cinema, nello specifico regista e produttore cinematografico di grande talento, ha pensato che lo schermo e la forza delle immagini non avessero la stessa potenza espressiva della realtà. Per questo Gian Vittorio Baldi in un’epoca in cui la Romagna del vino praticamente non esisteva, fondò un’azienda (Azienda Agricola Castelluccio) dotandola di un concetto moderno, all’epoca addirittura visionario, di viticoltura, producendo vini che
per espressione di territorialità, tipicità varietale ed eleganza di gusto arriveranno solo 30 anni dopo o forse li stiamo ancora aspettando.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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