caffè
07 Dicembre 2015
Non è una novità nel senso stretto del termine. Quello che oggi gli addetti ai lavori conoscono con il nome di Syphon (o siphon) o, ancora, “vacuum coffee pot” per gli anglofoni e caffettiera a globi di vetro per noi italiani, in realtà è uno dei più antichi sistemi di preparazione del caffè in Europa. Nasce, infatti, attorno al 1830. Da una prima intuizione e dalla sua creazione, lo strumento è stato presto messo in pratica per creare la magia del caffè. Questa caffettiera esprime al massimo, anche visivamente, la trasformazione da polvere a bevanda che è, insieme, scienza e fascinazione.
In caffetteria si sta riscoprendo come metodo alternativo all’espresso, per allargare l’offerta e per stare al passo con la naturale evoluzione di un settore vivo e dinamico. Il Syphon incuriosisce ed è ideale per la clientela che trascorre più tempo al bar e che si lascia tentare dalle novità, ma si adatta anche al servizio a portar via (take away). La tazza che si ottiene da questo sistema di estrazione, della famiglia del caffè filtro, è più leggera e pulita rispetto all’espresso. A livello aromatico il caffè ha sentori dolci, mentre perde le caratteristiche amare. Come sempre, però, il risultato finale dipende dalla scelta della materia prima e dalla cura nella lavorazione.
Come funziona
Ci troviamo di fronte a due globi di vetro posti uno sopra l’altro: in quello inferiore, dotato di un’apertura in alto e di un manico o una presa ergonomica, si inserisce quello superiore, simile a un bicchiere, con un tubo posto alla base. Questa sorta di imbuto fa da collegamento tra i due globi e termina nella parte inferiore con una catenella e in quella superiore con un filtro: è l’elemento chiave del funzionamento della caffettiera poiché, di fatto, si tratta di una valvola di ritegno che permette al f luido di seguire una sola direzione. Per dare il via all’erogazione si pone una fonte di calore – originariamente un fornello ad alcol, oggi si usano fornelli elettici o a induzione - sotto al globo inferiore che contiene l’acqua. Con la fiamma al massimo, l’acqua arriva quasi al punto di ebollizione e inizia a salire attraverso la valvola e il filtro e, quindi, a riempire l’ampolla superiore che abbiamo provveduto ad agganciare e nella quale è stato aggiunto il caffè macinato. Mescoliamo la polvere in infusione in modo che tutte le particelle siano a contatto con l’acqua, lasciando a macerare per un paio di minuti. A questo punto, siamo pronti per spegnere la fonte di calore ed assistere all’effetto della depressione: il liquido inizia a scendere dall’alto verso il basso andando a riempire l’ampolla inferiore con un caffè aromatico e più “lungo” del classico espresso. Terminata la fase di estrazione, possiamo separare i due elementi di vetro e utilizzare quello inferiore come una caraffa per servire il caffè in tazza.
Barbara Todisco; consulente per progetti di comunicazione aziendale con una forte specializzazione nel settore del caffè. Si occupa anche di formazione per aziende ed enti pubblici. todisco.barbara@gmail.com
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