bevande
15 Aprile 20152015 ……..una grande annata. Non parlo di vino ma di eventi legati al vino. Ancora diranno alcuni?!?! Certo, perché in un proliferare di piccole fiere di vendita e degustazione, humus necessario a dare riscontri di consensi e di euro ai piccoli produttori, bisogna ricordare che il 2015 è l’anno dell’Expo e dell’immancabile Vinitaly. La fiera veronese, pur avendo prestato il fianco a inevitabili paragoni, da cui purtroppo non sempre è uscita vincente, con altre manifestazioni europee legate al vino, nel tempo ha tuttavia mantenuto un proprio appeal sia per i visitatori nostrani sia per quelli esteri. A parziale difesa degli organizzatori va comunque ribadito che l’amministrazione della città veneta non ha predisposto, nel tempo, un adeguato parco di rinnovamento infrastrutturale in modo da adeguare la manifestazione all’afflusso, sempre in crescita, di visitatori. D’altro canto ben vengano gli accordi con l’Union des Grand Crus di Bordeaux per evitare inopportuni - ecco spiegato il fluttuare delle date del Vinitaly degli ultimi anni - accavallamenti di calendario, senza dimenticare lo sviluppo di una prolifica rete di incontri B2B tra produttori e compratori. Un aspetto essenziale visto che il vino va bevuto, ma prima ancora venduto. Per questo se durante l’edizione 2014 della manifestazione veronese i visitatori esteri, in gran parte operatori, provenivano da ben 119 paesi differenti, ritengo che in occasione della prossima edizione (n°49), gli afflussi possano e debbano aumentare per numero e qualità. Motivo? Innanzitutto perché per essere interlocutori seri sul vino italiano ormai anche l’estero non si può. Barbaresco o al Chianti, visto che l’Italia è il Paese degli autoctoni; per altro dal numero praticamente infinito. In seconda battuta bisogna dire che il mercato italiano, come da tempo sostengo, è quello che possiede la quota numericamente più ampia di etichette dall’eccellente rapporto qualità prezzo; compresi i top di gamma. Un esempio? Un grande bolgherese o un cru di Barolo risultano molto meno costosi degli omologhi top wine di Bordeaux o Borgogna. Ma non solo. Rimanendo sempre tra le etichette di pregio, anche i brand del nuovo mondo hanno oggi prezzi non propriamente alla portata di tutti, portafogli nostrani compresi. Se tuttavia il Vinitaly avrà un taglio - giustamente - più da addetti ai lavori, pare più nebulosa, ma anche il target a cui si dovrà rivolgere sarà piuttosto variegato, la comunicazione dell’Expo in merito all’argomento vino. La grande annata di cui parlavo all’inizio acquista una taglia più “robusta” proprio in occasione dell’esposizione universale. Si sa dei ritardi e degli scandali. Trovo tuttavia che venga non adeguatamente valorizzato il messaggio di cui, credo, l’Expo dovrà essere in qualche modo portatore: la grande attitudine italiana all’ospitalità. Una capacità non così facile da codificare in messaggio, visivo, degustativo o semplicemente espositivo. In una manifestazione che ha previsione oceaniche di afflusso è normale che ci debba essere un minimo di programmazione, anche se non credo che tutto vada predisposto al millimetro visto che l’accoglienza è, in primo luogo, adattamento. Per questo non mi spaventano i ritardi nell’allestimento oppure i temi affrontati nel padiglione “Vino, taste of Italy” in cui la notizia che più ha fatto scalpore pare sia quella relativa al dialogo con i più piccoli. Nessuno immagino voglia cercare, con il pretesto dell’Expo, clienti tra gli under 18. Voglio quindi sperare che si tratti piuttosto di un racconto che parta dalla poesia di un assaggio fatto sulle gambe del nonno che, alla fine di un pasto domenicale, intingeva il dito in un bicchiere di vino per condividere un sapore per noi ancora ignoto. Forse la mia è una visione troppo poetica, ma credo che la cultura del vino in Italia vada trasmessa anche grazie a queste interpretazioni. Poi ben vengano gli affreschi sui soffitti del padiglione riguardanti i 540 vitigni autoctoni, le 1400 etichette presenti, i video e le installazioni relative all’eccellenza italiana. Attenzione a ulteriori inciampi, soprattutto a quelli che potrebbero dare un’immagine del vino italiano come di una realtà poco coesa. Osservo infatti come il Veneto - coraggioso - abbia acquistato l’area più vasta del padiglione vino, anche se poi la Toscana abbia delegato alle singole aziende o ai consorzi le acquisizioni di spazi. I grandi produttori avranno la forza di mostrarsi al mondo, anche se tuttavia rischierà di andar perduta quel la dimensione artigianale e poetica che il vino italiano possiede ancora e che, sarebbe il caso, di (Expo)rre al mondo. M
Chi è Luca Gardini
Romagnolo verace, inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e - nel 2010 - Miglior Sommelier del mondo.
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