bevande
21 Ottobre 2014Lo chef Moreno Cedroni, 2 stelle Michelin, ci presenta iniziative, strategie e segreti per avere successo anche in tempo di crisi. fra le idee, l’aperitivo con assaggi di pesce, il servizio di catering e le lezioni di cucina
Nel 2014 festeggia 50 compleanni e 30 anni di attività. Il bilancio? Più che positivo. «Mi sento in perfetta forma psicofisica. Considero il mio percorso professionale un viaggio straordinario. Ora è arrivato il momento di dedicarmi al perfezionamento dei traguardi raggiunti», racconta lo chef Moreno Cedroni, 2 stelle Michelin. Ecco le sue riflessioni e i suoi consigli per avere successo.
Com’è cambiato il mondo della ristorazione rispetto a 30 anni fa?
Innanzitutto sono cambiate le abitudini dei consumatori, la cultura e la percezione del cibo. Negli anni ’80 i piatti venivano definiti semplicemente buoni o cattivi. Oggi, invece, il cliente è più preparato e attento alle sfumature, parla con competenza di texture e ha padronanza degli abbinamenti cibo-vino. Di conseguenza, si è alzato il livello della qualità richiesta. Anche per questo è un momento d’oro per la nostra cucina gourmet, nonostante la difficile congiuntura economica.
Quali strategie suggerisci per contrastare gli effetti della crisi?
Non sacrificate mai qualità delle materie prime e professionalità del personale e occupatevi con costanza della manutenzione del locale. Per avvicinare la clientela in tempi difficili non rimane che contenere lo scontrino: personalmente, ho introdotto con successo un menù degustazione a 80 euro. Inoltre, ricordatevi che per incuriosire il cliente occorre proporre anche formule inedite: funziona bene, per esempio, l’aperitivo abbinato ad assaggi preparati al momento offerto al Clandestino Susci Bar. Tra i vari abbinamenti, molto apprezzato è il bicchiere di Verdicchio dei Castelli di Jesi associato a un mantecato di baccalà, una bresaola di tonno e un assaggio di spada, venduto a 7 euro. E ancora, se vi capita l’occasione, per sopperire al calo dei consumi dedicatevi ad attività collaterali. Io, per esempio, ho intensificato le lezioni di cucina –anche a domicilio- e il servizio di catering.
Il Clandestino Susci Bar di Portonovo festeggia nel 2014 la sua quindicesima stagione. Che cosa rappresenta per te?
Un laboratorio dedicato al pesce crudo. Quando la struttura è crollata, due anni fa, non ho avuto dubbi nel ricostruirla subito perché rappresenta una parte vitale della mia creatività. Insieme all’executive chef del Clandestino Luca Abbadir dedichiamo ben tre mesi all’anno per preparare il menù del Clandestino, che si rinnova ad ogni riapertura in base al tema scelto per la stagione.
Il segreto per un piatto perfetto?
Un mix di talento e di creatività. Personalmente, introduco ogni anno un paio di ingredienti inediti. Così rinnovo quella tensione indispensabile per stimolare la creatività. Quest’anno, per esempio, mi sono concentrato sul miso. Detto questo, rispettate gli ingredienti ed esaltate la materia prima. L’abbinamento di due ingredienti deve sempre dare come risultato tre, mai due.
Quali ingredienti non possono mai mancare in cucina?
Nella mia? L’olio extra vergine di oliva e il topinambur.
Parliamo di pesce. Gli errori più comuni?
Sbagliare fornitori, cotture e taglio. Non sempre i ristoratori padroneggiano davvero i metodi di cottura del pesce: non vanno sottovalutate le profonde differenze che intercorrono tra una specie e l’altra. Quando tagliate il pesce, per esempio, state attenti a non rompere lefibre, se volete garantire un risultato perfetto al palato.
Sei stato Presidente Italiano dei Jeunes Restaurateurs d’Europe dal 2003 al 2005. Quanto conta un’esperienza all’estero per emergere nel settore?
Molto. Per trovare nuove ispirazioni e spunti devi saper miscelare armoniosamente le tue tradizioni con nuove sollecitazioni. Per questo quando sono in viaggio assaggio sempre lo street food locale e curioso tra locali e ristoranti.
A proposito: con Anikò, salumeria del pesce aperta nel centro di Senigallia nel 2003, hai anticipato la moda del “cibo da strada”...
Anikò rappresenta, per me, un’ottima vetrina per i miei panini gourmand e per i miei prodotti. L’unico rammarico è non averlo costruito munito di ruote: avrei potuto mantenerlo aperto tutto l’anno e incrementare gli utili.
Parliamo del fenomeno del “no show”, ovvero delle prenotazioni non eseguite. Cosa suggerisci per limitare i danni?
Ci vorrebbe una sanzione economica! Penso, per esempio, a un’app per smartphone e tablet attraverso cui i ristoratori possano chiedere l’autorizzazione al cliente al pagamento di una cifra stabilita, nel caso la prenotazione non venga eseguita. È il sistema vigente in Inghilterra, dove è ben radicato Open Table (www.opentable.co.uk). Il problema è che lo chef non ha tempo di fare politica: perché questa ipotesi si concretizzi, urge un forte appoggio da parte delle istituzioni, Fipe in primis.
Sei stato tra i primi a parlare di pesce e vino rosso. Consiglieresti ancora l’abbinamento?
No. Se uno ci crede, per carità. Però, per quanto riguarda la mia esperienza, il risultato è stato deludente.
Il successo di un’idea si misura anche dai riscontri: nonostante gli intensi sforzi fatti in quella direzione, l’abbinamento pesce e vino rosso non funziona. Meglio puntare sul mix birra e pesce, nell’ambito di un menù degustazione.
Qualche abbinamento vincente?
Il tonno ha un sapore metallico: l’abbinamento migliore è con vini bianchi con residui zuccherini come il Gewürztraminer, i crostacei si sposano bene con le bollicine e l’anguilla con il sakè.
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