pubblici esercizi
02 Novembre 2022
Il motivo è presto spiegato. In una recente indagine condotta da Confcommercio-Nomisma Energia su dati Eurostat è emerso che in Italia alberghi, ristoranti (e alimentari), a parità di consumi e di potenza impegnata, pagano una bolletta elettrica mediamente superiore del 27% rispetto alle imprese spagnole e addirittura di quasi il 70% rispetto a quelle francesi. Meno severo il divario relativo ai negozi non alimentari che pagano, rispettivamente, l’11% e il 16% in più. L’Italia aveva già il triste primato di avere i prezzi di elettricità e gas più alti d’Europa, ma ora l’ultima crisi vede non solo ribadita questa debolezza, ma addirittura peggiorata.
Il dato, prosegue l’analisi, è tanto più significativo se si considerano le risorse complessivamente stanziate dai singoli Paesi nel 2022 per far fronte ai rincari energetici con l’Italia al primo posto con quasi 60 miliardi, quasi il doppio di quanto stanziato dalla Spagna (Tab. 2). L’Italia, in sostanza, ha speso più sia della Francia che della Spagna pur continuando a registrare costi delle bollette elettriche decisamente più elevati rispetto ai due Paesi benchmark.
Secondo l’associazione imprenditoriale scontiamo, evidentemente, l’errore di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. Scontiamo, ancora, i troppi ‘no’ preconcetti e l’ipertrofia burocratica che, ad ogni passo, blocca decisioni e realizzazioni. Servono, invece, pragmatismo e realismo per gestire – in Europa e nel nostro Paese – il processo di transizione energetica all’insegna della convergenza necessaria tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica e sociale.
I costi dell’energia impattano le spese obbligate, difficilmente comprimibili nel breve periodo. Inoltre, il maggiore prezzo dell’energia si diffonde a tutte le filiere di produzione e distribuzione e, quindi, a tutti i consumi. In questa situazione, se i sostegni del governo – pari a circa 40 miliardi di euro alle famiglie nel 2022 – compensano buona parte delle perdite di reddito, soprattutto per le famiglie meno abbienti, nulla possono contro i circa 77 miliardi di euro perdita di potere d’acquisto della ricchezza liquida, nei soli primi sei mesi del 2022. Questo, conclude la nota, potrebbe comportare una riduzione dei consumi, rispetto a uno scenario con inflazione “normale”, di 5-7 decimi di punto percentuale. Questo fenomeno, assieme al perdurare dell’incertezza che non agevola la risalita della propensione al consumo, sta innescando la recessione tecnica che si concretizzerebbe nei trimestri a cavallo della fine dell’anno in corso.
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