pubblici esercizi
01 Settembre 2022
Mentre è in corso il Consiglio dei ministri presieduto da Mario Draghi dal quale dovrebbero forse scaturire alcune risposte alle pressanti richieste da parte dei partiti contro il caro-vita che preoccupa famiglie e imprese, non sono mancati in queste ore i commenti sopraggiunti da alcune delle principali associazioni che rappresentano il mondo produttivo e industriale. Ma prima un passo indietro andando a rileggere il commento dello stesso Istituto Nazionale di Statistica, a margine dei dati pubblicati ieri: “Sono l’energia elettrica e il gas mercato libero che producono l’accelerazione dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (in parte mitigata dal rallentamento di quelli dei carburanti) e che, insieme con gli alimentari lavorati e i beni durevoli, spingono l’inflazione a un livello (+8,4%) che non si registrava da dicembre 1985 (quando fu pari a +8,8%)".
Il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio porta giù a ragionare in ottica 2023: l’inflazione a questi livelli genera tensioni su tutto il sistema produttivo. La tendenza al rialzo dei prezzi, spiega la nota, non mostra credibili segnali di rallentamento. Nonostante qualche passato sporadico e occasionale ridimensionamento, l’inflazione cresce ormai da più di un anno, raggiungendo l’8,4% tendenziale ad agosto, che si traduce in un +9% se il fenomeno è misurato secondo la metrica dell’indice armonizzato, comparabile su base europea. Al di là della consistente spinta degli energetici, la progressiva risalita dell’inflazione di fondo conferma come le tensioni siano ormai diffuse all’interno di tutto il sistema produttivo. Il 2022 si chiuderebbe, secondo le nostre stime, con un’inflazione media prossima al 7,5%. Se in questi ultimi mesi le famiglie sembrano aver solo marginalmente modificato i propri comportamenti, sostenute dalla tenace volontà di tornare agli stili di consumo pre-pandemici, inevitabilmente l’erosione generata dalla crescita dei prezzi sul potere d’acquisto dei redditi e della ricchezza detenuta in forma liquida produrrà effetti di rilievo nella parte finale di quest’anno, comprimendo anche le possibilità di crescita del prossimo.
Confesercenti pone invece l’accento sugli effetti che la corsa dell’inflazione e il caro bollette rischia di produrre, ovvero un pesante effetto domino sui consumi delle famiglie e sul Pil. Senza un’inversione di tendenza, l’aumento di prezzi e utenze porterà nei prossimi due anni a una minore spesa di 34 miliardi, oltre 1.300 euro in meno a famiglia. I responsabili principali dei nuovi rialzi, ancora una volta, sono i beni energetici che crescono di 2 punti percentuali, raggiungendo il 44,9% in più rispetto allo scorso anno, ma – fa notare l’associazione - anche i prezzi di tutti gli altri beni mostrano, in modo diffuso, segni di aumento seppure in diversa misura. Restano quasi stabili, invece, i prezzi dei servizi. Una nota leggermente positiva è costituita, invece, dal rallentamento (da 8,7% a 7,8%) degli incrementi per i prodotti ad alta frequenza di acquisto. Mentre l’inflazione di fondo, al netto delle componenti volatili energetiche e alimentari, accelera al 4,4%, l’inflazione acquisita per quest’anno è il 7%, dato sicuramente destinato a salire perché non si intravedono, a breve, elementi che possano far prevedere un rallentamento della dinamica nei prossimi mesi.
Bene, dunque, l’apertura sul price cap a livello europeo (da parte di quei Paesi che inizialmente si erano opposti per timore delle ritorsioni russe): ora bisogna proseguire a tutta velocità verso il raggiungimento di una linea comune sul tetto al prezzo del gas, per frenare l’impennata dei prezzi ed impedire un effetto drammatico sulle economie, anche alla luce della nuova interruzione delle forniture di gas all’Europa da parte di Gazprom. Non possiamo perdere tempo, famiglie ed imprese sono schiacciate dai continui rincari, senza interventi tempestivi il caro-bollette rischia di spingere fuori mercato decine di migliaia di imprese e centinaia di migliaia di lavoratori.
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