25 Giugno 2020

La riapertura di bar e pubblici esercizi è ormai un fatto. Anzi, è pure legge, visto che il governo ha stabilito – attraverso il decreto legge del 16 maggio scorso – che le attività economiche, produttive e sociali consentite a partire dal 18 maggio possono essere indicate dalle regioni. Prevedendo che “devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali”. In assenza di quelli regionali troveranno applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Il motivo per cui, come noto, non si sono rialzate la saracinesche contemporaneamente in tutta la Penisola è proprio perché ogni regione è libera di dettare la propria linea. Anche restringendo il campo. Fermo restando che “le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020”. Ovvero, il decreto dello scorso 25 marzo, il quale prevedeva che i decreti possono essere anche adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, “nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia”. In ogni caso, dice il nuovo decreto governativo, “Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”.
Bar e ristoranti, quindi, possono tornare a lavorare, sia pure adottando determinati criteri di sicurezza e prevenzione, riportati nelle “Linee di indirizzo per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative” pubblicate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome. A non poter tornare a lavorare, tuttavia, sono i giochi. Non solo gli esercizi che hanno come attività principale quella del gioco (sale slot e vlt, agenzie di scommesse e sale bingo): ma neppure le slot all’interno dei bar aperti, potranno raccogliere giocate. A rimandare l’apertura delle sale in maniera inequivocabile è stato direttamente il governo che attraverso il Dpcm del 17 maggio ha prorogato fino al 14 giugno la chiusura di “sale giochi, sale scommesse e sale bingo”. E nonostante in tali restrizioni potevano apparire escluse le slot nei bar, a interpretare in maniera restrittiva la norma è stata l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, quale ente regolatore del comparto, che ha ribadito l’interruzione della raccolta a livello generale. Al punto che anche i tabacchi, dove nel frattempo sono stati riattivati gli altri giochi da ricevitoria, rimangono con le slot spente. A quanto pare, riguardo ai giochi, non sono ancora stati elaborati protocolli di sicurezza da parte dei tecnici incaricati dal governo. Nonostante una serie di protoccoli specifici elaborati da industria e associazioni di categoria, i quali potranno comunque costituire uno strumento prezioso dal quale partire. Per il momento, quindi, tutto è fermo (almeno) fino al prossimo 15 giugno*. Salvo ulteriori sorprese.
* articolo chiuso in redazione prima del 15 giugno

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