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29 Marzo 2024L'ospitalità, con le sue eccellenze sparse per tutta la penisola, sono al centro del ciclo di interviste che il nostro sito dedica alla Giornata della Ristorazione indetta da FIPE Confcommercio per il prossimo 18 maggio. La manifestazione, di cui Mixer è media partner e a cui è possibile aderire a questo link, giunge quest’anno alla sua seconda edizione.
È l’arte di piegare la carta l’origami. Termine giapponese, ma tradizione diffusa oltre che in Giappone anche in Paesi come ad esempio la Cina, adottato dall’imprenditrice Martina Riolino a La Spezia, dove 13 anni fa ha aperto il suo ristorante vegano nato con l’obiettivo di essere multiforme, una specie di contenitore di più cose: compreso un cocktail bar.
Situato in Via Vincenzo Gioberti, Origami di Martina Riolino (segue l’attività con lei suo marito Valentino Demedici) nasce con l’idea di un concept internazionale e si evolve al passo con i tempi, come ci racconta l’imprenditrice in questa intervista a Mixerplanet, la settima dedicata alla GDR - Giornata della Ristorazione 2024 di FIPE (qui tutte le interviste).
È una vera scommessa Origami se ci proiettiamo a 13 anni fa a La Spezia…
“Ho aperto Origami insieme a mio marito, avevamo poco meno di trent’anni e nessuna esperienza di gestione. Possiamo dire di esserci buttati, La Spezia è un mercato piccolo e andavamo a riempire un vuoto. Ai tempi un posto come il nostro non c’era, però abbiamo avuto ragione noi”.
Perché avete aperto un ristorante vegano?
“Perché io sono vegana, non avrei potuto fare diversamente”.
Oggi il locale è così come è nato o è cambiato nel tempo?
“Direi cambiato. Inizialmente Origami, in virtù del suo nome, nasce con l’idea di essere un contenitore di più cose, un posto multiforme come sa essere un origami. Facevamo tre concerti alla settimana, al centro c’era il cocktail bar e ci piaceva l’idea che la gente potesse restare a studiare, leggere o anche a lavorare al computer. Fino a prima del Covid abbiamo fatto tanti eventi che ora non facciamo più. Il locale era sia vegetariano che vegano. Come potete immaginare il mercato è poi cambiato e abbiamo seguito quello che i clienti ci chiedevano: l’alimentazione vegana ha preso sempre più piede, anche in un posto piccolo come La Spezia, e abbiamo tolto il vegetariano. Oggi l’attività principale è il ristorante, quella del cocktail bar è marginale”.
Sei in cucina?
“Sì, mi sono formata in cucina vegana sia a Milano che in America, a Los Angeles. All’estero il vegano era già un trend forte, in Italia il vero cambiamento c’è da circa 6-7 anni. La nostra è una cucina molto particolare e ricercata, offriamo un menù stagionale che cambia quattro volte all’anno. Usiamo i prodotti locali e soprattutto facciamo ricerca”.
Che tipo di innovazione offrite?
“Oggigiorno le alternative sono diverse. Noi siamo stati tra i primissimi a fare la fermentazione di anacardo. Questa tecnica, insieme ad altre, l’ho imparata all’estero. Stiamo iniziando a inserire in menù anche le carni stampate in 3d, che non sono sintetiche. Riusciamo a raggiungere proprio la consistenza fibrosa e sfilacciata della carne. Usiamo inoltre i formaggi vegani, facciamo tantissima produzione autonoma”.
Tra l’altro stai bissando a Roma…
“Tra fine aprile e inizio maggio aprirà Zoé, un fast food vegano concentrato sulla pasta fresca italiana. Sarà nel quartiere Monti, potenzialmente si tratta di un franchising”.
E per la Giornata della Ristorazione cosa hai in mente?
“Dovendo celebrare il tema della convivialità, probabilmente faremo un antipasto da condividere al tavolo. Quello che quest’anno celebriamo il 18 maggio è un settore fondamentale, parte integrante della nostra cultura. Ha un valore sociale ed economico che gli va riconosciuto. Ci saranno le celebrazioni come è giusto che sia, ma deve essere anche un momento di riflessione”.
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